CHI NON MUORE SI RIVEDE

di Domy&Pia


Premessa

Volevamo avvisare che gli eventi di questa storia si ricollegano a quelli della ff di Pia “London Nights”; l’idea di creare una “continuazione” di quel racconto e di scriverla a due mani è nata grazie al post “50 sfumature di una ff”, dunque ci tenevamo a ringraziare in modo particolare Giusi e Alessandra, senza le quali non si sarebbe concretizzata la nostra collaborazione!

 
Capitolo 1

 

Mia corse incontro a Joe gettandoglisi tra le braccia. Piangendo di gioia si aggrappò alla sua rossa divisa.
- Grazie, Joe! Senza il tuo aiuto non avrei mai più ritrovato mio fratello! Se è salvo e ora siamo di nuovo insieme, lo devo solo a te!
Joe, pieno di tenerezza, le poggiò le mani sulle spalle.
- Sono felice che tu abbia ritrovato tuo fratello. D’ora in poi la Black Ghost non vi darà più alcun fastidio. Qui sarete al sicuro e, se sarete prudenti, non verrà nessuno a cercarvi.
- Resta anche tu, Joe! Resta con noi… resta qui con me…
Joe le sorrise.
- Non posso, Mia. Il mio compito è proteggere le persone innocenti come te e tuo fratello dalla BlackGhost. E non avrò pace finché non sarà sconfitta.
Mia non voleva darsi per vinta e si aggrappò più forte al suo salvatore.
- È così ingiusto! Non è giusto che tu debba rinunciare a tutto per salvare il mondo! Non devi rinunciare alla tua vita, ai tuoi affetti … all’amore…Io… io non voglio rinunciare a te!
Joe sentì l’imbarazzo crescere: Françoise era lì a pochi passi e aveva certamente sentito tutto. Era la prima volta da quando stavano insieme che gli succedeva una cosa del genere… Cercò un modo per uscire da quella situazione imbarazzante senza fare troppi danni.
- A dire il vero, Mia, io non ho rinunciato agli affetti…
Detto ciò si voltò a guardare Françoise.
Mia non era una ragazza stupida, capì immediatamente quello che Joe non aveva detto esplicitamente e si staccò di colpo da lui.
- Oh! Io… che stupida! Non avevo capito che voi due aveste una relazione! Françoise, ti prego non giudicarmi male, se avessi saputo… avrei evitato di coprirmi di ridicolo…
Mia si era rivolta direttamente a Françoise alla quale anche doveva tanto e per la quale provava una grande ammirazione per la sua gentilezza e generosità.
- Tranquilla, Mia. Non è successo niente!
- Io… non volevo mancarti di rispetto… credimi! Sono riconoscente anche a te!
- Mia, non è colpa tua … e poi sono l’ultima persona che può biasimarti se Joe ti ha affascinato!
Le due ragazze si congedarono con un sorriso, ma la sottile differenza tra “ti ha affascinato” e “ti affascina” non sfuggì al povero Joe.

Dopo il rientro alla base, Joe si fermò dal dott. Gilmore a fare rapporto mentre Françoise salì in camera sua.
Si liberò della sua divisa, fece una lunga doccia, ma non riuscì a scrollarsi di dosso quella fastidiosa sensazione d’insoddisfazione. Si avvolse in un telo e uscì dal bagno. Si affacciò alla finestra e ripensò a quanto era accaduto e a quanto aveva detto lei stessa a Mia. Era la prima volta che Joe aveva fatto capire a qualcuno che loro avevano una relazione… insomma era una specie di ufficializzazione… non lo aveva mai fatto prima. Perfino ai loro amici non aveva detto che loro due stavano insieme… In realtà non lo aveva detto neanche a Mia, la ragazza aveva capito tutto da sola…
“Chissà che faccia avevo” si chiese Françoise… “Devo averla spaventata, ma io non ce l’avevo con lei. Almeno non solo.”
Sbuffò.
“Insomma per la prima volta Joe ha fatto capire… lasciato intendere a qualcuno che abbiamo una relazione. Dovrei essere contenta…”
Sbuffò ancora.
“E invece non lo sono…”
Bussarono alla porta. Era lui. Lo vide guardarsi intorno, assicurarsi di non essere visto prima di entrare. Quel gesto l’irritò ancora di più.
Joe trovò Françoise avvolta in un telo mentre guardava fuori dalla finestra. I capelli bagnati le si adagiavano sulle spalle. Dovette deglutire prima di avvicinarsi a lei. Da soli nella sua stanza riusciva a essere sé stesso, a dare sfogo a tutta la voglia che aveva di stare con lei, di averla tra le sue braccia, ma stavolta sapeva che c’era qualcosa che non andava: Françoise era stata indulgente con Mia… Lo sarebbe stata anche con lui?
L’abbracciò da dietro poggiando il mento sulla sua spalla. Pensò che la migliore soluzione fosse di essere diretto.
- La storia di Mia ti ha turbato?
Non sapendo da dove cominciare Françoise scrollò le spalle ammutolita, ma allontanandolo con quel gesto. Joe la prese dolcemente per le braccia facendola voltare verso di lui.
- Françoise, le persone normali vivono questi momenti traumatici con molta emotività. Ti assicuro che avrebbe reagito così con chiunque fosse stato al mio posto. Ciò che per noi è usuale è invece straordinario per persone come Mia.
- Non sminuirti, Joe. Tu sei stato straordinario… Tu sei straordinario…
dovette ammettere. L’accarezzò, ridandogli speranza che il loro rapporto non era stato compromesso da quella stupidaggine.
- E non posso biasimare le altre donne che si sentono attratte da te! … Mia si è sentita libera di “provarci” con te perché non aveva capito che noi stavamo insieme…
- Françoise… tu sei l’unica per me! Le altre non esistono!
- Non è questo il punto, Joe…
- E cosa?
- È che nessuno lo capisce, Joe! Nessuno capisce che tu stai con me! Anche i nostri amici ci punzecchiano come se avessimo ancora bisogno di una spintarella per stare insieme…
- Non lo abbiamo detto a nessuno… eravamo d’accordo
- Joe, sono anch’io una persona riservata! Non voglio sbandierare al mondo che stiamo insieme, ma … mi dispiace che nessuno lo capisca… Nessuno capisce che tu mi ami…
Joe volle ignorare quell’accusa implicita.
- Che ci posso fare se nessuno capisce che noi stiamo insieme? … e poi lo sai che potrebbe essere pericoloso … se i nostri nemici sapessero che tu sei il mio punto più debole…
L’attirò più vicino a sé, aveva intenzione di mettere fine a quella stupida discussione a modo suo.
Cominciò ad accarezzarle le clavicole scoperte con la punta del naso e sfiorarle il collo con le labbra.
Françoise era prossima alla resa e reclinò il capo all’indietro. Poi scrollò la testa e lo staccò di poco da lei.
- È normale che non lo capiscano, tu sei sempre così controllato, freddo e distaccato…
Joe sollevò un sopracciglio sorridendo. Gli aveva fornito un assist magnifico.
- Stai dando del freddo e distaccato a me?
Le aprì il telo e la baciò con passione. La travolse e non le diede modo di replicare.

Altrove…
L’uomo si guardò attorno. La strada appariva vuota e silenziosa. Troppo. Quello che accadde dopo successe in fretta: sbucarono all’improvviso da ogni anfratto, con una velocità che non doveva appartenergli. Trascinarono i loro corpi in putrefazione verso l’unico essere vivente di quel villaggio fantasma, le loro bocche avide addentarono la carne pulsante e dell’uomo in breve restarono solo poche ossa insanguinate.
GAME OVER
- Jeet!! Come si spegne quest’affare?? - urlò Bretagna all’amico nell’altra stanza - Sono stanco di farmi divorare dagli zombie!
- Di nuovo? È appurato: i videogiochi non sono fatti per te! -
- Andiamo, questo non è facile! -
- “Questo”? Ti ho fatto provare le macchine da corsa e dopo neanche due metri sei uscito fuori strada schiantandoti, hai provato quello del football e il risultato è stato che il tuo campione ha corso per un’ora intorno al pallone nell’assoluta incapacità di colpirlo! Cos’altro vuoi provare prima di riconoscere sportivamente che hai perso la scommessa, signor “so tutto”? -
- Però - azzardò timidamente - con “Pac-man” me la cavavo discretamente! -
- “Pac-man”?!? Quello lo giocavano nel neanderthal!! Avanti, riconosci di aver perso e paga la scommessa! -
- Venite in sala riunioni: c’è una nuova missione in programma! - li interruppe bruscamente Albert entrando in quel momento. I due lo guardarono con la stessa faccia che avrebbero fatto se fossero caduti da una nuvola.
- Sai già dove? - chiese Jet.
- Londra, presumo…-
- Ah, Londra…- disse Bretagna - mi fa sempre piacere tornarci! -
- A me per niente. - aggiunse Jet, cupo in volto.

Françoise fu l’ultima ad arrivare in sala riunione e Jet, già di mal umore, non gradì la sua espressione contenta.
- Come mai sei in ritardo? Credevo che non vedessi l’ora di andare in missione stavolta!
- Cosa te lo fa pensare?
- Il sorriso che hai stampato sulla faccia.
Françoise spalancò gli occhi.
009 rispose per lei:
- Jet, 003 ed io siamo da poco rientrati da un’altra missione. Il tempo di fare una doccia…
- Potevate farla insieme per risparmiare tempo…
Fu il commento di 006, che fece arrossire 003, ma mai quanto il successivo di 007:
- E chi ti dice che non l’abbiano fatta? Questo giustificherebbe il suo sorriso!
- Se così fosse, allora perché 009 è arrivato prima di lei?
- Ma lui ha la supervelocità!
- Speriamo non anche in certi momenti…
- Avete finito?
Fu il commento di 009.
Gilmore prese la parola con un finto colpo di tosse e poi spiegò il nuovo compito che li attendeva senza troppi preamboli.
- Mi ha contattato un amico da Londra , il dott. Bernard, e sembrava molto preoccupato. - esordì - Lui lavora in un centro ricerche e spesso effettua autopsie…-
- Un lavoretto allegro e spensierato! - commentò 007. Gimore gli lanciò uno sguardo severo e continuò.
- …Ma proprio ieri gli è successo un fatto sconvolgente: aveva soccorso per strada un uomo che non si sentiva bene; i segni erano quelli tipici di un’intossicazione e, essendo l’ospedale molto distante, aveva ritenuto di aiutarlo personalmente; solo che, prima ancora di potergli somministrare qualunque cosa, l’uomo gli è morto tra le mani. Capirete che un medico, per di più abituato a lavorare con i cadaveri, sa distinguere se una persona è viva o morta. Si era allontanato di pochi passi per chiamare Scotland Yard, quand’è che il cadavere si è risollevato e lo ha aggredito cercando di morderlo! Solo l’intervento del guardiano notturno lo ha salvato: l’uomo ha prima sparato un colpo di avvertimento, che non è valso a nulla, poi un colpo al braccio e, infine, vedendo che la situazione si faceva pericolosa, lo ha “ucciso” con un colpo alla testa…-
Di fronte a questo racconto le facce si fecero dapprima stupite. Il primo a prendere la parola, con un sorriso divertito, fu Albert.
- Professore, la storia che ci ha appena raccontato…è uno scherzo, vero? -
- Avevo letto questa cosa ieri sera - intervenne Joe - e pensavo che fosse la classica sciocchezza che qualcuno si diverte a diffondere in rete! -
- No - rispose secco il professore - non è né uno scherzo né una sciocchezza! -
- Comunque non capisco per quale motivo dovremmo intervenire - osservò Jet - che il suo amico si senta agitato è ovvio, ma con un bel bicchier d’acqua e una pacca sulla spalla passa tutto! Il morto, invece è morto, quindi, mi pare, ormai è tutto rientrato nella norma!!-
- Invece non lo è! - esclamò Gilmore, leggermente spazientito - Perché pare che il figlio del morto si è rivolto al dottor Bernard, per avere spiegazioni più precise, dal momento che è stato lui a soccorrerlo e l’ultima persona a vederlo ancora vivo…-
- E quindi? Gli ha raccontato tutto? -
- Non so che gli ha raccontato il mio amico, ma credo sia interessante il fatto che il figlio sospettava che da un po’ di tempo il padre dovesse essere coinvolto in qualche losco affare e teme che questo “losco affare” possa essere collegato alla sua morte improvvisa! Ora: chi era questa persona? In cosa era coinvolta? Qual è la vera causa della sua morte e della sua “resurrezione”? Inoltre, sono di nuovo sparite delle persone e quello capitato al mio amico è il terzo di altri casi analoghi di “morti resuscitati”! -
- Lei ritiene che ci sia un nesso tra le sparizioni e questi ritorni dalla morte? Non potrebbe essere il frutto di una specie di psicosi collettiva? - domandò Joe con tono serio.
- Ne so quanto voi, ma l’ultima volta che siamo stati a Londra c’erano state effettivamente delle sparizioni…non so se possa esserci un nesso, ma credo che verificare le cose sia giusto e anche Ivan la pensa come me. -
Tutti gli sguardi si posarono sul bambino, che, infine, si decise a parlare.
- Non so cosa stia accadendo esattamente, ma ho subito captato che l’amico del professore diceva il vero e avverto qualcosa di oscuro che vuole prendere forma…-
La frase di Ivan trasmetteva i brividi, ma convinse tutti che la vicenda valeva la loro mobilitazione.

Il Dolphin partì come al solito. Jet non era affatto entusiasmato dalla meta: il ricordo della sua storia mai nata con Jiuly e la tragica serie di eventi che ne avevano segnato la fine gli erano rimasti impressi nel cuore come una ferita che faticava a rimarginarsi. Anche Geronimo portava con sé dei ricordi non proprio allegri, ma per lui era diverso…in ogni caso entrambi furono contenti del fatto che si decise di inviare per primi Bretagna e Françoise a fare una sorta di “ricognizione”, dal momento che conoscevano bene la città. Avrebbero preso comunque un appartamento in affitto e Albert si sarebbe occupato della cosa, ma, momentaneamente, era inutile alloggiarvi tutti insieme. Punma e Joe, invece, avrebbero accompagnato il dottor Gilmore a conferire col suo amico. L’appuntamento era per il giorno dopo, tuttavia era bene non perdere tempo e usare la notte per agire…
- Ci serve un campione del tessuto del cadavere “risorto” e, se possibile, il referto dell’autopsia: purtroppo non è possibile ottenerli in modo “convenzionale”, dato che, pare, il medico legale si è rivelato estremamente chiuso e non disposto a collaborare con elementi esterni…- disse il professore, rivolgendosi a 007 e 003.
- Professore, non vorrà mica mandare Françoise dentro la cella di un obitorio?! - esclamò Joe quasi scandalizzato. La ragazza capì che la sua era stata solo una premura, ma qualcosa in lei scattò, facendola reagire diversamente da come avrebbe voluto.
- Pensi per caso che abbia paura? Se adesso devo anche difendermi dai morti! -
- No, non penso che tu abbia paura… - sospirò 009.
- E invece non pensi che io abbia paura? - disse Bretagna, al quale l’idea non piaceva per niente!
- Sta’ tranquillo, ti proteggo io! - disse la ragazza.
- É solo che…-cercò di giustificarsi Joe - …non capisco perché proprio Françoise: potrei andare io o 008 con 007…-
- E perché proprio io? Tra l’altro Françoise potrebbe farsi aiutare da qualche vecchia conoscenza a Scotland Yard… come si chiamava quel detective? Quello che faceva il cascamorto con te…- buttò lì Bretagna, per canzonare un po’ la loro amica.
- Ti ricordo che se non fosse stato per l’intervento di Dylan, Erenfest ci avrebbe uccisi tutti…- rispose Françoise.
- 003 e 007 sono i più indicati - intervenne Gilmore, bloccando la ragazza – e Françoise non solo è più capace di voi nel prelevare il campione di tessuto, ma le sue abilità serviranno anche per evitare di incontrare dei guardiani e farsi scoprire da qualcuno! -
La decisione era dunque presa e nessuno osò controbattere.

Le frecciatine di Bretagna e Jet l’avevano turbata: Françoise non aveva mai parlato prima a Joe di Dylan, di quello che c’era stato tra di loro. Anche se all’epoca dei fatti di Londra loro due non stavano insieme, quella cosa ora affiorava e la metteva a disagio. Approfittò della prima occasione in cui erano da soli per parlargli.
- Joe… vorrei parlarti…
Joe la guardò intenso senza proferire parola. Era un mistero per lei cosa pensasse in quei momenti.
- Ecco io… volevo parlarti di Dylan… vedi… durante l’ultima missione a Londra, io mi ero infiltrata come segretaria del dott. Erenfest ed ho conosciuto un detective di Scotland Yard… che lavorava anche lui sul caso… - Françoise non capiva perché aveva cominciato a raccontargli la storia da quel punto, tergiversava forse per l’imbarazzo stesso. - Tu … mi avevi detto di non amarmi… prima di partire … avevamo avuto uno spaventoso litigio… e Dylan… beh… lui… era… così gentile… io…
Joe le sorrise e poi la interruppe.
- Françoise… non c’è bisogno!
- No, io voglio dirti…
- Sul serio, non c’è bisogno … Tu sei bellissima: è ovvio che gli uomini ti vengano dietro! E poi… sono l’ultimo che possa biasimarti, anzi devo solo scusarmi con te per tutto quello che ti ho fatto passare. - l’abbracciò per consolarla.
- Davvero non t’importa? - chiese Françoise staccandosi leggermente da lui.
- M’importa e come! Spero solo che questo Dylan non ti abbia ferita come è successo a me… Le persone dimenticano presto i loro sentimenti quando sanno chi siamo in realtà.- aggiunse Joe con malcelato disgusto.
- Ecco in realtà Dylan sapeva perfettamente chi siamo e…- ma un rumore li sorprese e interruppe. Joe si staccò subito da lei. Pochi secondi dopo Jet apparve sulla porta trovando Joe che lavorava al pc.
- Ho interrotto qualcosa? - chiese.
- No, assolutamente nulla!- rispose Françoise irritata. 

- Senti, Françoise - disse Bretagna osservando con circospezione il corridoio e il piccolo laboratorio di analisi, a quell’ora immersi nel buio e nel silenzio - non è meglio che io rimanga qua fuori a fare la guardia? Caso mai arriva qualcuno? -
- Chi vuoi che arrivi a quest’ora in un obitorio? E poi lo sai benissimo che, se dovesse arrivare qualcuno, me ne accorgerei molto prima di te! -
- Ma sì! Ripensandoci preferisco stare con te dentro piuttosto che da solo fuori! -
- Hai paura di essere attaccato da un fantasma? - disse lei, canzonandolo apertamente.
- No: da decine di fantasmi! Immagina quanti potrebbero essercene in un obitorio!! -
Entrarono nella camera mortuaria e trovarono subito il corpo che cercavano, inconfondibile grazie al proiettile infilato nella testa. 007 faceva luce con la torcia ma guardava dall’altra parte, mentre Françoise lavorava apparentemente senza fare una piega. Ogni tanto tendeva l’orecchio per verificare che tutto fosse a posto e ogni volta Bretagna aveva un sussulto.
- Cosa c’è?! -
- Nulla. Vedo qualcuno che si muove al piano inferiore. Credo sia il guardiano, comunque non è qui! -
Bretagna tirò un respiro di sollievo, ma nuovamente 003 si voltò di scatto.
- E adesso?? -
- Niente, mi era sembrato…-
- S…sembrato cosa?! -
- Non so…forse era solo qualche apparecchiatura della cella…-
- Si, si, certamente…Ma quando finisci? Stiamo qui in compagnia di otto tizi stecchiti!! -
- Ho quasi fatto! Comunque sai benissimo che bisogna aver paura dei vivi, non dei morti! -
- Infatti non ho paura dei morti, ma degli spiriti! Tutt’altra cosa…- improvvisamente il fiato gli si bloccò in gola e fu solo per eccessivo amore dell’humor inglese che riuscì a farsi scappare la battuta: - …per quanto se un morto è vivo potrebbe spaventarmi anche parecchio!! -
Françoise si era bloccata anche lei, presa dal terrore: i corpi sulle altre barelle si stavano sollevando contemporaneamente, con una lentezza inquietante. Increduli Bretagna e Françoise arretrarono fino alla porta, mentre, trascinandosi con movimenti scoordinati, quei corpi rianimati si diressero verso di loro circondandoli. La ragazza iniziò a fare fuoco, ma i colpi al più li rallentavano senza riuscire a tramortirli. Bretagna cercò disperatamente di aprire la porta, che sembrava inceppata.
- Maledizione, la porta è bloccata!! -
- Fa qualcosa! Si stanno rialzando tutti e i proiettili non gli fanno niente!! -
- Mi sembra che questo sia un inquietante crescendo rossiniano della sfiga! -
Fortunatamente la porta si aprì di scatto, facendo ruzzolare 007 all’esterno, ai piedi dell’uomo che l’aveva sbloccata.
Davanti a loro, come una specie di apparizione, c’era Dylan, lo stesso “detective Holles” che avevano conosciuto durante l’ultimo soggiorno londinese.
- Alla testa!! - urlò mentre lui stesso assestava efficaci colpi ai cadaveri rianimati.
Françoise e Bretagna lo seguirono.
- Ecco perché ho perso al videogioco di Jet!! - commentò Bretagna, cercando di prendere bene la mira. Françoise ne colpì un paio, ma qualcosa la fece distrarre.
- Al fuoco!! - esclamò 003 - Qualcuno ha appiccato fuoco all’edificio: dobbiamo scappare!! -
In men che non si dica, le fiamme si propagarono dallo studio adiacente la camera mortuaria all’anticamera dove stavano loro. I morti viventi si fermarono, per poi essere fatalmente attratti dalle fiamme come falene dalla lanterna.
- Scappiamo, presto!! - disse Dylan, coprendosi alla meno peggio il viso e dirigendosi veloce verso l’uscita, seguito dai due cyborg che, per la loro stessa natura, soffrivano meno gli effetti del fumo e delle esalazioni tossiche che sprigionava la combustione.
Appena furono fuori, l’intera palazzina fu avvolta dall’incendio e, a debita distanza, il terzetto osservò l’arrivo dei pompieri.
- Che…che diamine è successo?! - si chiese 007 - Cos’era, un incubo?!? -
- Credo proprio di si - rispose Dylan - dal momento che ci stavo indagando sopra! -
- Tu…su cosa stai indagando? - domandò 003 ancora scioccata.
- Bè, intanto…ciao! É davvero tanto che non ci si vede! - disse lui con un sorriso. In quel momento Françoise si accorse che era ancor più seducente dell’ultima volta che si erano incontrati! Inconsciamente arrossì come un peperone.
- Ehm…scusa! Solo che…tutta questa circostanza assurda…! -
- Non preoccuparti! Credo che voi ed io stiamo seguendo la stessa pista. Adesso devo proprio scappare, ma dobbiamo assolutamente discutere insieme questi eventi. In ogni caso ne parleremo sicuramente meglio davanti a una tazza di the: che ne dite di venire domattina a casa mia a fare due chiacchiere? -
- Per me va bene. Abiti sempre lì?-
- Si, sempre Craven Road, ma penso che noterai parecchi cambiamenti! -
Dylan scomparve rapido in una delle vie secondarie, lasciando i due più perplessi che mai. Rientrarono scombussolati alla loro dimora provvisoria e, dopo aver fatto rapporto agli altri telefonicamente, si prepararono mentalmente all’appuntamento del mattino seguente a Craven Road.

All’ora convenuta, Françoise e Bretagna si trovarono di fronte al portoncino di legno. Appena sfiorarono il campanello, si udì un urlo lacerante; colti di sorpresa, anche Françoise e Bretagna urlarono e lui si abbracciò istintivamente a lei.
Dalla porta fece capolino la testa di un tizio identico a Groucho Marx, con un sigaro in bocca.
- Non intendiamo sostituire il suono del campanello con un nuovo urlo: ci piace così com’è. Grazie lo stesso! - disse, richiudendo la porta. I due rimasero basiti e, solo allora, Françoise si accorse che 007 le stava ancora attaccato addosso.
- Che fai?!-
- Ehm…cercavo di proteggerti! -
- Siii, come no!! Ma chi era quel tipo strambo? - si chiese 003, bloccando la mano di Bretagna che, distrattamente, stava di nuovo per schiacciare il campanello!
Prima che toccasse la porta con le nocche, Dylan in persona venne ad aprire l’uscio.
- Vi chiedo scusa per il mio assistente: è un tantino sopra le righe! -
- Ma figurati! - disse Bretagna - Ci siamo abituati! -
- Non tu - lo corresse Françoise - ma noi, che abitiamo con te! -
Dylan fece le presentazioni.
- …e lui è Groucho! -
- Quindi tu sei Françoise. - disse Groucho, squadrandola da capo a piedi - Sai, sono almeno due anni che il mio capo ti viene dietro: se ti scansi, passa! -
- Groucho, lo sai che sei licenziato, vero? -
- Si, da quasi due anni! -
- Dylan - disse Françoise, cercando di portare il discorso su argomenti seri - penso che dobbiamo iniziare a raccontarci un po’ di cose! -
- Ma certo, iniziando dalle più importanti: ti sei fidanzata? - disse Dylan, facendola arrossire.
- Io…questo credo che non sia…troppo importante! -
- Dal punto di vista di uno che ci prova con te lo è eccome! - intervenne 007, mettendo anche Dylan a disagio.
- Non sono d’accordo! - disse Groucho, che aveva solo fatto finta di andare in cucina a preparare il the - La cosa importante è solo sapere se ci sta! -
- Groucho!!! Il the!!! - urlò Dylan.
- Hem…allora? - chiese Françoise.
Finalmente Dylan iniziò a raccontare la sua storia.
- Proprio ieri mattina, prima del nostro incontro, si è presentata qui una donna, Sybil Browning, che mi ha assunto per un caso singolare: suo marito, con il quale era già da tempo separata, si è presentato a casa sua in piena notte: stava molto male e parlava di un farmaco in via sperimentale che gli era stato somministrato contro la sua volontà… delirava e chiedeva di essere ucciso con un colpo alla testa. Ovviamente lei non lo ha preso sul serio, ma, mentre stava per arrivare l’ambulanza, lui è deceduto. A sconvolgerla, però, non è stato tanto il decesso, quanto la successiva “resurrezione”! Già, perché, dopo neanche una manciata di minuti, il corpo si è rianimato, ma l’uomo non era più lui: aveva lo sguardo vuoto, emetteva solo suoni gutturali e ha provato a prendere a morsi l’ex consorte! -
- Bè, questo non è tanto strano - intervenne 007 - molti uomini prenderebbero a morsi l’ex consorte! -
- Non è giusto: stavo per dirlo io! - esclamò Groucho entrando col the.
- Dylan, per piacere, finisci la storia! - sospirò Françoise sconsolata.
- Insomma, non la farò lunga: lei, per difendersi, ha conficcato un paio di forbici nella testa del “defunto” e si è trovata accusata dell’omicidio dello stesso; fortunatamente ha trovato un avvocato abbastanza bravo da dimostrare che la signora ha agito per legittima difesa, tanto più che i due non si vedevano da tempo e che i vicini avevano scorto il tipo recarsi alla casa di Sybil in evidente stato confusionale! Lei, però, non è molto contenta delle accuse a suo carico e ha deciso di far luce sull’accaduto rivolgendosi a me; prima, però, volevo vederci chiaro sentendo il parere del medico legale: se c’è di mezzo un farmaco, in qualche modo dovrebbe risultare dall’autopsia… non potendo accedere per vie regolamentari al documento, ho pensato di entrare nell’obitorio per darci un’occhiata e poi è successo quello che è successo prima di poter sbirciare tra le carte! -
- Ora è tutto chiaro… - sussurrò 003.
- Quindi il nostro morto stava casualmente col tuo. - osservò Bretagna.
- Pare di sì. E penso che dovreste dirmi di più del “vostro” morto! -
Françoise espose il resoconto fatto da Gilmore, concludendo che nuove informazioni sarebbero arrivate dall’incontro con l’amico del professore.
- Bene. - annuì Dylan - E qualcosa in più dovremmo saperla tra poco da Sybil…-
Il campanello urlò di nuovo, facendo sì che Bretagna si abbarbicasse nuovamente a Françoise.
Entrò una bella donna alta e mora, capelli mossi, labbra un po’ sottili e sguardo penetrante.
- Sybil, ti presento miss Arnoul e mr. Bretagna…-
Groucho si frappose nelle presentazioni.
- Lei è quella che è stata accusata dell’omicidio di suo marito morto! -
- Oh…piacere!- disse 007, abbastanza colpito dall’aspetto della donna - Ma che coincidenza: anch’io sono stato accusato di omicidio, una volta! -
La donna rimase basita sia dalla presentazione di Groucho che dall’asserzione di Bretagna. Il suo sguardo era decisamente preoccupato! Dylan la fece accomodare e iniziarono a porle domande più dettagliate sull’episodio, nella speranza di trovare almeno uno spunto per le indagini. Sybil ripercorse lo stesso racconto fatto poco prima da Dylan, ma Françoise voleva comprendere meglio diversi dettagli.
- Signora, come pensa che sia accaduto questo a suo marito? Intendo dire: sa o immagina in quali circostanze gli abbiano somministrato il farmaco che lo ha ucciso? -
- Questo lo ignoro, ma so per certo che da circa un paio di mesi mio marito lavorava con un ricercatore, tale dottor Raynolds… Non so di cosa si occupassero precisamente, ma credo che la sede delle ricerche fosse inizialmente ubicata in un sobborgo di Londra, prima che si spostasse non so dove…-
- Cioè…lei non sapeva più nulla di suo marito da due mesi in qua? - chiese 007, un po’ meravigliato.
- Ex marito, prego. - specificò la donna.
- Si, mi scusi…tanto adesso ex o non ex fa lo stesso! -
- Quello che non fa lo stesso è l’esperienza che ho vissuto quando sono stata aggredita dal suo cadavere rianimato! -
- Già: tutto questo non rende più serena la vedovanza! - commentò 007
- Vero: non si fa neanche in tempo a stappare lo spumante!!- aggiunse Groucho.
Sybil ci tenne a specificare:
- Comunque i rapporti tra noi non erano cattivi, anche se, da quando aveva iniziato il nuovo lavoro, era praticamente scomparso e, le poche volte che l’ho sentito, era sempre teso. John era un esperto in genetica, appassionato del suo lavoro e quasi ossessionato dal mistero che circonda la vita umana; diceva che, finalmente, aveva trovato qualcuno con cui condividere i suoi ideali e sperimentare nuove frontiere nel campo della ricerca…-
Quell’ultima frase fece inconsciamente rabbrividire Françoise, la quale si accorse che anche Dylan aveva assunto un’espressione strana, la stessa che gli aveva visto dipinta sul viso quando sosteneva che il suo “quinto senso e mezzo” stava reagendo a qualcosa.
- Non sai niente di più di questo Raynolds, a parte il nome? - domandò Dylan.
- Niente, a parte il fatto che sta sulla sedia a rotelle: un incidente quand’era più giovane. Però… adesso che ci penso, qualcosa ce l’ho: John mi inviò via mail una foto di lui con il suo gruppo di lavoro mentre era all’inizio delle ricerche, ancora qui a Londra. Nel pomeriggio potremmo rivederci per mostrarvela! -
- Si, potrebbe essere un punto di partenza. - disse Françoise.
- Voglio capire che cosa è successo a John; inoltre l’idea che i morti possano riprender vita è semplicemente terrificante!! - affermò Sybil con decisione.
- Dipende - intervenne Bretagna - se i morti avessero le sue fattezze potrebbe essere perfino bellissimo che si risvegliassero! -
Françoise si coprì gli occhi, chiedendosi se l’amico si fosse reso conto di quanto fosse agghiacciante quella specie di complimento, mentre Groucho sussurrò a Dylan:
- Capo, mi piace quel tizio. Come lo cuciniamo? -
L’apprezzamento di Groucho nei riguardi di 007 era ampiamente ricambiato, tant’è che, dopo che Sybil se fu andata, Bretagna lo rese palese.
- Dylan, il tuo assistente è fantastico! Penso di amarlo…in senso metaforico, s’intende: tu lo sai, cara, che mi piacciono le donne! - specificò rivolto a Françoise.
- Si, lo so, purtroppo! Non sai quante volte vorrei che ti piacessero gli uomini!! -
- Se ti trasformassi in una donna bellissima, sarei disposto a farlo con te! - intervenne Groucho rivolgendosi a Seven.
- Anche io, se ti trasformassi in una donna bellissima! Solo che poi ne verrebbe fuori un rapporto saffico! -
- Intendi dire che dovremmo leggere poesie in greco mentre facciamo sesso? -
- Ehm…- si intromise Dylan - Groucho, perché non porti via il vassoio del the? -
- Bretagna, non è che gli daresti una mano? - disse Françoise.
- Volete incoraggiare il nostro randez - vous? - chiese Groucho.
- …O volete agevolare il vostro? - continuò 007.
- Vogliamo semplicemente disfarci di voi! - rispose Dylan con un sorriso.
- Ah, era tutto qui! - disse Groucho - La chiarezza è importante nella vita, come disse un mio cugino lavavetri! -
- Sparisci!! - esclamò Dylan.
I due uscirono dalla stanza e Dylan tirò un respiro di sollievo.
Françoise era leggermente preoccupata.
- Mi dispiace, Dylan, ma devi sapere che Bretagna ha un’autentica passione insana per battutacce, non-sense e freddure! Solo che non ha mai esagerato così tanto: deve essere l’influsso del tuo assistente! -
- Oh, no!! Allora c’è davvero la presenza di un virus!!-
- Già! Direi che questo è davvero un incubo!! -
- …Comunque è la prima volta che qualcuno si scusa con me perché il suo accompagnatore fa delle battute inopportune!! -
Da dietro la porta si udì la voce di 007, seguita da quella di Groucho.
- Fran, non scusarti: il suo assistente è molto peggio di me!! -
- Capo, continua pure tu con le scuse: hai parecchie cose in più da farti perdonare!! -
- Tipo? - chiese Dylan, rassegnato.
- Tipo le mie paghe arretrate e il fatto di esistere!! -
- Ma… stavano origliando!! - esclamò Fran scandalizzata.
- Da che pulpito!! - rise 007 da dietro l’infisso - E poi non siamo noi che origliamo; è colpa dell’acustica della casa: si accentua, quando l’orecchio è in prossimità della porta!! -

Quando tornarono a casa 003 e 007 si ritrovarono con Albert e Joe; Punma aveva riaccompagnato il professore al Dolphin e l’unica novità che 009 riferì dell’incontro col collega di Gilmore riguardava l’identità dell’uomo che aveva soccorso, tale Benjamin Hughes, di professione becchino; capire qualcosa circa i “loschi affari” che potessero coinvolgere un “becchino” era questione più complicata, ma c’era un elemento singolare: l’uomo presentava un morso al braccio, una orribile ferita infetta! Questo elemento era nettamente diverso dal caso del defunto Browning, ucciso da un farmaco… Delirando Hughes diceva che “loro” lo avevano aggredito, che lui non faceva niente di male, che non lo sapeva che non volevano essere sepolti.
Le frasi apparentemente sconclusionate, purtroppo, si legavano troppo bene a quello che era successo nell’obitorio! Anche Françoise e Bretagna fecero un rapporto più o meno dettagliato dell’incontro avuto con Dylan; a dire il vero parlò di più 007, e non certo per via della sua abituale loquacità: c’era in Françoise una specie di reticenza nel nominare Dylan a Joe.
Dopo il resoconto, Joe aveva un aspetto pensieroso, ma a renderlo teso non erano esattamente gli eventi accaduti o le preoccupazioni della bella Sybil.
- Cosa c’è? - domandò Albert, notando la sua espressione strana.
- Nulla - rispose, nascondendo in parte l’origine delle sue costruzioni mentali - pensavo solo che questo Dylan, se ha sempre accettato così tranquillamente il fatto di aver a che fare con dei cyborg, non deve essere neanche lui una persona molto “normale”…-
Françoise sospirò, parlando quasi come se la cosa la sfiorasse appena, ma evitando di guardare Joe.
- Ultimamente le persone troppo “normali” mi fanno quasi sentire a disagio! -
- Cherie, come diceva un mio insegnante, “la normalità è un concetto sfuggente anche se rassicurante”! - disse Bretagna scuotendo leggermente la tazza del the per raffreddarlo -…E comunque è inevitabile: quando si è un po’ “fuori dalle righe”, va sempre a finire che, se non si considera la normalità come qualcosa da invidiare, la si reputa monotona o addirittura minacciosa!-
- Seven? - disse 003.
- Si? -
- Ti preferisco quando fai il buffone, rispetto a quando fai il filosofo! -
L’amico si mise a ridere, con la faccia imbarazzata.

Nel pomeriggio erano nuovamente da Dylan, stavolta in compagnia di Joe.
Joe aveva solo sentito parlare di Dylan e, dopo averlo visto, una strana sensazione di disagio s’impossessò del suo animo. Cercò di non darvi peso.
- Quindi tu sei Dylan? Piacere.-
- Il modo con cui ha detto “piacere” non esprime molto piacere! - commentò Groucho rivolto a Bretagna.
- Oh, non farci caso: lui è uno che gode soffrendo, quindi mentre dice “piacere”, deve per forza soffrire! -
- Tu invece sei Joe: finalmente ti conosco! Françoise mi ha molto parlato di te. - disse Dylan sorridendo cordialmente a lui e scambiando uno sguardo d’intesa con lei. A Joe non sfuggì e la sensazione di disagio non fece che aumentare.
- Vi assomigliate! - commentò Groucho guardando Joe e Françoise, che stavano vicini - “chi si somiglia si piglia”, come diceva mia zia Adelina, che era bruttissima e, per fortuna, non ha trovato nessuno! -
Il fatto che i due arrossirono simultaneamente non fu notato grazie all’arrivo di Sybil, che estrasse subito dalla borsetta la foto di cui aveva parlato. Nell’immagine c’era John in compagnia di un altro uomo, un suo collega (che, come specificò la donna, non si era mai fatto vivo, neppure per il funerale) sullo sfondo di un corridoio dall’aspetto asettico, nel quale un paio di altre persone stavano portando un carrello per le pulizie.
- Non è possibile! - esclamò 007.
- Conosci questo tale? - chiese Joe.
- No, ma il tipo qui, sullo sfondo, sono certo di conoscerlo! Se non è lui, è comunque tale e quale, voglia compresa! - disse indicando una vistosa chiazza marrone sulla mandibola del tizio.
- E chi sarebbe? -
- Si chiama Roy Ellis; all’epoca recitava, anche se con poca convinzione, e frequentavamo degli amici comuni.
- Se faceva le pulizie in quel posto, magari saprà qualcosa del fantomatico dottor Raynolds. - disse Dylan - Pensi di poterlo rintracciare? -
- Non saprei…non lo vedo da una vita! Ma certamente sarà più semplice rintracciare lui che il nostro uomo! Potrei iniziare a cercarlo nella sua vecchia abitazione…-
Mentre 007 ragionava su quel piccolo colpo di fortuna che poteva far svoltare le indagini, il telefono di Dylan squillò e lui si allontanò per rispondere. Simultaneamente anche il telefono di Joe iniziò a squillare: era Gilmore.
- 009, ci sono novità: il morto non c’è più, ma ho analizzato il DNA rimasto sulle medicazioni che gli aveva applicato il dottor Bernard. Vieni immediatamente, penso sia molto importante!-
Joe non fece in tempo a riattaccare che anche Dylan rientrò nella stanza.
- Scusatemi, ma devo interrompere il nostro incontro: mi ha chiamato il vecchio ispettore; vuole che lo raggiunga sulle ceneri dell’obitorio! -
- Pensi ci siano novità nelle indagini? - chiese Françoise.
- No, penso che abbia scoperto la mia piccola incursione e voglia farmi una delle sue ramanzine! Ma non è detto: se mi vuole là potrebbe anche esserci qualcosa di nuovo!
- Non c’è problema: devo andar via anch’io.- disse Joe. Françoise lo guardò interrogativa.
- Gilmore. - rispose - Pare sia importante. Vi raggiungo appena so di che si tratta! -
009 andò via, mentre gli altri, incluso Groucho, decisero che avrebbero scortato Dylan.

Stava quasi per calare il sole e la polizia era tornata nel luogo dell’incendio per fare nuovi rilevamenti.
Il vecchio ispettore Bloch salutò Dylan con la faccia rassegnata, esordendo:
- É perfettamente inutile che ti chieda dove ti trovassi ieri sera intorno alle 23…-
- Vorresti farmi credere che saresti in grado di indovinare? -
- Sì, sostituendo la sfera magica con ciò che resta delle telecamere di sorveglianza! Si vede chiaramente che ci sei tu in compagnia dei tuoi nuovi amici là dove non dovreste essere!! -
Bloch era stato molto solerte a toglierli da ogni impiccio e, da come parlava a Dylan, non doveva essere la prima volta che lo faceva.
- Francamente, avrei voglia di ucciderti, se fossi certo che poi non ritorni! Non lo sai che questa storia dei non-morti ha scomodato in parte i servizi segreti?-
- Allora mi credi anche tu! -
- Certo che no! Cosa c’entro io con i servizi segreti? Io credo solo ai pericoli che vengono dai vivi, come ad esempio i miei superiori che, per colpa tua, mi leveranno la pensione! -
- Comunque ammetterai che c’è qualcosa di anomalo in tutta questa storia.-
- È la vita a essere anomala! -
- A chi lo dice! - esclamò Bretagna - E i cappellini indossati dalla regina ne sono una dimostrazione palese! -
- …come anche il fatto che solo in Inghilterra si guidi tenendo la sinistra! - aggiunse Groucho.
- In realtà anche in Giappone… - aggiunse 007 - Ecco una cosa che hanno in comune! - disse Bretagna rivolgendosi sibillinamente verso Françoise che si limitò a guardarlo di traverso, fingendo di non capire a cosa o meglio chi si riferisse.
- Non capisco - sussurrò Bloch - quelli te li sei portati per mettere su uno show? Groucho non ti era sufficiente? Ti servivano i rinforzi? -
- Non sa che la vita è tutta un grande show?- disse Bretagna. Anche Groucho intervenne, rivolgendosi a un’avvenente passante:
- Nel mio c’è ancora posto per una spogliarellista: se la sente di ricoprire il ruolo? -
Françoise aveva voglia di scavare un buco e nascondere la faccia, tuttavia si avvicinò all’ispettore spiegandogli le ragioni della loro presenza.
- Mi ricordo di lei, signorina… L’ultima volta che ci siamo visti Dylan era finito in ospedale e ha cercato di farmi credere che lei fosse un robot.
- Un cyborg. - lo corresse Dylan.
- E che differenza c’è? Ad ogni modo, la questione dell’incendio è aggravata dalla presenza di una vittima…-
- Ma come?! - si meravigliò G.B. - Il morto resuscitato non era morto abbastanza?! -
- Ora, invece, è morto a puntino! - fece Groucho.
L’ispettore sospirò esasperato, poi spiegò:
- Il medico che eseguiva le autopsie è morto nell’incendio; probabilmente ha avuto un malore e non è riuscito a fuggire, oppure è stato lui stesso ad appiccare involontariamente le fiamme…-
- Il medico era là? E che ci faceva, dopo l’orario lavorativo?- si chiese Dylan.
- Aveva avvisato la governante che si sarebbe trattenuto per del lavoro da finire; la cosa strana è che non potesse rinviare…-
- Già… a meno che il morto non scappi!! - ironizzò 007.
- O ci scappi il morto…- lo seguì Groucho
- Potrebbe aver scoperto qualcosa…- osservò Dylan.
- Il punto è: che cosa? - disse Bloch - A ogni modo, voi ieri eravate là: possibile che non abbiate notato nulla? -
Lo sguardo di Dylan cercava inutilmente qualche dettaglio che potesse aiutarlo, mentre Françoise stava ricostruendo mentalmente qualcosa.
- Ispettore - domandò - dov’è stato trovato il cadavere? -
- Due stanze prima dell’obitorio. -
Françoise sgranò gli occhi e 007 la precedette dando voce ai suoi pensieri.
- …ma tu non hai rilevato la presenza di nessuno, vicino al luogo dov’eravamo! -
- ...quindi…quell’uomo era già morto! - continuò la ragazza.
- …però hai detto che c’era qualcun altro, al piano di sotto! - aggiunse G.B., parlando con lei sottovoce davanti allo sguardo sospettoso dell’ispettore, al quale 003 si rivolse nuovamente.
- Io sono certa di aver sentito dei passi al piano inferiore. Non c’era un guardiano notturno o qualcosa del genere? -
- No, mademoiselle. Niente guardiani. È sicura di quello che dice? Potrebbe essere stato lo stesso medico a fare quei rumori, dopotutto…-
- Assolutamente no: noi eravamo nella cella e io possiedo un udito…molto sviluppato: lo avrei certamente sentito, se si fosse avvicinato: se è morto nell’incendio, doveva già trovarsi vicino a noi da prima!-
Bloch aggrottò le sopracciglia.
- Intende forse dire che, al momento dell’incendio, il medico legale era già morto e che nell’edificio si è introdotto qualcun altro, magari il suo assassino?-
- È un’ipotesi…- rispose lei, un po’ titubante.
- Fossi in te l’ascolterei - disse Dylan, affiancandosi alla ragazza - Françoise è una persona molto affidabile e perspicace! -
- Non lo metto in dubbio, basta che non mi dici di nuovo che è un cyborg!- asserì l’ispettore, osservando Dylan con l’espressione di chi conosce bene qualcuno - …resta il fatto che ancora non mi avete spiegato che ci facevate tutti in comitiva là dentro in piena notte!
- Domani vengo a trovarti e ti spiego tutto, vecchio mio! - concluse Dylan, congedandosi insieme agli altri dall’anziano poliziotto.

La giornata era stata lunga e andarono a rilassarsi qualche minuto in un pub. Fran e Bretagna presero una birra, mentre Dylan ordinò insieme a Groucho un thè.
- Non fumi e non bevi - osservò Bretagna rivolgendosi a Dylan - sei proprio un virtuoso! -
- No, sono un trasgressivo! - rispose Dylan.
- Non con le donne, capo: con loro sei molto tradizionalista! - aggiunse Groucho, beccandosi un’occhiataccia da Dylan, mentre Bretagna, osservando lo strambo assistente, diceva a Françoise:
- Sono quasi certo che restassi qui almeno una settimana, potrei diventare più o meno come lui!-
- Allora speriamo che questo lavoro finisca presto! - commentò Dylan.
- Oh, hai così fretta di liberarti di Françoise? - domandò 007 con noncuranza.
- Eh? No, che dici! Anzi…non mi dispiacerebbe se restasse…E poi Londra è così vicina a Parigi…- gli sfuggì di dire, facendo arrossire Françoise e procurandole un leggero aumento del battito cardiaco.
- …ma è così lontana dal Giappone…- aggiunse Bretagna, parlando più con se stesso che con gli altri. 003 sgranò gli occhi, come se quel commento avesse risvegliato in lei qualcosa di doloroso.
- Che cosa state dicendo?! - protestò.
- Niente - rispose 007 - mi era solo venuto in mente che, se un giorno tu dovessi lasciarci, dovrebbe davvero valerne la pena! - affermò, lanciando a Dylan un’occhiata un po’ troppo seria. Lui rispose con un sorriso. Un sorriso così rassicurante e seducente che non poté non colpire la ballerina. Tuttavia quel discorso la stava inspiegabilmente agitando e imbarazzando.
- Piantala di dire sciocchezze! - esclamò ammonendo 007- Piuttosto, rimettiamoci al lavoro! Dobbiamo saperne di più sul dottor Raynolds e tu dovresti rintracciare il tizio che hai riconosciuto nella foto: domattina Albert ed io andremo a fare delle ricerche nell’ambiente accademico e Punma cercherà altre informazioni in qualche database; intanto gli altri cercheranno di saperne di più sulle vittime. Alla fine verremo per forza a capo di qualcosa! -
- Se fate tutto voi, io che faccio? - domandò Dylan, ammirato dalla determinazione della ragazza.
- Intanto potresti dare una mano a Bretagna e cercare di sapere dal tuo amico ispettore se le telecamere attorno all’obitorio hanno rilevato la presenza di qualcuno che si è introdotto nell’edificio, a parte noi! -

Quando 003 e 007 rientrarono all’abitazione, Joe informò gli altri della scoperta del dottor Bernard: un’anomalia nelle cellule del non morto, qualcosa che aveva lavorato nel suo DNA…
- Qualcosa come un farmaco misterioso? - domandò Albert, che cercava una relazione tra la morte del marito di Sybil e quella del becchino soccorso da Bernard.
- E chi può dirlo con certezza? Il marito di quella Sybil aveva sperimentato un farmaco, ma il becchino soccorso da Bernard era stato morso, evidentemente da un altro “morto resuscitato”… - rispose Joe - L’unica cosa che, apparentemente, accomuna i due decessi è semplicemente il fatto che entrambi gli individui sono “risorti” dopo essere stati dichiarati morti, provando ad aggredire chi gli stava di fronte in quel momento…-
- Pensavo una cosa - esordì Françoise - Quando eravamo nella cella dell’obitorio, si sono rialzati tutti i cadaveri intorno al ”nostro”! Quasi come se fosse avvenuto…-
- …una specie di contagio?! - continuò Joe, terrorizzato dall’idea, ricordando un altro elemento rilevato dal dottor Bernard: - Il dottore aveva verificato che nei tessuti circostanti il morso vi fosse una maggior concentrazione di anomalie cellulari e ipotizzava che il morso ricevuto potesse aver generato un’anomalia sistemica, ma doveva verificare se vi potesse essere un elemento tale da far considerare questa come virale. Una cosa è certa: Bernard affermava di non aver mai visto una cosa del genere in tutta la sua vita! -
- Forse dovremmo cercare di capire meglio con chi aveva a che fare il becchino Hughes - disse 004.
- E se, in qualche modo, potesse aver conosciuto Browning e Raynolds. - aggiunse 008.
- Io mi sto chiedendo, invece, chi avesse interesse a mandare in fiamme l’obitorio. - si domandò Joe - e se questo qualcuno intendesse uccidere il medico legale o, semplicemente, distruggere quei cadaveri. -
- Probabilmente il nostro piromane se l’è semplicemente trovato di fronte…- disse 007.
- A questo punto, presumo che anche il medico legale possa aver trovato l’anomalia di cui parlava Bernard e questo accomunerebbe ulteriormente i due decessi. Anche se, purtroppo, il fuoco ha distrutto tutto. -
- Dici che il medico legale ha fatto una scoperta così importante e non ne ha parlato con nessuno? - chiese G. B.
- Non lo so. - rispose 003 - Questo potrebbe scoprirlo Dylan parlando col suo amico ispettore. –
A 009 non piacque l’idea di coinvolgere ulteriormente Dylan e meno che mai piacque il fatto che a proporlo fosse proprio 003. Doveva avere una grande stima di lui e questa cosa gli dava da pensare: ogni volta che 003 aveva riposto fiducia in qualcuno, si era sempre trovata tutti contro, ma la storia le aveva sempre dato ragione. Decise di non manifestare apertamente il suo dissenso nel coinvolgere Dylan, a maggior ragione poiché sembrava essere l’unico in quell’occasione. Evidentemente il detective era stato di grande aiuto nella loro precedente missione a Londra.   
- Penso sia ora di andare a letto - disse Albert interrompendo il discorso, che poteva andare avanti all’infinito, sollevando sempre più interrogativi - domani sarà una giornata impegnativa. Buonanotte! -
- Io, invece, torno al Dolphin… Buonanotte. - disse Joe con un’espressione che, a chiunque non lo conoscesse, poteva sembrare di stanchezza. Era invece la classica espressione malinconica che assumeva involontariamente quando qualcosa non andava bene, ma gli sfuggiva cosa…
- Aspetta, faccio due passi! - lo sorprese Bretagna, prendendo il cappello e venendogli dietro.
- Non hai sonno? - fece il ragazzo.
- Ti do fastidio? - chiese l’amico.
- No, no…volevo arrivare subito al Dolphin, ma faccio due passi anch’io.-
Il Tamigi scorreva sotto il ponte creando un sottofondo sufficiente a riempire il silenzio di quella serata deserta.
- Il problema è Dylan, vero?- esordì 007 all’improvviso, com’era suo solito fare senza applicare la minima diplomazia.
- Perché dovrebbe essere un problema? Ci sta perfino aiutando! -
- Perché non sfuggirebbe neppure a un decerebrato che sta, sia pur con discrezione, facendo la corte a Françoise! -
- Quindi? - chiese lui, incupendosi involontariamente.
- Quindi… finiremo… finiranno per trascorrere un bel po’ di tempo insieme…
- E io cosa c’entro? -
Bretagna era basito.
- Come, cosa c’entri?! Joe, lo sappiamo tutti che tra voi due c’è qualcosa… vuoi dire che non ti importa neanche un po’ che lei stia frequentando un altro? -
- No. È una persona libera, è giusto che faccia ciò che vuole…E poi…se questo tipo ha accettato ciò che lei è…forse potrebbe riuscire anche a renderla felice…-
- Non ci posso credere!!! Ti prego, dimmi almeno che godi davvero, a essere così masochista!! Joe, lei si aspetta che sia tu, a renderla felice! -
- A quanto pare non posso farlo… commetto sempre degli errori e poi…forse non riesco o non posso darle ciò che cerca! -
- Perché, secondo te che cosa cerca? -
Joe lo fissò con un misto di rabbia e dolore.
- Una vita normale, in cui poter essere liberi di manifestare i propri sentimenti…in cui amare qualcuno non significhi rischiare di morire! -
- …ma…non è come dici tu…- rispose l’amico, sorpreso da quella risposta ed esitando alla ricerca delle parole giuste per smontare quella che a lui pareva un’assurdità.
- Che voi siate d’accordo o meno, io non sono la persona adatta a lei! Nessuno di noi lo è! Adesso scusami, ma si è fatto tardi. -
Il ragazzo si voltò, azionando il suo acceleratore e sparendo di colpo. Bretagna rimase da solo in mezzo alla strada a fissare il nulla.

Come previsto, il giorno seguente fu molto impegnativo, ma non portò alcun progresso nelle indagini. Nessuna notizia di Raynolds, totalmente sconosciuto in ambito accademico, e nessuno che sapesse niente di un collegamento tra le vittime.
A sera tutti rientrarono a casa per riprendere le energie e ricominciare da capo l’indomani. Joe, invece, era tornato al Dolphin come la notte precedente, dando l’impressione di voler stare alla larga da Françoise. La ragione era un mistero. Françoise era irritata da quel suo comportamento: aveva accettato di tenere riservata la loro relazione, ma adesso le sembrava che la loro fosse una relazione immaginaria più che segreta. Aveva provato a parlargli, ma era stato più evasivo che mai. Finchè quella sera, in maniera provocatoria, aveva deciso di accettare un invito a uscire di Dylan.
- Come ti sembra il vestito? - chiese Fran affacciandosi sulla porta della stanza dove Bretagna leggeva il giornale.
- Superfluo!! -
- Cretino!! -
- Esci con Dylan? -
- Si. E se hai qualcosa da dire, per piacere, stai zitto!! -
- No, no…hai la mia benedizione! - ascoltando quella frase, Françoise tornò indietro.
- A parte che non mi serviva, ma…non è che per caso hai parlato con “qualcuno”? -
Bretagna sbiancò visibilmente.
- M…ma che dici? - farfugliò, dimenticando completamente il lavoro dell’attore - Semplicemente, ho voluto smettere di essere indiscreto! E poi quel ragazzo è molto meno complicato di…cioè…molto più motivato…È un bravo ragazzo!!! -
- Poi ne riparleremo appena torno! - disse con tono minaccioso.
- Oh…speriamo che arrivi presto un’invasione di zombie!! –

Capitolo 2

 

- Ma come ti è venuto in mente di portarmi qui?! - domandò lei coprendosi nuovamente gli occhi per evitare l’ennesima scena truculenta.
- Quando invito una ragazza a uscire la porto sempre al cinema! È un classico! - rispose Dylan, sgranocchiando i pop corn.
- Si, ma è anche un classico portarla a vedere un film romantico, non “Zombie” di Romero! -
- A esser sincero non mi ero mai posto il problema: il cinema è cinema! E poi è un modo per conoscere i gusti dell’altro! -
- Ho capito: metti le ragazze alla prova! -
- …Comunque non t’immaginavo impressionabile: di solito sei così coraggiosa! -
- Può essere, ma tu sei un po’ troppo originale: qualche volta esserlo meno non sarebbe una cosa brutta, sai? -
Dopo essere usciti dal cinema Dylan, seguendo un suo personalissimo rito, portò Françoise nella sua pizzeria preferita. Lì, con soddisfazione, la mise al corrente di una novità.
- Mi ha chiamato Bloch ed, effettivamente, avevi intuito la cosa giusta: insieme a noi, qualcun altro si era introdotto quella notte nell’edificio: le telecamere del palazzo di fronte hanno rivelato i movimenti di una figura incappucciata dall’aria atletica, purtroppo totalmente impossibile da identificare!
- Mi pare ovvio che qualcuno ci tenga a occultare la verità a qualunque costo.- commentò la ragazza.
- Comunque, ora basta! Abbiamo già lavorato abbastanza: parliamo di noi! -
Françoise scosse la testa, sorridendo.
- E cosa vorresti che ci dicessimo? -
- Bè, non ho un copione scritto! Ma una cosa volevo dirtela già dall’altro giorno: ero così felice di rivederti, quando ci siamo incontrati in quell’obitorio, che quasi non ci credevo! Sai, ultimamente sembra che ritornino solo i morti! -
Lei rise. - Già! E, anche se solo per pura fortuna, io non lo sono! -
- Quando ti ho conosciuta ho capito subito che eri speciale, come Marina, Lillie, Bree, e…Morgana…-
Davanti a quell’elenco di nomi, Françoise sollevò un sopracciglio con disappunto.
- È abbastanza lunga, la lista delle donne speciali! Sembra quasi l’elenco telefonico di Londra! -
- No, non equivocare…queste sono tutte persone che ho amato e… ho perduto. È più un elenco di ferite, che di donne! - disse con un sorriso amaro.
- Scusami…- sussurrò lei - non volevo offenderti…-
- Ma no, che non mi hai offeso: ciò che hai pensato era la cosa più normale. L’amore fa male e io ci ricapito sempre. Con questo non voglio dire che io sia un santo che ci prova solo quando è innamorato sul serio! -
- Non l’ho mai pensato! - sorrise maliziosa.
- …Devo anche ammettere che, spesso e volentieri, provo un sentimento forte nell’istante stesso in cui ci provo! Però è il tempo che ti fa capire chi è realmente speciale…con Sibyl ci stavo per provare, ma il mio quinto senso e mezzo mi ha fermato! -
- Ah, ecco perché il mio quinto senso e mezzo mi ha detto che era gelosa! -
Dylan rise.
- Dai, che dici?! E poi, se Bretagna continua a farle il filo, magari succede che lei ci sta! -
- Ti stai rendendo conto di ciò che stai dicendo, vero? Cioè, ti sembra che il modo con cui le si è approcciato possa dare dei risultati?? -
- Riflettendoci: no! Bretagna è una versione seria di Groucho! -
- Vedi? Solo se hai Groucho per assistente puoi definire “serio” Bretagna! -
Si misero a ridere, poi il viso di Françoise tornò leggermente malinconico.
- Tu parli con molta serenità delle tue storie passate, anche di quelle non facili, mentre invece non so praticamente nulla delle storie che ha avuto Joe…anche se ne conosco alcune, lui non nomina nemmeno le donne che ha amato…-
Dylan sospirò. - Joe ha un carattere chiuso, si vede subito. Ma tu sai molto bene cosa c’è nel suo cuore: riesci meglio a vedere nel suo, che è nascosto, che non nel mio, che parlo tanto! -
La ragazza sollevò lo sguardo, cogliendo un sottile velo di tristezza negli occhi dell’amico.
- Scusami, non so perché l’ho fatto…non volevo neppure parlare di Joe…-
- Sta’ tranquilla: ormai considero Joe quasi come un’entità ectoplasmatica: anche se non si vede, è sempre in qualche modo presente quando siamo insieme! -
Cambiarono discorso e, alla fine, la serata trascorse in maniera molto piacevole.
Quando uscirono dalla pizzeria, Dylan le appoggiò istintivamente la mano sulla spalla, un gesto che poteva essere di semplice amicizia, ma anche no. Lo fece con una naturalezza che mancava alle rare volte in cui lo aveva fatto Joe.

La memoria di Françoise era più tenace di quella di un elefante e, quando rientrò, aveva già deciso di andare a fondo della questione. Bretagna sentì la porta che si apriva e pensò che, spegnendo la luce, potesse avere una blanda speranza di dare l’idea che si fosse già addormentato. Neanche un istante dopo aver attuato il suo proposito, fu investito dal fascio di luce proveniente dall’ingresso: una Françoise più battagliera che mai aveva spalancato la porta sorprendendolo acquattato dietro la poltrona!
- Pensavi di prendermi in giro?!?-
Lui finse con nonchalance di andarsi a sedere, sorridendo a trentadue denti.
- Cosa vai a pensare, cara? Ma tu ci vedi anche nel buio? -
- Si, e lo sai!! Allora, mi dici che cosa vi siete detti tu e Joe? -
- A proposito di che? Sai, parliamo di tante cose! -
- Sai benissimo che quando cerchi di tergiversare facendo il finto tonto mi fai arrabbiare di più! -
- La serata è andata male? -
- Non cambiare argomento! Avanti, sto aspettando!! -
007 si arrese e tirò un profondo respiro: d’altro canto sapeva già di doversi preparare il discorso, anche se non avrebbe voluto. Decise di fornire una verità parziale della loro discussione, immaginando che rivelarne i dettagli avrebbe senza dubbio ferito l’amica.
- Era chiaramente giù di corda e, quando gli ho prospettato l’ipotesi che potesse essere dovuto a una forma di gelosia nei riguardi di Dylan ha negato, mentendo vergognosamente, dato che il suo tono era visibilmente alterato…-
- Hai mai pensato di farti gli affari tuoi? - commentò l’amica, piuttosto irritata.
- Non riesco a farmeli, quando vedo che quello stupido è pronto a buttare la felicità in pattumiera con tanta facilità!-
Françoise abbassò lo sguardo, rassegnata. Bretagna non sapeva nulla riguardo alla sua storia con Joe, ma ciò che aveva detto era la verità: anche se, sia pur non “ufficialmente”, stavano insieme, Joe era capacissimo di buttare via la felicità per dare ascolto solo alle sue paure e alle sue idee.
- Ognuno prende le sue decisioni, fattene una ragione…tanto io non intendo essere infelice per colpa sua! -
Bretagna sospirò.
- E fai bene…Comunque sappi che avevo voglia di picchiarlo a sangue! -
- Ah. - disse lei, ironica - E cosa ti ha fatto desistere dal proposito? -
- Vuoi dire “cosa” a parte il fatto che non amo la violenza e che Joe potrebbe spazzarmi via con un dito? Semplicemente la consapevolezza che, continuando così, ci penserà abbondantemente la vita a pestarlo a sangue!! Anzi: lui non se rende ancora conto, ma la vita lo sta già facendo! -

Françoise aveva deciso, inizialmente, di far finta di niente: trovava il comportamento di Joe assurdo. Trovava ridicolo il fatto che potesse essere geloso, ma, al tempo stesso, che non le parlasse e che non facesse nulla per rivelare a tutti la loro relazione. Tuttavia, il giorno seguente, non resisté alla tentazione di prenderlo in disparte e parlargli, dato che, stranamente, si erano ritrovati da soli in casa: doveva approfittarne prima che gli altri rientrassero e, quella sera, ci sarebbe stata la squadra al completo, vista la necessità di accelerare i tempi delle ricerche.
Joe stava controllando qualcosa nel computer, sfuggente come al solito. Lei prese posto accanto a lui sul tavolo con una tazza di caffè, costringendolo a sollevare lo sguardo.
- Allora, mi vuoi dire che succede? - esordì usando un tono quanto più conciliante possibile.
- Nulla. È tutto nella norma, mi pare, tranne il fatto che non siamo ancora venuti a capo della situazione…-
“Evasivo, come avevo immaginato!”
- Senti, se sei infastidito per il comportamento di Dylan, sappi che io e lui siamo solo amici: non c’è niente tra di noi, davvero…-
Joe morse il labbro, abbassando leggermente gli occhi.
- Anche tu, come 007, pensi che io sia geloso! No, non è questo il punto…- tentennò, ma poi decise di togliersi il peso da dentro - …io…io credo che Dylan, anzi, sia la persona più adatta a te! -
Françoise rimase basita da quella dichiarazione, non riuscendo a comprendere se fosse frutto della gelosia o di un pensiero razionale.
- C…che dici?! - balbettò.
- Voglio dire…che almeno lui potrebbe dichiarare al mondo che state insieme senza farti rischiare la vita! Avresti finalmente affianco a te il tipo d’uomo che desideri e credimi: in questo momento io sarei felice di saperti felice con un altro…-
Quella risposta la fece scattare in piedi, suscitando in lei un misto di rabbia e dolore.
- Quando la smetterai di ragionare da solo per tutti e due?! Cosa credi, che non rischierei la vita anche se non stessimo insieme?? Credi che, se non ci fossi tu, vi mollerei tutti per farmi i fatti miei?!? Stai solo cercando di allontanarmi perché hai paura!! Hai paura di noi, del futuro, di quello che siamo!! E vuoi fingere che io non sia come voi… che io non sia come te!! Quando smetterai di considerarmi qualcosa di diverso da tutti voi?? QUANDO??? -
Joe restò paralizzato da quella reazione, con lo sguardo duro piantato in un angolo indefinito della stanza.
- Non puoi fingere anche con me che non ci sia stato nulla… almeno abbi il coraggio di dirmi che tra noi è finita!- aggiunse piena di rabbia.
Il rumore della chiave nella toppa e il saluto allegro di Chang, seguito da Geronimo, mise a tacere quella discussione. Françoise si girò di scatto e andò, con passo veloce, in camera sua, appena in tempo per coltivare il dubbio se gli altri si fossero accorti di qualcosa… Chang e Geronimo si scambiarono uno sguardo preoccupato, ma preferirono non dire nulla per discrezione.
Joe si era voltato di nuovo a guardare lo schermo del computer, senza proferire una parola…avrebbe preferito andarsene, ma non poteva farlo perché bisognava discutere con gli altri della missione. Certamente ci sarebbe stato anche Dylan. Ormai, come profetizzato, aveva iniziato inconsapevolmente a farsi pestare a sangue dalla vita.

C’era chi, in quei giorni, si sentiva già abbondantemente pestato dalla vita ed era Jet. Da quando erano a Londra, Jet aveva evitato di mettere naso fuori dal Dolphin più che poteva. La sola idea di riprendere la metropolitana gli procurava un dolore fisico alla bocca dello stomaco. Quella sera si sentì costretto ad uscire dalla sua tana, ma lo aveva fatto solo per rintanarsi nell’appartamento dove avevano preso base. Sprofondato sul divano era spettatore silenzioso di tutto ciò che stava avvenendo: vedeva lo sfrontato di Dylan provarci ripetutamente con Fran e lo infastidiva già solo il modo che aveva di guardarla.
“Sono certo che stasera proverà a portarsela a letto…”
vedeva il suo migliore amico allontanare Fran e incupirsi per quella confidenza che c’era tra i due; ovviamente, conoscendo Joe, aveva capito perfettamente che la freddezza che aveva in più occasioni mostrato nei suoi riguardi altro non era che la manifestazione del suo interesse per lei…
“Poi dicono che le donne sono complicate… Caro Joe, non è che puoi dire ad una donna che è la persona più importante della tua vita e poi trattarla come se fosse il postino che ti ha appena recapitato una bolletta!”
Jet volse lo sguardo verso Fran, che aveva appena riso a una battuta di Dylan.
“Ma guardala come fa la civetta! Se fossi stato io al posto di Joe, un paio di schiaffi e ti rimettevo in riga! Se finisci a letto con quel tizio, giuro… E invece guardalo… se ne va e gli da pure la sua benedizione… Preparagli anche il letto e le candele profumate va’… Si può sapere dove cazzo vai adesso? Anziché trascinarla tu di sopra… bah…”
Joe uscì da casa salutando appena, mentre, per un attimo, nella mente di Jet si figurò la scena con Dylan che ci provava con Jiuly e lui che la trascinava via.
“Ecco … ci risiamo.”
Il pensiero di Jiuly era di nuovo tornato prepotente a sopraffare ogni altra situazione reale, la sua nostalgia prendeva di nuovo il sopravvento su tutto, compreso il suo dovere di amico. Avrebbe dovuto uscire di corsa per cercare di far ragionare Joe, ma la tristezza che aveva dentro gli impediva di muoversi.
- Ehmm…
Punma si schiarì la voce prima di parlargli.
- Jet, che ne dici di andare a prenderci una birra? Magari chiamiamo anche Joe…
Jet sollevò lo sguardo verso Punma con un carico di biasimo incredibile: lo stava richiamando al suo dovere di amico, ma proprio non gli importava… e poi se quello stupido che aveva tutto ciò che desiderava a portata di mano non si dava una smossa da solo, perché avrebbe dovuto farlo lui che stava soffrendo perché la sua donna non era alla sua portata per quel “piccolo particolare” che era morta?
Jet rispose sfrontato.
- Non mi va.
- Andiamo, Jet! Non puoi stare qui a incupirti tutto il tempo che siamo a Londra! Su! Cerca di reagire! Datti una smossa! Sono certo che Jiuly non vorrebbe questo…
- E tu che ne sai? Io non sono neanche sicuro che provasse qualcosa per me…
- Come fai a dubitarne?
La voce di Geronimo s’intromise nel loro discorso. Sedette anche lui tra loro.
- Le sue ultime parole prima di morire sono state per te…
Un dolore lancinante lo prese, perché Geronimo stava rivangando con lui proprio quel momento terribile? Di solito era così silenzioso, proprio adesso doveva parlare?
- Bah … valle a capire le donne!
Disse volgendo il suo sguardo verso Françoise. Punma lo seguì con lo sguardo, mentre Geronimo restò fisso su di lui. Aveva cercato di dissimulare quel suo dolore e di distogliere l’attenzione da lui con un attacco implicito all’ignara ragazza.
- Quello che ha fatto, era un rito magico per liberati dal suo incantesimo.
Jet si voltò lentamente verso Geronimo, il suo sguardo era tra l’incredulo e il sarcastico.
- Stai scherzando, vero?
Geronimo rimase impassibile al sarcasmo di Jet ignorandolo completamente e gli rispose così come avrebbe fatto a un bambino che gli avesse posto la stessa domanda.
- Ha spezzato il cd, infrangendo un oggetto che vi legava, ed ha detto: “tra noi non avrebbe mai funzionato”.
- E allora?
Disse Jet agitato e sempre più incredulo.
- Quella ragazza sapeva che rischiava di morire e il suo ultimo pensiero è stato liberarti da un amore impossibile.
- Beh non so se te ne sei accorto, ma se anche fosse stato un rituale magico, NON HA FUNZIONATO!
Disse quelle ultime cose urlando e alzandosi, attirando così l’attenzione di tutti, ultima cosa che avrebbe voluto.
- Scusate… mi è sfuggito.
Si rimise a sedere e continuò.
- Ma poi io a queste sciocchezze non ho mai creduto e tu dovresti saperlo bene!!! E poi… sei sempre stato in silenzio ad osservarci mentre ora… perché? Dico, perché ora ti metti a rivangare queste cose? Tra gli attimi peggiori della mia vita!! Perché mi infastidisci con stupidaggini come la magia o … stronzate del genere! Non avrebbe dovuto rompere quel cd! Potevamo recuperarlo! Avremmo potuto combattere Erenfest! Avrei potuto batterlo! Avrei potuto… salvarla!!
Jet sembrava un fiume in piena, stava riversando tutta la sua rabbia sul povero Geronimo.
- Non voleva essere salvata, Jet. Voleva essere lei l’artefice del suo destino e della vostra relazione.
- MA NON C’ERA NESSUNA RELAZIONE, CAZZO!
- E allora perché stai così?
- PERCHÈ la volevo una cazzo di relazione con lei! Ma lei, no! Doveva essere artefice del suo destino e … uccidersi!
Geronimo si ritenne soddisfatto della conversazione, la prima che aveva abbastanza convinto Jet che non era colpa sua la morte di Jiuly. Sul suo volto si accese un mezzo sorriso, per quanto quel gigante buono sapesse sorridere...
Tuttavia quel sorriso non sfuggì a Jet, che già si sentiva sollevato per le urla che aveva lanciato. Si sentì preso in contropiede da quell’espressione soddisfatta e decise di accettare l’invito di Punma per fuggire via di là.
- Andiamo a prendere questa birra, va’. Vieni anche tu? Ma niente storie di magia per favore!- disse rivolgendosi a Geronimo.
- No… andate… ma chiamate anche Joe…
Jet infilò il giubbotto e sbuffò. Punma lo seguì.
- Ho visto un pub molto carino, fanno anche musica dal vivo…-

Mentre gli amici uscivano, il telefono di Fran squillò. Dylan non aveva il cellulare e aveva dato il numero di Françoise all’ispettore Bloch, che aveva promesso, quella sera stessa, di fornire loro il nuovo indirizzo di Roy Ellis, il conoscente di Bretagna che aveva lavorato per Raynolds: le ricerche effettuate da Dylan e Bretagna li avevano solo portati a fare dei pellegrinaggi nelle vecchie abitazioni del tale, a quanto pare piuttosto avvezzo a cambiare dimora. Non essendo particolarmente tardi, i due decisero di recarcisi immediatamente.
- Vieni con noi? - domandò Dylan a Françoise. La ragazza tentennò un istante; non aveva molta voglia di uscire, ma stare in camera sua da sola significava solo mettersi a pensare a Joe. Quella sera era arrabbiatissima con lui e lo aveva praticamente ignorato, facendo finta davanti a tutti che le cose andavano benissimo. Sicuramente i suoi compagni avevano intuito che qualcosa non andava, ma finché non facevano domande era tutto a posto…d’altronde lo stato d’animo di Jet aveva attirato l’attenzione molto più del suo! No, uscire era mille volte meglio che mettersi a pensare. Recuperò il soprabito e salì insieme a 007 sull’auto di Dylan.

L’indirizzo rintracciato dal buon ispettore con i potenti mezzi di Scotland Yard era finalmente quello giusto. Il gruppetto bussò alla porta; aprì loro una donna dall’aspetto stanco e triste. Si sarebbe detto che fosse graziosa, se non avesse avuto l’aria depressa e trascurata. Bretagna si scusò per l’ora e chiese di Roy, dicendo di essere un vecchio amico che tornava a Londra dopo molti anni: la scusa era d’obbligo, dato che l’espressione assunta dalla donna di fronte ai visitatori era di preoccupazione assoluta!
- Un amico? Roy non ne ha molti, da quando…bè, meno male; temevo si fosse cacciato in qualche guaio. Lo trovate al pub qui vicino, tre isolati a sinistra…ora scusate, la bambina ha bisogno di me.-
Salutò e richiuse la porta. Gli amici andarono a raggiungere il tizio dove era stato detto loro.
L’insegna esterna del locale suggeriva un posto leggermente squallido. Bretagna entrò per primo e l’atmosfera di quel vecchio pub gli fece uno strano effetto…somigliava molto a uno dei posti che frequentava quando non stava più bene e percepiva nell’aria qualcosa di malsano, un mix di sensazioni confuse, malessere e sensi di colpa mescolati a frasi annebbiate e senza senso…La vista degli avventori strafatti d’alcol appoggiati al bancone rafforzò questa impressione. Françoise percepì il suo disagio e gli appoggiò delicatamente la mano sul polso.
- Cosa c’è? Tutto bene? -
- Si, si…- rispose lui parlandole a bassa voce, riportandosi alla realtà - è solo che…queste persone sono come degli zombie, senza l’attenuante di essere già morte! E la cosa grave è che prima ero uno di loro! Come diavolo ho potuto fare una cosa del genere? -
L’amica sospirò, prendendolo sottobraccio.
- Coraggio, è passato, ormai…qualunque errore tu possa aver commesso, ora lo hai superato! -
Bretagna le sorrise e, dopo averla stretta un istante in segno di gratitudine, si staccò da lei e iniziò a guardarsi attorno. Si spostarono un po’ più avanti, guardando tra i tavolini. A un certo punto, 007 aggrottò le sopracciglia.
- È lui. Non assomiglia troppo all’uomo che conoscevo, ma dev’essere lui per forza: quella voglia sulla mandibola è inconfondibile!-
Si avvicinarono, restando in piedi davanti al tavolino sopra al quale un uomo trasandato e sciupato, a dispetto viso apparentemente più giovane dell’età che doveva avere, biascicava una specie di monologo seguendo con le dita le spaccature del legno.
- Roy! -
La voce di Bretagna che lo aveva chiamato gli fece sollevare lo sguardo. Faticava a tenere la testa dritta e lo osservò con aria interrogativa, come quando si fissa un volto familiare al quale non si riesce a dare un nome.
- Sei uno sbirro? - domandò.
- Adesso ho pure l’aria dello sbirro? Sono Bretagna, non ti ricordi più? -
Roy dimostrò di ricordarsi di lui, ma il suo volto non manifestò né sorpresa né interesse.
Françoise fece cenno a Dylan di lasciarli parlare da soli.
- Non dovremmo restare? - domandò il ragazzo - Le indagini riguardano anche noi! -
- Si, però…hai visto come sta quel tipo? Magari la nostra presenza potrebbe inibirlo. Lasciamo fare a 007: quando è sobrio e non è distratto è totalmente affidabile! - disse con un sorriso, accomodandosi al tavolo e ordinando una birra. Dylan prese una spremuta d’arancia. La ragazza aveva perso di colpo lo smalto che aveva solo pochi minuti prima quando stava con i suoi compagni. Dylan la scrutava con discrezione, intuendo che qualcosa non andava, e non era certo la presenza inquietante di Roy Ellis e degli altri ubriachi.
- QUEL TIPO È IL DIAVOLO!! -
L’aumento del tono di voce di Roy fece voltare un bel po’ di persone. Era evidente che 007 aveva iniziato a chiedergli informazioni sul dottor Raynolds.
- Bè, ma che faceva di così terribile? - provò a domandare Bretagna, con un sorriso ingenuo.
- Non lo so, di preciso…intrugli, esperimenti… ma una volta…una volta… l’ho visto resuscitare un morto!! -
- Ah…roba da nulla! -
- Non mi credi neanche tu, vero? Pensi che sia pazzo o ubriaco, non è così?? - il tono si stava facendo aggressivo e Seven cercò di calmarlo.
- A dire il vero…ti credo eccome! Per questo è importante fermarlo. Tu puoi aiutarmi: non sappiamo niente di lui, sembra sparito nel nulla! -
- Io non so niente…e non voglio sapere niente! Che se lo mangi l’inferno!! -
Bretagna lo guardò sconsolato: sembrava l’ennesimo buco nell’acqua.
- …ma, magari, conosci qualcuno che può sapere dove ha trasferito il suo laboratorio…-
Roy rimase immobile a fissare il vuoto; il suo interlocutore iniziò a chiedersi se avesse capito la domanda o se gli avessero staccato la corrente! Dopo un po’ biascicò un nome incomprensibile, aggiungendo: - …Quella cagna…sapeva tutto di tutto! Lo ha aiutato lei a trasferirsi! -
- …Chi, scusa? -
Di nuovo una sequenza di parole biascicate.
- Potresti scrivermelo, per favore? - disse 007, allungandogli carta e penna - E, magari, se mi scrivi anche dove posso trovare questa persona, te ne sarò davvero grato. -
Non era l’indirizzo di Raynolds, ma, per lo meno, avevano il nome di qualcuno che doveva conoscerlo bene. La calligrafia era tremante e completamente storta, ma leggibile.
- Vuoi ammazzarlo? - chiese Roy a bruciapelo.
- Che dici, ti sembro un killer? Cambiamo discorso, che è meglio…Non ti pare il caso che sia ora di rientrare a casa, visto che ne hai una? Cosa ci stai a fare qua da solo, quando hai una moglie e una figlia che ti aspettano? -
A quella frase seguì un nuovo scoppio d’ira.
- Che diavolo m’importa di Meg?! Tanto lei non mi capisce! Non capisce un bel niente di me!! -
- Magari, stando lontano per almeno un annetto dalla bottiglia, riusciresti anche a capire che probabilmente sei tu che ora non stai capendo un bel niente! -
- Fate tutti i saputi, ma a me non fotte nulla di nulla!! -
Bretagna ebbe un moto di rabbia: lui non aveva legami affettivi, mentre si rovinava, invece quell’uomo stava disintegrando una famiglia e la cosa non lo toccava minimamente! Lo tirò su afferrandolo per il bavero.
Roy lo guardò tra il diffidente e lo spaventato.
- C...che vorresti farmi??-
- Quello che qualcuno avrebbe dovuto fare a me al momento giusto!! - detto questo, gli mollò un pugno in faccia. Le persone si voltarono solo per un istante, girandosi di nuovo per non avere guai. Il tipo rimase a terra, imprecando mentre si toccava la mascella dolorante. Il barman poggiò la mano sul telefono, con l’idea di chiamare la polizia. 007 girò i tacchi e uscì dal locale, seguito da Dylan e Françoise.
- Ma allora la tua è proprio un’abitudine! - commentò Dylan, ridacchiando per sdrammatizzare: ancora ricordava il “trattamento” subito da 007 in uno dei loro primi incontri.
- Non direi: sono il meno manesco del gruppo! Dovresti vedere Joe! -
- Bretagna, piantala!! - lo ammonì Françoise.
- Quel pugno…avresti voluto darlo al te stesso di tanti anni fa, vero? - chiese Dylan.
- Come hai fatto a indovinare? Il tuo “quinto senso e mezzo”? -
- No, è solo che quel pugno glielo avrei dato anch’io per darlo al me stesso di molto tempo fa: sono stato alcolista come te! -
- Ah, non lo avrei mai immaginato! Come fai a sapere che sono stato alcolista? -
- Me lo hai detto tu ieri sera mentre scolavi un brandy! -
Bretagna si mise a ridere.
- Già, è vero…lo avevo dimenticato! Una delle cose positive della trasformazione è che sono stato disintossicato a forza, anche se mi è quasi costato la vita! -
- Per me è stato molto più faticoso ma, visto quello che poteva succedermi, forse è stato meglio faticare! Andiamo a casa? -
- No, grazie. - rispose Bretagna - Preferisco farmi un giro a piedi. Tu riaccompagna Françoise; domani vi racconto che mi ha detto Roy… Ci vediamo! -
Dylan salutò e salì in auto con la ragazza.
- …A dire il vero…- disse lei quando ebbero percorso qualche metro - …neppure a me va molto di tornare a casa…-
- Volevi fare una passeggiata con Bretagna? -
Françoise sorrise, pensando a quanto Dylan fosse poco malizioso, e aggiunse:
- No. Andiamo a casa tua. -

Intanto, proprio mentre Dylan e Fran si avviavano a casa di lui, Joe stava con Jet e Punma in un pub dall’altra parte della città.
- Carino questo posto! Come l’hai scovato, Punma?
Joe si sentiva tranquillo quella sera con Punma e Jet: entrambi erano abbastanza provati dalle loro situazioni sentimentali da non indagare sulla sua. Françoise aveva perfettamente ragione: nessuno aveva capito che stavano insieme… nessuno, nemmeno Dylan! Ma ormai aveva poco senso chiarire la cosa: aveva deciso di lasciarla andare per la sua strada e non sarebbe tornato indietro, anche se... le parole che Françoise gli aveva urlato in faccia dopo che lui aveva palesato i suoi pensieri l’avevano colpito non poco…”L’esplosione” di Jet lo distolse dalle sue riflessioni.
- Carino un corno! Tra tanti pub qui a Londra la probabilità che tu beccassi proprio questo era infinitesima e pure ci sei riuscito!
Punma e Joe lo guardarono interdetti.
- Potremmo invitare anche Albert e fare un bel tour d’Europa che comprenda questo pub, dove, per inciso, ci lavorava Jiuly, l’Opera de Paris, il ristorante di Isabelle a Madrid e la porta di Brandeburgo… Eh? Che ne dite?
I ragazzi capirono perfettamente cosa significasse quel pub per Jet e si guardarono l’un l’altro per uscire da quell’impasse, ma fu Jet stesso a sbloccare la situazione:
- Che banda di sfigati che siamo!
Sollevò il suo boccale di birra, la chiacchierata con Geronimo lo aveva sollevato al punto che riusciva perfino a fare ironia.
- Alla sfiga in amore!
Punma lo seguì subito sollevando il suo boccale e facendolo tintinnare con quello di Jet.
Entrambi guardarono verso Joe che esitava.
- Cos’è? Tu non ti senti uno sfigato in amore? Forse non hai ben presente la situazione: mentre noi stiamo parlando e bevendo, probabilmente il nostro “indagatore dell’incubo” si sta scopando una certa francesina!
- Se lei è felice così, lo sono anch’io…
Jet abbassò di colpo il boccale come se quello che aveva appena detto Joe gli avesse fatto cadere le braccia.
- Non puoi parlare sul serio!
- Perché no?
- Joe dicevi di amarla…
Joe lo guardò dritto negli occhi.
- Lo dico. E proprio perché l’amo, voglio che sia felice, che abbia vicino un uomo degno di lei, ma prima di tutto degno di questo nome!
- E quello ti sembra un uomo degno di lei?! - Jet si spazientì visibilmente.
- Che cosa ho da offrirle io? Non è meglio che stia con Dylan, anziché avere solo un uomo a metà?
Jet si rifiutò di aggiungere altro. Fu Punma a intervenire.
- Joe, posso capire come ti senti, anch’io mi sono sentito così quando Isabelle mi ha detto di volere una vita normale… ma Françoise… è inutile che ce lo neghiamo… è difficile che lei possa comunque avere una vita normale… Pensaci: anche se lei dovesse decidere di rimanere qui a Londra, cosa accadrebbe se la Black Ghost la rintracciasse? Credi che Dylan sia in grado di tenerla al sicuro? Mi sembra un tipo in gamba, ma stiamo parlando della Black Ghost!
- Potrà sempre contare sul nostro aiuto…
- Certo! Come no! È una passeggiata da qui al Giappone! E questo ammesso che Dylan non voglia solamente scoparsela e basta, come penso io!!!
Jet era spietato, ma quello era un aspetto che Joe non aveva minimamente considerato. Per lui chiunque sano di mente sarebbe rimasto sentimentalmente coinvolto con Françoise!
Joe rimase pensieroso al punto di restare intrappolato nel suo spazio-tempo come spesso gli accadeva. Fu risvegliato dal tintinnio del suo boccale che s’era scontrato quello di Jet, ghignante e soddisfatto per il suo affondo.
- Cin cin, sfigato masochista!
I ragazzi non poterono fare altro che scoppiare a ridere.
Superata quella fase critica, la loro serata fu piacevole e leggera. Lasciarono una ricca mancia sul tavolino e andarono via. Subito dopo aver chiuso la porta però Jet ebbe uno scatto. Di sfuggita, uscendo aveva incrociato degli occhi che… Non era possibile! Tornò indietro, riaprì la porta e si guardò in giro… No, si era sbagliato, ovviamente. Sicuramente era stata la suggestione di quel posto.
- Cos’hai dimenticato, Jet?
- Niente. Tutto ok.
Sorrise. Non voleva dire ai suoi amici che gli era parso di vedere Jiuly, l’avrebbero preso per pazzo.
- Andiamo, su.

Dylan fece strada a Françoise nell’abitazione di Craven Road. Le luci dell’appartamento erano spente e Groucho era evidentemente nel mondo dei sogni. Françoise si accomodò sulla poltrona nello studio, appoggiandosi al bracciolo con l’aria pensierosa.
- Cosa posso offrirti? -
- Ce l’hai qualcosa di forte? -
- Se ben ricordi, appena mezz’ora fa ho rivelato al tuo amico il mio passato da alcolista…ti pare che io possa avere in casa degli alcolici ed essere così sobrio e brillante?-
- Hai ragione…scusa.- rispose mortificata.
- …in compenso ho un thè molto forte! Se per te va bene…-
- Vada per il thè, ti ringrazio! -
Dopo cinque minuti Dylan tornò con due tazze fumanti in mano e ne porse una all’amica.
- Ora che siamo soli vogliamo parlare? Tu non sei una tipa dalla risata facile, ma stasera ridevi per ogni scemenza che dicevo e per te…bè, non è un comportamento normale! È successo qualcosa? -
- A dire il vero…ho avuto una discussione con Joe! -
- Lo immaginavo! È grave? -
- Si! Lui…lui non capisce! Mette i nostri sentimenti dietro a quello che siamo e crede di proteggermi, mentre invece non fa che ferirmi!! - Françoise non riuscì a trattenere le lacrime. Dylan cercò di essere conciliante.
- Se cerca di proteggerti, vuol dire che ti ama…-
- Ma io non voglio essere protetta!! -
- Capisco; alle volte è seccante sentirsi protetti, ma è anche positivo: Bloch e Groucho mi hanno sempre protetto, e non ti dico quante volte li ho mandati al diavolo per questo! Però, senza di loro, forse adesso non sarei neppure qui…-
- Dylan…è diverso: lui cerca di tenermi sotto una campana di vetro! -
- Bè, questo è già differente…Io immagino che, invece, sarei orgoglioso di avere accanto una persona forte come te…- gli sfuggì quella frase senza volere e, senza rendersene conto, le accarezzò i capelli sfiorandole il viso prima di bloccarsi di colpo. Françoise asciugò una lacrima e sollevò lo sguardo nei suoi occhi. Un velo di tristezza attraversava i lineamenti di Dylan e il suo sguardo aveva, al contempo, qualcosa di terribilmente magnetico. Françoise si lasciò andare completamente, appoggiandosi con la fronte sul petto di Dylan. Lui la strinse forte e, sollevandole il viso, cercò avidamente la sua bocca. L’energia che c’era tra loro era così potente da cancellare qualunque pensiero o senso di colpa della ragazza. E, dopotutto, perché sentirsi in colpa? Quello era esattamente ciò che Joe voleva e, forse, stavolta aveva davvero indovinato. Dylan sarebbe stato capace di amarla senza remore e timori, senza la paura di rivelare al mondo i suoi sentimenti e di farla sentire una donna vera e non solo una guerriera cyborg in lotta contro il mondo intero… Si baciarono con passione, con il cuore che batteva a mille. Continuando a baciarsi iniziarono a spogliarsi reciprocamente e, come tanto tempo prima, si ritrovarono di nuovo seminudi nel letto. Sentì le dita di Dylan sfiorarla pieno di desiderio, ed era ciò che voleva con tutta se stessa: voleva essere sua, voleva gemere al suo tocco, voleva liberarsi da un amore a senso unico. Dylan la sentì abbandonarsi: era finalmente sua… eppure capì che qualcosa non andava...
- Dimmi pure che sono un idiota! - disse il ragazzo, fermandosi all’improvviso e mettendosi a sedere sul bordo del letto, mentre la sua mano passava nervosa sulla fronte.
- Cosa c’è? - domandò lei, un po’ turbata - Non mi pare che, come dicevi tu, Joe stia con noi nella stanza! -
- Infatti non c’è, ma solo perché tu lo hai chiuso fuori la porta! Perdonami, ma preferisco sopportare i miei sensi di colpa, piuttosto che quelli degli altri! -
- Io…ora non mi sento affatto in colpa! -
- Solo perché la rabbia e, diciamoci la verità, la nostra attrazione reciproca, fungono da ”anestetico”, ma fidati, appena sorgerà il sole, i sensi di colpa spunteranno all’orizzonte! -
- Anche tu…- sussurrò lei, restando immobile stringendo a sé il lenzuolo.
- Si, anche io ti sto proteggendo!! Pensa tu che ipocrita, dopo aver criticato Joe! - Dylan si era seduto dandole le spalle, combattendo disperatamente contro i suoi desideri.
- Però…- aggiunse - non sto rinunciando a te. Ti voglio in questo momento più di ogni altra cosa e la verità…è che sono troppo avido: non voglio solo una notte. Voglio anche il tuo cuore! -
- Dylan…- Françoise era commossa e confusa. Gli si avvicinò da dietro, accarezzandogli i capelli scuri, così diversi da quelli color grano di Joe - …grazie. -

Il suono del messaggio svegliò Bretagna in piena notte. Con la mano tastò al buio il comodino finché, in un riflesso condizionato, non raggiunse il cellulare e lesse:
“Stanotte rimango da Dylan. Dì agli altri di non preoccuparsi. Ci vediamo domattina.”
Il contenuto del messaggio lo svegliò definitivamente, mettendolo in uno strano stato di agitazione. Si tirò su a sedere nel letto, con il bisogno di parlare a qualcuno di questa cosa. Di solito divideva la stanza con Chang, che però quella sera era tornato con Geronimo al Dolphin; vista la situazione, si augurò che Joe e Jet avrebbero fatto la stessa cosa! Svegliò quindi il suo attuale compagno di stanza.
- Hey, Albert! Sei sveglio? -
- Adesso si! - rispose l’amico, restando sdraiato di spalle.
- Ho ricevuto un messaggio da Françoise…-
Per tutta risposta, 004 sollevò il suo cellulare, mostrandogli lo stesso sms.
- Lo ha mandato anche a te? -
Albert si voltò, guardandolo.
- Si, poco fa. È più semplice intuire a chi non l’ha mandato! -
- Spero che Jet non lo venga a sapere: il fatto che Dylan la corteggia non gli va per niente a genio!-
- Se, come presumo, stasera ha alzato il gomito, non si accorgerà neppure che non è rientrata! -
- Sai che significa questo? Se resta con Dylan significa…che Joe l’ha persa…-
- Direi che non è un nostro problema. - rispose Albert freddamente.
- In un certo senso si, dato che anche noi la perderemo…-
004 sospirò.
- Ti stai preparando per interpretare il ruolo della mamma apprensiva? È una persona adulta, che sa quello che fa. E noi non possiamo farci nulla. Cerca di fartene una ragione.-
- Ma…ti rendi conto di come starà Joe?! -
- Si, ma ognuno è responsabile delle sue azioni e deve accettarne le conseguenze. - la logica di Albert era spietata ma inoppugnabile.
- Vorrei essere razionale come te, a volte! -
- Coraggio, cerca di non pensarci e dormi. Forse domani riusciamo a capire che fine ha fatto questo fantomatico dottor Raynolds!

L’indomani Dylan riportò Françoise a casa. Quella notte Joe non era tornato e, quando la ragazza rientrò col suo accompagnatore, Jet era ancora nel mondo dei sogni, mentre Bretagna, Albert e Punma facevano colazione.
- Allora, ce lo sveli questo arcano? - domandò Dylan a Bretagna, accomodandosi accanto a lui e versandosi un caffè.
- È presto fatto: nel suo delirio globale, Roy ricordava perfettamente una donna, assistente di laboratorio presso un centro di ricerche privato che opera qui a Londra nel settore farmaceutico; la tipa ha affiancato Raynolds per un periodo e, da quello che ho intuito, doveva essere anche un’entusiasta sostenitrice del suo operato, dato che lo ha pure aiutato a trovarsi una nuova location!-
- Ti ha detto che facevano esattamente? - domandò Punma - Qual’ era, di preciso, lo scopo delle sue ricerche? -
- Di questo non sapeva un bel niente; d’altronde è un addetto alle pulizie con problemi d’alcol! Però ha assistito a una “resurrezione”! -
- Magari è diventato alcolista subito dopo!- commentò Dylan.
- Non divaghiamo! - disse Albert - È possibile andare a parlare con questa donna? Sai come si chiama? -
- So dove lavora e si chiama Dora Filangieri! - annunciò 007 sventolando trionfante l’appunto della sera prima.
Dylan sbiancò di colpo e per poco non si strozzava col caffè.
- D…Dora Filangieri?! Per caso di origini italiane? -
- Con questo nome, direi di si! Se la conosci sarebbe un colpo di fortuna fantastico!-
- Purtroppo…la conosco! - ammise il ragazzo scuotendo con disappunto il capo.
- Perché fate tanto baccano?! Mi scoppia la testa! -
Jet uscì fuori dalla stanza a torso nudo con i capelli totalmente scarmigliati, abbracciando il cuscino.
Punma lo guardò con una nota di biasimo, mentre gli altri ridacchiavano.
- Te lo avevo detto, ieri notte, di non esagerare con le birre!-
- Non ho esagerato; sei tu che non sei normale: hai passato tutta la serata davanti allo stesso boccale, bevendo al rallentatore! -
- Mica cronometravano il tempo della bevuta! -
Françoise spostò la sedia per far accomodare Jet.
- Un bel caffè ti farà bene! - gli disse, sorridendo di nascosto.
- Dicevamo? - domandò Punma, rivolgendosi a Dylan - Quindi conosci quella donna? È una bella coincidenza!-
- Non riesco a definirla “bella”!
- Che vuoi farci - disse Bretagna - in un piccolo sobborgo rurale come Londra ci si conosce un po’ tutti!-
- Questa faccenda comincia a sembrare una caccia al tesoro! - commentò Albert.
- Non direi: in quel caso ci aspetterebbe un tesoro, non la casa dei morti viventi! - puntualizzò Seven.
- Come la conosci, questa tipa? Siete in buoni rapporti? - incalzò 008 - Perché, in questo caso, il gioco è fatto! -
- Come la conosca mi pare ovvio - intervenne Jet, mai troppo stanco per fare provocazioni - Se l’è scopata come, evidentemente, cerca di fare con tutte quelle che incontra! -
Quella battuta (che presupponeva la totale ignoranza dei fatti da parte di Jet nonché il suo pregiudizio nei riguardi del detective) generò un moto di fastidio in Françoise, bloccato immediatamente dal gesto fulmineo di Dylan, che le prese la mano.
- Non cerco di portarmi a letto tutte le donne che mi trovo davanti, te lo assicuro! - rispose con un sorriso - Ma, ahimè, devo ammettere che, in questo caso, hai ragione: tra di noi c’è stata una storia passionale durata ben tre giorni! -
- Come mai così poco? - domandò Bretagna.
“Come mai così tanto?” pensò Jet, mentre trangugiava un abbondante sorso di caffè per imporsi di tacere.
- A essere del tutto sincero… quella persona mi inquietava: quando ci stavo insieme era terribilmente possessiva; mi sembrava quasi di esserne fagocitato! E poi era ossessionata dal sesso: doveva essere leggermente ninfomane! Per non parlare delle sue idee! -
- Le idee sono l’ultimo problema, eh? - commentò di nuovo 002 sghignazzando - Non è che, alla fine, sei uno tutto fumo e niente arrosto? Tipo che duri una volta e poi basta? -
- Vorrei poterti dimostrare che ti sbagli, ma sarebbe…imbarazzante! Comunque, dopo tre giorni, le parlai chiaro e tondo dicendo che non intendevo vederla più e lei mi fece una sceneggiata, asserendo che avevo solo paura dei miei sentimenti e che, prima o poi, sarei tornato da lei! -
- …come, difatti, farai oggi! - disse 007 strizzandogli l’occhio.
- NO!! Cioè…mi rifiuto! Il solo pensiero mi fa venire i crampi allo stomaco! -
- Ma era anche brutta? -
- Affatto! Però vi ho già spiegato tutto, e poi… non mi piace che una donna mi metta le mani addosso mentre sono innamorato di un’altra! -
Di fronte a quella battuta Françoise divenne bordeaux, e Jet lanciò a Dylan un’occhiata che avrebbe potuto incenerirlo! Bretagna fece uno sguardo rassegnato e poi cercò subito di sviare l’attenzione, accostandosi a Dylan e prendendone di colpo le sembianze.
- …allora, per non farti soffrire, facciamo così! -
Il detective ebbe un moto di spavento e balzò istintivamente dall’altra parte.
- Scusa - disse 007 - dimenticavo che fa sempre un certo effetto, se non ci si è abituati! -
- N…no, figurati! - rispose Dylan, vergognandosi della sua reazione - Solo, la prossima volta, avvisami prima! -
- Adesso andiamo a trovare la signora! -
- Va bene, ma portati dietro questa! - intervenne 004, lanciandogli tra le mani un piccolo trasmettitore per permettere agli altri di ascoltare la conversazione a distanza.

Dylan conosceva bene il posto di lavoro di Dora; andarono tutti tranne Jet, al quale fu affidato l’incarico di raccontare agli altri gli ultimi aggiornamenti. 007/Dylan scese dall’auto per dirigersi verso quello che doveva essere l’ufficio della donna.
- Ma com’è fatta? Come la riconosco? -
- Non preoccuparti: quando te la troverai di fronte capirai che non puoi confonderla con nessun’altra! Piuttosto, dimenticavo: con lei parlavo solo in italiano! Come te la cavi? -
- Piuttosto bene, grazie! -
- E, mi raccomando - aggiunse Françoise - cerca di essere seducente e convincente! -
Un sorriso s’increspò sul viso di Dylan.
- Sono seducente e convincente? -
La ragazza arrossì nuovamente.
- Faccio quello che posso - rispose 007 - ma è un po’ complicato senza una cosa fondamentale…-
- Cosa? - domandò Dylan preoccupato.
- Un paio di tette!! Non è che, per caso, ce le hai? -
- Ti sembra che io abbia le tette?!? -
- Ehm…no, ma non si sa mai!! -
- E poi lei è una donna a cui piacciono solo gli uomini!! -
- Ok, va bene…vado! - vedere l’espressione tra l’imbarazzato e il divertito di 007 dipinta sui lineamenti di Dylan era decisamente comico!
- Il problema - disse 008 tra se e sé, appena Bretagna ebbe voltato l’angolo - è che lui sa perfettamente come seducono le donne ma non sa assolutamente nulla su come seducono gli uomini! -
- S…stai scherzando, vero? - fece Dylan.
Sulla faccia di Punma c’era scritto a stampatello: “si, sto scherzando, ma sto anche dicendo la verità!”, mentre Françoise ringhiava tra sé e sé:
“ E certo: per voi la seduzione si basa su sottigliezze come…un paio di tette!!”
- Speriamo bene - sospirò Dylan - ho un’immagine da difendere! -
- Se dovevi difenderla, non l’affidavi a 007! - rispose Albert, lapidario come sempre.
Dylan/ Bretagna entrò senza problemi negli uffici dove lavorava Dora, guardandosi attorno. C’era una moretta con gli occhiali che stava al computer.
“Sarà lei?” si chiese, avvicinandosi. Mentre stava per approcciarsi alla tipa, una voce squillante risuonò alle sue spalle.
- Dylan!! Ero certa che ti avrei rivisto! -
Si voltò e la figura che stava davanti a lui era quella di una donna procace, dai capelli ricci e scuri legati dietro, il cui camice faticava a stare abbottonato sul petto prosperoso.
- D…dora?- farfugliò, cercando di dissipare ogni dubbio.
- In carne ed ossa! Non dirmi che sei venuto qui senza pensare d’incontrarmi? - rispose lei con un sorriso malizioso, avvicinandosi e giocherellando col bordo della sua giacca.
“Qua vedo più carne che ossa!” pensò 007, deglutendo e ripetendo a se stesso: “Sono Dylan e l’ho lasciata perché non la sopportavo! Sono Dylan, sono Dylan, sono Dylan…”
- Ecco, a dire il vero sono venuto per un motivo preciso…-
- Dimmi pure! - lo esortò Dora, continuando a fissarlo dritto negli occhi con l’espressione trionfante, restando ad appena tre centimetri da lui.
- Si, dunque…si tratta di un mio amico…È un ricercatore e ha sentito parlare di un luminare nel campo della genetica, un certo dottor Raynods…-
Lo sguardo di Dora si fece per un istante sospettoso.
- Chi gli ha parlato del dottor Raynolds? -
- Di questo non ho la più pallida idea, ma, chiacchierando, ha fatto il tuo nome, dicendo che sperava di fare un colloquio…Appena gli ho detto che tu ed io…ecco…che tra noi c’era stato un rapporto abbastanza intimo, lui mi ha supplicato di parlarti per sapere dove poter incontrare questo professore.-
- E tu non ti sei lasciato sfuggire l’occasione, vero? - sul viso della donna balenò nuovamente un lampo di malizia.
- No, decisamente non potevo lasciarmela sfuggire! -
- Dylan, Dylan…lo sai che per venire qui non ti occorreva nessuna scusa! - detto questo, lo afferrò per il bavero della giacca e lo attirò a sé, baciandolo passionalmente. 007 rimase per un istante scombussolato, poi pensò che era meglio ricambiare. Gli amici, che ascoltavano tutto dall’automobile, si chiesero che stessero facendo. Dylan era terribilmente imbarazzato, come se fosse stato realmente lui al posto di Bretagna! Finalmente Dora mollò la presa.
- Non baci più come una volta, ma mi piaci da impazzire! -
Ascoltando quella frase, Punma e Albert fecero un eroico tentativo di trattenere le risate, prima di iniziare letteralmente a sbellicarsi!! Bretagna si ricompose a fatica, tentando di tornare sull’argomento “Raynolds”.
- A…allora puoi aiutare il mio amico? -
- Guarda, tesoro, non so davvero dove rintracciare il professore, dal momento che non è più a Londra - quella frase era chiaramente una menzogna, dato che Roy aveva detto che lei stessa lo aveva aiutato a traslocare! Evidentemente, il fascino di Dylan aveva dei limiti! - Tutt’al più potresti dirgli di venire qua, e poi vedremo cosa fare per lui…-
Mentre la donna parlava, l’occhio di 007 cadde sul cellulare che Dora teneva infilato nella borsetta. - Capisco…Sei stata davvero disponibile ed è stato bello rivederti - si avvicinò un po’ di più, per essere nuovamente soffocato dalla stretta di Dora. Staccò a fatica le labbra dalle sue, cercando di fare un sorriso di circostanza. Lei piantò gli occhi nei suoi, sussurrandogli:
- Dimmi che mi hai sempre amato, senza se e senza ma! -
007 avrebbe dovuto resistere, ma non ce la fece: la guardò con un’espressione serissima e le disse con convinzione:
- Ti ho mpre ato! -
Punma si coprì la faccia con entrambe le mani.
- Non ci posso credere!! Ha pure riciclato una battuta da internet!! -
- E quando gli ricapitava? - disse 004.
Il “Dylan fasullo” se la svignò approfittando dei pochi istanti in cui Dora lo guardava basita domandandosi il senso della battuta!
Tornando alla macchina, 007 riprese la sua forma e si appoggiò allo sportello, sbirciando dentro un silenzioso Dylan color aragosta e una Françoise che lo guardava arrabbiatissima per aver messo Dylan stesso in una situazione imbarazzante senza aver cavato un ragno dal buco!
- Bretagna!!!Sei un…un…!!!-
- No, ti prego, non dirmelo: lasciami così, sospeso nell’incanto del mistero!-
- Io… giuro che stavolta vorrei affogarti con le mie stesse mani! -
- Perché, le altre volte cosa avresti utilizzato? -
- Ti conviene tacere. - disse Albert.
- D’accordo. Solo una cosa, tesoro: quanto ci metti a clonare questo cellulare? - aggiunse Bretagna con un sorrisetto di soddisfazione, dondolando l’oggetto sottratto a Dora davanti agli occhi di Françoise.
Françoise fissò Bretagna alzando un sopracciglio, poi prese in mano il cellulare, cercando di fare, invano, una faccia seria.
- Ci metto circa venti minuti! - rispose.
- Bene, pensavo di più. Così, dopo, mi trasformo nell’uomo invisibile e vado a riportarglielo, prima che sospetti Dylan di furto! -
Punma fece un fischio di ammirazione.
- …però non baci più come una volta! - aggiunse Albert con un sorriso che gli arrivava sotto le orecchie! Bretagna gli diede un colpetto sulla spalla dall’esterno del finestrino, rispondendogli scuotendo il capo.
- La fanciulla mi ha preso contropiede! E poi io sono uno che ha bisogno di un po’ di sentimento per dare il meglio! -
Dylan quasi gli diede ragione.
- Dora non è per niente sentimentale, o meglio: comprende solo il sentimento del possesso! Io non sono così! - concluse, guardando per un istante Françoise negli occhi. La ragazza cercò di camuffare il rossore che le aveva di nuovo pervaso le guance cambiando discorso.
- Perfetto!- disse estraendo il computer - Se quella Dora non utilizza più di un telefono, da qui potremmo ricavare il numero di Raynolds e, magari, agganciare la località da cui sono partite le ultime telefonate! –

 

Capitolo 3

 

Dopo che Françoise si fu impossessata di tutti i dati contenuti nell’apparecchio, verificò che tra questi vi fosse il numero di Raynolds. Le aspettative non furono deluse e, con più calma, sul Dolphin, insieme a Joe e Punma, riuscirono a risalire alle ultime telefonate avvenute tra i due.
- Si trova una località della Scozia… un posto che, teoricamente, pare essere poco abitato. - annunciò 008 con sicurezza.
- Con quello che combina, mi pare logico che avesse spostato le ricerche in un luogo più isolato! -commentò Chang.
Ormai sapevano dove rintracciare il fantomatico professore e, quasi con certezza, l’origine di quel mistero. Tutti gli altri erano stati informati e sarebbero partiti per la Scozia in giornata insieme a Gilmore, portandosi dietro anche Dylan e Groucho.
Joe, Françoise e Bretagna passarono quindi da Craven Road per permettere a Dylan e al suo assistente di preparare un piccolo bagaglio e portarli al Dolphin. In verità, Joe non comprese lui stesso per quale ragione li avesse accompagnati… forse era solo uno dei tanti modi che aveva per farsi del male da solo, oppure… Era come se qualcosa, dentro di lui, stesse iniziando a ribellarsi allo stesso ragionamento che, a parole, continuava a difendere con tanta irrazionale tenacia. Per non parlare del fatto che Jet gli aveva messo una bella pulce nell’orecchio…
Se ne rimase, taciturno come sempre, appoggiato a una parete del corridoio di Dylan, mentre il detective aveva iniziato a riempire rapidamente uno zaino con poche cose, chiacchierando e scherzando confidenzialmente con Françoise che gli dava una mano per accelerare i tempi. Bretagna seguiva la scena dalla cucina, dove Groucho, che aveva avuto modo di sistemare prima la sua valigia, stava rimettendo in ordine le tazze del the. Sospirò, guardando Joe che guardava Dylan e Françoise, poi rivolse a Groucho una domanda.
- Scusami, posso chiederti come mai stai venendo con noi? Non sarebbe più sicuro che tu rimanessi qui? -
- È più sicuro che io tenga al sicuro il capo! -
- Ma… con noi non corre alcun rischio! -
- Sicuro? - domandò, gettando a sua volta un’occhiata a Joe. 007 capì al volo.
- In effetti… - disse rammaricato.
- Non è solo per questo. È anche per dargli un conforto durante il mal di mare! -
- Il mal di mare? - chiese Bretagna, senza capire a che si riferisse.
- La vostra astronave non è parcheggiata nel Tamigi? -
- A dire il vero, il Dolphin non è un’astronave, è…Ok, non so definire cosa sia esattamente, ma non è un’astronave! Comunque si, è “parcheggiato” nel fiume! -
- Bè, il mal di mare si soffre anche nel fiume! -
- Fammi capire…Dylan soffre il mal di mare?? -
- “Soffrire” non è un verbo che rende appieno il suo livello di sofferenza del mal di mare! È da qui che nasce il detto: “partire è un po’ morire”!-
- Immagino. E morire è partire un po’ troppo!- aggiunse 007.
Dylan completò il bagaglio e, senza rendersene conto, abbracciò appena le spalle della ragazza, quasi a volerla ringraziare dell’aiuto che gli aveva dato. Quel movimento spontaneo e involontario non sfuggì a Joe.
- Comincio a pensare che il capo voglia abbreviare le sue sofferenze e morire adesso! - commentò preoccupato Groucho, notando il lampo di fuoco che attraversò gli occhi del giovane cyborg e lo scatto che fece staccandosi dalla parete.
- Posso parlarti, Dylan? In privato!
Joe irruppe improvvisamente lasciando tutti un po’ sbigottiti. Françoise fece finta di niente, ma era visibilmente agitata all’idea che Joe volesse parlare con Dylan. Se avesse voluto parlargli della missione, avrebbe potuto farlo davanti a tutti. Che volesse parlargli di lei… che ci avesse ripensato? No, non era da Joe… allora cosa?
- Ma certo… andiamo nel mio studio.
- Andiamo fuori.
Il tono di Joe non ammetteva repliche. Dylan fu sorpreso, ma accondiscese.
Dylan e Joe si allontanarono parecchio dalla casa prima di fermarsi e cominciare a parlare.
- Senti, ragazzo, io sono un convinto pacifista e non voglio battermi con te!
Esordì Dylan a un certo punto.
- Dylan, tu non puoi batterti con me. Credimi se ti dico che mi basterebbe un dito per ucciderti.
Joe era più che minaccioso, ma Dylan non era certo il tipo che si lasciava intimorire da una minaccia di morte.
- Allora che cosa vuoi da me, ragazzo?
Il suo modo di chiamarlo ragazzo irritava Joe: Dylan si sentiva troppo l’uomo della situazione.
- Anche se ho l’aspetto di un ragazzo, non abbiamo molta differenza d’età… ma non è certo di questo che voglio parlare con te… Voglio sapere che intenzioni hai con Françoise.
Dylan lo squadrò da capo a piede prima di rispondergli.
- E a te cosa interessa?
- Mi interessa e come! Non mi sono fatto da parte per infilarla nel tuo letto!
- Ma sentitelo! S’è fatto da parte… Ma chi ti credi di essere, Joe? Pensi di poter giocare a scacchi col suo cuore? Di poterne fare ciò che vuoi? Sei solo uno sciocco ragazzo presuntuoso e immaturo!
Joe si spazientì e lo afferrò per la giacca sollevandolo di peso, ma Dylan continuò il suo attacco.
- Numero uno io non sono il rimpiazzo di nessuno! Non sarò la sua seconda scelta! O una scelta obbligata… Françoise merita molto di più di vigliacco come te! E merita di poter scegliere lei con chi stare! Tu non le toglierai il suo sacrosanto diritto di scegliere cosa è meglio per lei!
Joe fu colpito dalle parole di Dylan… Aveva ragione: era stato un presuntuoso a voler scegliere al posto suo, avrebbe dovuto lasciarla scegliere la sua strada e se Dylan fosse stato davvero migliore di lui… beh doveva accettare che fosse lei a lasciarlo… e non ritirarsi vigliaccamente.
Era ancora aggrappato alla sua giacca, anche se senza accorgersene l’aveva abbassato .
- E poi fammi capire una cosa, Joe… Di cosa hai paura? Che ci vada a letto e poi la lasci, così come hai fatto tu?
Joe spalancò gli occhi. Non era in grado di rispondere a una sola delle accuse di Dylan. Istintivamente lo scaraventò a terra, probabilmente più forte di quanto avesse voluto.
- Io… io l’amo.
- E allora perché le fai del male?
In quel momento arrivarono gli altri, preoccupati soprattutto di quello che poteva accadere a Dylan. Fu quest’ultimo, sollevandosi da terra, a far finta di niente.
- Tutto a posto! Stavamo discutendo animatamente e sono scivolato come un sacco di patate! - disse scherzosamente, rivolgendosi a Françoise. La ragazza non era stupida e non c’era bisogno di osservare lo sguardo colpevole e imbarazzato di Joe per capire che mentiva. 009 cercò di non fissarla e disse:
- Vi precedo al Dophin. -
Quando Dylan si voltò verso di lui, era misteriosamente scomparso.

Il Dolphin si allontanò da Londra verso la Scozia.
Durante il viaggio Dylan sembrava essere scomparso nel nulla e 006, generalmente premuroso con tutti, aveva iniziato a preoccuparsi.
- Dov’è Dylan? - domandò a Bretagna.
- Chiuso nel bagno a vomitare! Pare che soffra il mal di mare! -
- Ma se ci siamo alzati in volo! - obiettò il cinese.
- Non dirglielo: preferisce soffrire il mal di mare pur di evitare di volare! -
- Ha paura di volare … e soffre pure il mal di mare! - esclamò Jet con biasimo - Che mezza cartuccia! -
Françoise, che era accanto a lui, lo ammonì immediatamente.
- Sai benissimo che non ci si prende gioco delle debolezze altrui! -
Il ragazzo stava per ribattere qualcosa, ma lei, come se gli avesse letto nel pensiero, lo precedette:
- …E non dico questo perché, come pensi tu, mi sta a cuore Dylan!! Lo dico perché è così e basta!!-
Jet sbuffò e tacque: sbuffare e poi tacere era il suo modo personale per riconoscere di avere torto risparmiandosi le dovute scuse!
Il Dolphin atterrò finalmente dentro uno dei tanti laghi della zona, in modo da restare ben nascosto rispetto a quella che poteva essere l’area d’influenza dei loro nemici.
Dylan venne fuori dal bagno pallido come un cencio.
- Come stai? - gli domandò Punma, quasi spaventato dal suo aspetto.
- Fresco come una rosa! - rispose ironicamente, massaggiandosi la fronte.
- Una rosa bianca! - aggiunse 007.

Ora bisognava iniziare le indagini partendo da quello che era il primo villaggio abitato presente nell’area da cui erano partite le telefonate di Raynolds a Dora e viceversa. L’idea era quella di cercare, nel limite del possibile, di non destare troppa attenzione, considerando che non bisognava sollevare sospetti di possibili complici di Raynolds. Fu per questa ragione che si decise di inviare sul posto coloro che, se non altro per nazionalità e “colorito” della pelle, apparissero meno “eccentrici”. Oltre ai tre inglesi, ovvero Dylan, Bretagna e Groucho (ogni tentativo di tenerlo sul Dolphin si era rivelato inutile!), andarono Joe, Albert e Françoise.
Il paese era piuttosto piccolo e, immediatamente, si resero conto di essere osservati in modo un po’ troppo insistente dagli abitanti, come se, anziché passeggiare su una pubblica strada, si fossero introdotti dentro un appartamento privato!
- Cos’è questo, un altro pianeta? - fece 007 a Joe - Sembra quasi che stiano assistendo a uno sbarco alieno! -
- Evidentemente vivono da sempre isolati dal mondo! - rispose.
- D’altronde, per quale ragione qualcuno dovrebbe venire qua? - aggiunse Albert.
Entrarono in quello che sembrava il ritrovo del villaggio, un posto fumoso costruito in legno, e si accostarono al bancone, per sentirsi rivolgere dal tizio che serviva la domanda corale di tutti gli abitanti:
- Chi siete? -
Dylan rispose per tutti secondo la scusa che si erano preparati.
- Siamo un’equipe universitaria: antropologi, storici e pure un archeologo. - disse indicando Joe - Non avete sentito della scoperta che hanno fatto da queste parti? -
Ad Albert non sfuggì l’espressione contrariata e preoccupata che passò per un secondo sul viso del loro interlocutore prima di lasciare nuovamente il posto alla curiosità.
- Quale scoperta? -
- I resti di un’intera famiglia dell’età della pietra! Ne hanno parlato parecchie riviste specializzate! -
- Dylan, secondo te il signore legge quegli articoli pesantissimi che interessano a noi? - fece 004.
- Qua la cosa più vecchia che potete trovare è quello lì! - disse il tale, indicando un tizio seduto al tavolino di fronte, tra le risate di un paio di avventori.
- Interessante! - rispose Albert - Solo che a noi servono un po’ più anziani di qualche migliaio di anni! Insomma, per non affrontare ogni volta dei chilometri, ci chiedevamo se fosse possibile trovare un alloggio qui. -
Accanto a loro c’era un uomo col viso attraversato di cicatrici, che rispose in modo bellicoso.
- Non ospitiamo gli stranieri! -
- Non siamo stranieri! - disse Bretagna, ignorandone il tono - Siamo tutti sudditi di sua maestà! -
Il locandiere intervenne.
- Non badate a Red. Qui non ci sono alberghi. -
- È giusto che non ci siano! - disse Groucho - Noto che siete gente avveduta che non fa investimenti avventati! - Dylan lo fece tacere con una gomitata.
- Posso darvi tre stanze, nella casupola qui accanto; pagamento anticipato, dovete arrangiarvi e, al massimo dopodomani, dovete sloggiare! -
- Vedo che l’ufficio turismo funziona alla grande! - commentò Groucho.
- Grazie mille! - concluse Albert - Possiamo sistemarci al tavolo laggiù e mettere qualcosa sotto i denti? -
- O anche attraverso i denti? - fece Groucho, notando la zuppa appena pronta.
Il tizio annuì e il gruppo prese posto.
- Sentite - disse Bretagna sottovoce, sorseggiando una birra - questo posto è tale e quale al set di “un lupo mannaro americano a Londra”! Potrebbero cacciarci da un momento all’altro nella notte, raccomandandoci di non passare per la brughiera e di non abbandonare il sentiero!-
- L’avevo notato! - fece Dylan.
- Mi sembra impossibile che Raynolds possa nascondersi qui - aggiunse 007 - se così fosse, sarebbe già stato divorato dai lupi! -
- Non tirare conclusioni affrettate - disse Joe - dopotutto, non sappiamo nulla di queste persone! -
- Cercherò di tenere occhi e orecchie bene aperte! - disse Françoise.
- A dieci chilometri da qui c’è un villaggio abbandonato - continuò 009 - Domani ci incontreremo con gli altri direttamente in quel posto: se Raynolds si nasconde, presumo che lo faccia dove nessuno possa notarlo! -

La notte non fu una delle più rilassanti, considerando la scomodità dei letti e l’aspetto lugubre delle stanze. All’alba il gruppo si ritrovò con Geronimo, Punma e Chang sulla collina che dominava un vero e proprio villaggio fantasma, abbandonato da chissà quanti anni.
Jet era rimasto con Ivan e col professore: vagare in posti disabitati e fingere diplomazia con quattro “selvaggi” non era decisamente il modo migliore per distendere la mente da quella che, purtroppo, era diventata la sua ossessione fin da quando erano partiti in missione, cioè il ricordo di Jiuly e i rimpianti che lo accompagnavano.
Punma e Geronimo andarono con Groucho a esplorare le campagne che circondavano l’abitato, mentre gli altri entrarono tra le case.
- Questo tipo di ruderi mi hanno sempre fatto terrore!!- disse 007 guardandosi attorno, senza nascondere minimamente i suoi sentimenti.
- Facevi anche l’architetto? - lo canzonò Chang, il cui spirito pragmatico gli impediva di temere ciò che non si palesasse direttamente allo sguardo.
- Ah-ah! Molto divertente! - ribatté l’amico, aggiungendo con convinzione: - Nelle case antiche aumentano le possibilità che vi siano entità misteriose! -
- E perché mai?- domandò Françoise con un sospiro rassegnato.
- Ovvio: ci sono morte più persone nel corso del tempo! -
- Ti assicuro che la presenza di spiriti non è assolutamente collegata alla vecchiaia delle mura!- puntualizzò Dylan.
- Spero sinceramente che voi due non stiate sostenendo seriamente questa discussione! - intervenne Albert.
- Tu non ci credi, agli spiriti?- domandò Bretagna.
- No. E non vedo come si possa temere l’inesistente! -
- Inesistente non direi proprio! - ridacchiò Dylan - Comunque il timore è comprensibile: un’entità priva di corpo è metamorfica, ambigua e sfuggente oltre che misteriosa: è naturale che ci metta a disagio! -
- Grazie per aver definito “disagio” il mio terrore folle! -
- È inutile stare tutti insieme - disse Joe - se ci dividiamo in gruppi troveremo prima qualcosa.-
- C…come dividerci?! - protestò 007.
- Sono d’accordo! - rispose Dylan - Io vado con Albert in quella villetta all’angolo, voi cercate in questa più grande -
Detto questo, si separarono.
L’abitazione in cui entrarono Joe, Françoise, Chang e Bretagna era decisamente enorme.
Stavano stabilendo chi dovesse controllare il piano superiore, quando un cigolio li fece voltare di scatto.
- N…non è nulla! Stupide assi di legno!-
- Non…non sono le assi in legno! - esclamò 003, indicando le due sagome scure barcollanti che uscivano da una stanza avanzando verso di loro - …e non sono i soli! -
In breve tempo, come se si fossero animati improvvisamente, più corpi semi putrefatti sbucarono da tutte le stanze che si affacciavano sul salone centrale.
- Santo cielo! - balbettò Chang, iniziando a sparare.
- Mirate alla testa! - urlò 009, vedendo altri cadaveri apparire in cima alle scale.
- Sembra di stare nel videogame di Jet!! - disse 007, faticando a prendere la mira.
Uno zombie stava quasi per addentare 006, ma fu incenerito all’istante da lui.
- …che poi non capisco per quale bizzarro motivo cercano di nutrirsi! - commentò Chang.
- Probabilmente tentano di prolungare o rievocare ciò che facevano in vita. - rispose Joe, continuando ad abbatterli.
- Intendi dire che, se consegniamo loro dei cellulari, si metteranno a chattare nei social? - fece Bretagna, che cercava di distrarsi dalla situazione.

- Io vado a controllare di sopra! - disse 004 a Dylan, salendo le scale con circospezione.
Al piano terra non c’era niente di niente: nulla che facesse pensare a un laboratorio, carte o presenza umana. Seguendo le classiche intuizioni che vengono ai protagonisti dei film horror, Dylan trovò una botola e pensò bene di controllare in cantina.
“Le cantine nascondono sempre qualcosa!” disse a se stesso.
Lo spazio sotto la casa appariva, sotto la luce della torcia elettrica, molto più ampio dell’appartamento stesso. Dylan si guardò attorno e, come aveva intuito, c’era “qualcosa”: corpi appoggiati alle pareti, immobili come statue, che lo guardavano con gli occhi vuoti. Il fascio di luce che li colpì fu come un segnale che li mise in moto. Avanzarono verso il detective, aprendo e chiudendo meccanicamente le bocche con un movimento che dava loro un’aria famelica.
“Colpire il cervello.”
Sparò più volte, mentre, da lontano, arrivava il rumore degli spari di 004, evidentemente “impegnato” anche lui.
Dylan si rese conto di essersi cacciato in un vicolo cieco. Tuttavia, il problema più grosso non era tanto avere le spalle al muro, quanto aver esaurito tutti i proiettili della sua arma! Pensava di dover abbattere al massimo uno o due morti viventi, ma quello era un intero cimitero in movimento che gli avanzava contro!
“Se almeno fossero veloci, finirebbe subito!” pensò sudando freddo, incredulo di star per morire in quel modo.
All’improvviso, mentre le mani decomposte si allungavano su di lui, percepì una specie di spostamento dell’aria e vide i crani dei cadaveri che aveva di fronte aprirsi come se li avesse colpiti una spranga invisibile.
Joe apparve dal nulla in mezzo ai corpi caduti. Era stato lui: avrebbe potuto lasciarlo nei guai, ma lo aveva salvato.
Dylan si ricompose e gli sorrise con gratitudine.
- Bretagna dice che sei masochista e, non avendomi fatto morire, forse è vero, ma non è facile trovare qualcuno che faccia una cosa del genere! Inizio a capire perché Françoise ti ama! -
Joe restò un istante scioccato nel sentire quella frase, ma, non volendo aprirsi proprio con Dylan, si riprese subito e cambiò argomento.
- Ma gli inglesi non erano freddi e non parlavano mai di sentimenti? -
- Non so, ci abiti con un inglese: fa un po’ tu! -
- Abitare con 007 non è come abitare con un inglese, è come abitare con un alieno! -
Dylan fu contento che fosse avvenuta quella specie di “scongelamento”: non amava le atmosfere tese e vedere che Joe, nonostante la loro rivalità, fosse capace di un gesto come quello di poco prima, lo convinse di essersi fatto un’idea sbagliata di lui. Anche Joe, d’altra parte, capì che Dylan non era semplicemente un tipo con un “bel faccino” capace di far colpo sulle donne, ma possedeva molte più qualità di quel che immaginasse; in un'altra situazione, forse, sarebbero diventati grandi amici… Tuttavia quello non era il momento giusto per fare simili considerazioni: all’esterno infuriava una vera e propria battaglia tra i loro amici e un’inquietante orda di corpi semidecomposti. Anche Punma e Geronimo erano stati chiamati in soccorso e sembravano abbastanza in difficoltà. L’intervento di 009 fu provvidenziale come sempre, ma, dopo che il gruppo che li circondava fu sbaragliato, 003, guardando attraverso il suolo e attraverso le case, disse loro che c’erano almeno altrettanti zombie , per cui decisero di darsi rapidamente alla fuga. Salirono lungo le pendici della collina che sovrastava il villaggio e si fermarono un attimo per prendere fiato, sperando di non essere seguiti. Erano tutti scioccati e inorriditi, soprattutto 007, che sembrava essere andato in tilt.
- È …è assurdo!! Se ci penso mi vengono i brividi!! Non voglio più vedere un morto vivente neppure nel gioco di Jet, nemmeno in un B movie di quelli comici dove lo zombie sbatte contro un albero! Anzi, Dylan, mi meraviglio di te: come fai ad andatene al cinema a vedere certi film?! Io…se il prossimo halloween bussa un bambino vestito da zombie o scappo in camera mia oppure gli sparo!!-
- Ok, calmati! Bevi un bicchiere d’acqua! - disse 009, cercando di tranquillizzarlo.
- Un bicchiere d’acqua??? Joe, guarda che non è mica sbucato l’idiota di turno facendo “bù”! Dico, li hai visti?!? Se non avessi l’adrenalina alle stelle, vomiterei solo a guardarli dentro un fumetto!!-
- Si, li ho visti. E sto cercando di non pensarci, dato che ci seve lucidità: non è ancora finita! -
Infatti, lungo le pendici della collina, almeno una ventina di morti viventi arrancava verso di loro; le loro sagome, in contrasto con il prato verde che riluceva sotto il sole, producevano un effetto grottesco. I cyborg armarono le pistole pronti a far fuoco, quando, improvvisamente, gli zombie si fermarono di colpo e, lentamente, fecero retromarcia, come se un segnale invisibile li avesse richiamati indietro.
- Ma cosa…?! - esclamò Dylan, sollevato e stupito al tempo stesso.
- Una specie di corrente elettrica. - disse Françoise. Gli altri si voltarono verso di lei con lo sguardo interrogativo e la ragazza cercò di spiegare ciò che aveva avvertito. - C’è stato una specie di flusso elettrico che ha attraversato l’aria e loro lo hanno seguito…non vi so spiegare cosa possa averlo generato, ma l’ho sentito distintamente. -
- Sicuramente è partito da lì. - disse Joe, indicando una sorta di palo della luce che sorgeva esattamente al centro del villaggio - Come abbiamo fatto a non notarlo prima? -
- Evidentemente avevamo già troppe cose da notare! - rispose 007.
- È come se qualcuno avesse voluto creare una specie di recinto invisibile per non farli uscire liberamente. - osservò 004.
- Credo che dovremmo tornare a guardare meglio - disse Joe - magari prendendo qualche precauzione in più. -
- Tipo che ci mascheriamo da zombie per non farci riconoscere? - disse Groucho.
- Tipo che ci torniamo in volo, ad esempio! - spiegò Joe.
- Non immaginavo di trovare una cosa del genere! - esclamò Punma.
- Mi pare ovvio, dato che di professione non scrivi racconti macabri! - disse Bretagna.
- Intendevo dire che, in passato, avevo ascoltato diverse storie sui cosiddetti “zombie haitiani” e mi aspettavo qualcosa del genere: secondo le credenze popolari, esistono alcuni sacerdoti vuduisti, chiamati bokor, in grado di catturare una parte dell’anima delle persone, riducendo il loro corpo a un involucro vuoto pronto a eseguire qualunque ordine. Molte persone vivono davvero nel terrore che qualcuno possa rubare loro l’anima, trasformandoli per sempre in schiavi. Tuttavia, esistono anche versioni “realistiche” di questi racconti, dove individui privi di scrupoli non esiterebbero a somministrare a povera gente una droga in grado di indurre la morte apparente: le vittime, dopo la sepoltura, verrebbero riesumate e risvegliate con un antidoto, ma ormai il loro cervello sarebbe simile a quello di un lobotomizzato e, grazie alla loro incapacità a ribellarsi, sarebbero asserviti come schiavi nelle piantagioni di canna da zucchero. -
- 008, gli zombie di cui parli tu non sono così palesemente…morti! - sospirò Joe.
- Infatti questi zombie non sono affatto come quelli haitiani. - disse Punma.
- Lo so - rispose 007 - sono inglesi! La differenza è che hanno l’ora del the! -
- Se l’intento di questo pazzo è quello di creare dei servi, è molto simile a quanto abbiamo assistito da parte di molti scienziati al servizio dei Black Ghost…- considerò Albert.
- Tipo?-
- Tipo il dottor Lemming, tanto per fare un esempio…-
- Degli schiavi…- rifletté Joe - Mi sembra improbabile…Sono imponderabili e scoordinati…al massimo potrebbero fungere da cani da guardia. A meno che non vengano “sguinzagliati” a devastare un paese. -
- Quindi una sorta di arma? - chiese Dylan - Mi sembra già più probabile. -
- Si, ma, dopotutto, ci sono metodi di distruzione molto più efficaci; questo è “valido” solo se si intende terrorizzare il nemico! - disse Chang.
- Personalmente - riprese Punma - inizio a pensare che l’intento non sia quello di ottenere schiavi o armi, ma sia molto più ambizioso…-
- Che intendi? - domandò Joe.
- Che l’obbiettivo che questo pazzo cerca di raggiungere è lo stesso del dottor Frankestein: la vita eterna! -
- Se vogliamo star lì a sottilizzare - disse 004 - neppure quest’obbiettivo mi sembra molto pratico! -
Il dibattito fu interrotto da 003, che si era messa in posizione di allerta e questo non significava quasi mai niente di buono.
- Qualcuno…qualcuno sta urlando!! - esclamò Françoise, voltandosi di scatto verso il villaggio.
- Sarà il nostro campanello a Londra! - disse Groucho - Corro ad aprire! -
- C’è qualcuno, in una delle case! Dobbiamo fare qualcosa!! -
- Portiamo il sale e il pepe agli zombie? - ribatté Groucho.
- Dobbiamo tornare indietro! - gridò 008, correndo verso le case.
- Aspetta! – lo fermò Joe - Me ne occupo io: recupero questa persona e torno indietro! 003, da che parte proviene la voce? -
Françoise si concentrò e indicò con sicurezza una delle abitazioni al margine del paese, esattamente di fronte a loro. 009 scomparve e si materializzò nuovamente tra le case, ritrovandosi da capo circondato dai morti viventi; per lui non fu assolutamente un problema farsi strada e sbaragliare la dozzina di zombie che assediava gli ingressi della villetta da cui provenivano le grida terrorizzate di una donna.

Dopo meno di dieci minuti stava risalendo lungo il fianco della collina sorreggendo la sottile figura di una giovane.
- È tutto a posto: là dentro c’era solo questa ragazza e, grazie al cielo, sta bene. - disse Joe.
- M…ma t…t…tu sei…- balbettò Bretagna, sbiancando visibilmente.
- Si, sono io. E sono viva. -
- Ma chi sei? - domandò il ragazzo, guardando prima le facce basite di Bretagna, Geronimo e Françoise, poi la tipa spuntata dal nulla.
- Joe, lei è…è…Jiuly! - disse Françoise con la voce tremante.
- Jiuly?! La Jiuly di Jet?!? -
- Beh, è proprio il caso di dire “chi non muore si rivede”! - disse Dylan, cercando di sdrammatizzare. Gli altri avevano delle espressioni che oscillavano tra lo sbigottimento e la rabbia.
- Come hai potuto fare a Jet una cosa del genere??? Esiste una cosa chiamata “umanità”, non lo sai?!- sbraitò 007, al colmo dell’indignazione.
- Calmati, 007! - lo trattenne Geronimo - Forse ha una spiegazione valida da darci! -
- I…io non devo spiegazioni a nessuno!! Questa è la mia vita e non devo render conto agli altri delle scelte che faccio, men che meno…agli assassini di mio padre!! - neanche un secondo dopo aver completato la frase, avvertì un improvviso bruciore alla guancia. Lo schiaffo, partito dalla mano di 003, lasciò tutti a bocca aperta, perfino la stessa Françoise, che, dopo aver fissato le sue dita come se appartenessero a un’altra persona, sentì gli occhi riempirsi di lacrime e si allontanò dal gruppo. Joe la seguì automaticamente, precedendo Dylan, che rimase con gli altri.
- Cosa ti dicevo, che sono il meno manesco del gruppo? - gli fece Bretagna.
- Capo, se vuoi continuare a farle la corte fammelo sapere: ti compro una maschera di ferro prima che ti deturpi i lineamenti! -
Dylan mandò Groucho a quel paese col gesto della mano, poi si voltò verso Jiuly.
- Mi ricresce dirtelo, ma lo sai che te lo sei meritato? -
La ragazza rimase in silenzio un attimo, prima di rispondere.
- Si, immagino di si…-
- Immagini bene - continuò 007 - è un miracolo che io non abbia tirato fuori i pon - pon per fare la ola a Françoise! -
003 si era fermata dietro la parete di una delle case, cercando di bloccare le lacrime che continuavano a scendere contro la sua volontà. Joe le appoggiò una mano sulla spalla, facendola voltare.
- Io…non volevo! - disse Françoise - non so cosa mi sia preso, ma in quel momento…forse è questa maledetta situazione che mi sta distruggendo i nervi! -
Joe la guardò, parlandole con la dolcezza di cui solo lui era capace in certi momenti:
- Capisco quello che provi: ci ha chiamati “assassini” e, in più, ha calpestato i sentimenti di Jet…ma noi sappiamo cosa spinge le nostre azioni, sappiamo quanto ci costa fare ciò che facciamo e quanto crediamo nella nostra lotta…qualunque sia il modo in cui gli altri ci considerano! -
- Si, ma perché…perché dobbiamo avere a che fare con tutto questo?? Io…non riesco ad accettarlo! Anche se questa è la mia vita, non riesco ad accettarlo!!!-
Joe avvertì chiaramente che quei sentimenti erano anche i suoi: Françoise esprimeva con le parole ciò che lui non riusciva a esprimere…Non poté fare a meno di stringerla, facendo fluire il calore di quel pianto sul suo petto. Lei si abbandonò a quell’abbraccio che non sentiva da tempo. Non poteva sbagliarsi: era nelle braccia di Joe che lei si sentiva “a casa”, che ritrovava la parte che completava il suo essere, al di là di tutti i dubbi. Appena si fu calmata, Joe allentò un po’ le braccia, poi ricominciò a parlare.
- Forse…forse ha ragione Geronimo, forse ci sono delle ragioni che hanno spinto quella ragazza a fare certe scelte…lei non è come suo padre, ha cercato di riscattarsi, eppure non è facile aver a che fare con la realtà dei fatti…-
- Lo so…è per questo che non dovevo farmi prendere così dalla rabbia! -
Il ragazzo l’abbracciò di nuovo, questa volta con un sorriso divertito.
- Comunque devo ringraziarti per avermi “salvato”: non l’ho picchiata io perché mi hai preceduto!-
Françoise lo guardò con gli occhi increduli e poi…scoppiò a ridere!
- E hai salvato anche Jiuly - continuò - ci pensi dove le sarebbe finita la testa se l’avessi schiaffeggiata io? -
- A questo punto mi sa che l’ho risparmiata da un pestaggio: t’immagini se, dopo il tuo gesto, anche Geronimo e Bretagna si fossero sentiti autorizzati a intervenire? - disse lei ridendo, facendo scoppiare a ridere anche Joe.

Ormai gli animi si erano calmati: le due ragazze si erano fatte delle reciproche scuse ed era il caso di lasciare quel luogo di morte e di chiarire la situazione. Jiuly invitò gli altri a recarsi alla pensione dove alloggiava e lì, davanti a una tazza di the, giunsero infine le tanto sospirate spiegazioni.
- Dopo aver scoperto la verità su Enferest e su mio padre, ero sconvolta. Ero lì, in un letto di ospedale e l’unica cosa che speravo era che mi facessero dormire per non pensare più a niente, per non sentire più quel dolore. Riflettevo addirittura sul fatto che sarebbe stato meglio se fossi morta nel covo di quello scienziato. Entrò il medico accompagnato da un tale in giacca e cravatta; pensai che fosse un ispettore di Scotland Yard che voleva interrogarmi, ma non potevo immaginare che di fronte a me stava uno dei pezzi grossi dei servizi segreti britannici! E qui mi ritrovai in una di quelle situazioni che pensavo accadessero solo nei film: il tipo, che conosceva praticamente ogni cosa di me, mi propose di lavorare per lui. Disse che la mia esperienza e le mie competenze sarebbero state molto utili e che, se fossi diventata un agente segreto, mi avrebbero sollevata da ogni accusa, ma avrei dovuto cancellare ogni traccia della mia vita precedente…
- Quindi, ti propose di fingerti morta e ricominciare tutto da capo.- Dylan completò la frase e Jiuly annuì.
- E TU HAI ACCETTATO DI FARE UNA SIMILE CASTRONERIA?! - sbraitò istintivamente 007, bloccato immediatamente dallo sguardo severo di Geronimo;
- Infondo era proprio quello che desideravo in quel momento: sparire!
007 si ricompose, incrociando irritato le braccia, senza trattenersi dal farle un ultimo rimprovero:
- Non ci hai pensato neanche per un attimo, non dico a Jet, ma almeno a May e Charles?-
- Se ci ho pensato?!? È logico, che ci ho pensato!!! - scattò su la ragazza - Ma tu non puoi sapere come mi sentissi in quel momento e come mi sento ancora adesso!! Avevo perso la mia famiglia di origine in ogni senso possibile, avevo collezionato in un solo colpo un passato e un allora presente ingombrante, mi ero arruolata io stessa coi fantasmi neri! E l’unica cosa che desideravo era riscattarmi… cancellare l’operato mio e di mio padre facendo qualcosa che fosse buono per tutti! -
Ascoltando quello sfogo, lo sguardo degli altri si fece mesto e anche Bretagna si pentì quasi di averla attaccata. Jiuly continuò:
- …E non puoi sapere quanto stessi male solo immaginando la scena in cui il medico, pagato dai servizi segreti, avrebbe annunciato a May e Charles la mia morte… Ma ormai non faceva troppa differenza: la vecchia Jiuly, illusa “paladina della giustizia”, era morta per davvero e non volevo che vivessero accanto al fantasma di ciò che ero stata un tempo per loro…-
Calò un silenzio pesante: Dylan, Bretagna, Françoise e Geronimo rivissero quello spiacevole momento della loro vita, quando il medico aveva detto loro che Jiuly era morta e si resero conto di quanto fosse vero, nonostante tutto. Joe sospirò e cercò di deviare il discorso: quello, ormai, stava diventando troppo doloroso.
- Jiuly, quindi tu stai indagando su Raynolds per conto dei servizi segreti? -
- Si, è così. Ma, com’è ovvio, non posso rivelarvi un bel niente, altrimenti i servizi segreti non sarebbero più così… “segreti”!-
- So che è così - ribadì Joe - ma credo che tu sappia perfettamente che neppure noi lavoriamo troppo alla luce del sole e immagino che scambiarci un po’ d’informazioni potrebbe tornare utile sia a noi che a te. -
- Mi stai proponendo una collaborazione? - per un istante nello sguardo di Jiuly apparve una specie di lampo d’odio: in quell’attimo lei era la figlia del dottor Lemming, ucciso dai cyborg di Gilmore. Fu solo un attimo, che non sfuggì agli occhi penetranti di Joe.
- Solo se te la senti. Comunque, personalmente, credo che il fatto che ci siano molte vite in pericolo sia decisamente più importante della segretezza delle nostre indagini o dei sentimenti che possiamo nutrire reciprocamente. -
La ragazza rimase pensierosa.
- In ogni caso - intervenne Albert - penso che, vista la pericolosità di quel villaggio infestato, è meglio se tu ne rimanga alla larga! -
- Ma bene! - esclamò Jiuly ironicamente - adesso venite pure a dirmi che devo fare? -
- Non mi permetterei mai: ognuno è libero di finire i suoi giorni come meglio crede! Ti faccio presente che, quando ci siamo incontrati, tu eri leggermente in difficoltà! Ma tanto, se fai una brutta fine, non cambia la vita di nessuno: tu sei già morta! -
Jiuly lo fulminò con gli occhi; Albert riusciva a dire cose veramente cattive senza scomporsi mai, neppure davanti allo sguardo di rimprovero di Françoise.
- Jiuly, ha ragione Albert: resta fuori da quel posto! - concluse Joe, alzandosi dal tavolo e avviandosi alla porta, seguito dagli altri - …E, se ti va, valuta la nostra proposta! -

Quando si furono allontanati, tutti espressero alcune perplessità.
- E ora chi lo dice a Jet? - esordì Bretagna.
- Non sono del tutto convinto della proposta che hai fatto a Jiuly. - osservò 008 - Non so quale sarà la reazione di Jet… -
Joe restò muto e pensieroso, ma ora il suo sguardo rivelava tutta la preoccupazione e vulnerabilità che si era ben guardato dal mostrare a Jiuly.
- Joe ha fatto la cosa più logica per accelerare le indagini e tenere quella ragazza fuori dai guai. - commentò 004.
- Però che dobbiamo fare con Jet? - chiese 007, molto preoccupato per l’amico.
- Forse l’unica cosa opportuna è temporeggiare per trovare il momento migliore per parlargli…- propose Punma.
- Credi che esista un “momento migliore”? - obiettò Chang.
- Pensandoci bene…no! -
- E se non scoprisse nulla? - azzardò Bretagna.
- Lo conosci: sai già che non è né cieco, né stupido! - ribatté Albert.
- Dobbiamo dirgli la verità, in un modo o nell’altro. - disse Joe.
- Immagino che non sia facile. - intervenne Dylan.
- Prendiamoci un po’ di tempo e vediamo di trovare, più che il momento migliore, il modo migliore per dirglielo! -

La seconda sera trascorsa in quello che Groucho aveva battezzato “il villaggio del buonumore” il gruppo di amici si accorse che gli sguardi degli abitanti, piuttosto che essersi ormai abituati a loro, si erano fatti, se possibile, ancor più indagatori e ostili.
- Ci hanno presi in simpatia! - ironizzò 007 - Se va avanti così ci supplicheranno di restare!-
- Già! - sorrise 004 - Scommetto che non vedi l’ora di trasferirti definitivamente! -
- Personalmente non so se sono più inquietanti queste persone o gli zombie! - disse Dylan.
- A me spaventa soprattutto quell’omone con i baffi e il rossetto! - fece Groucho, indicando la figura massiccia che asciugava i piatti in un angolo del pub.
- Ma è una donna! - rispose ingenuamente Françoise.
- Proprio per questo mi spaventa! - ribadì Groucho.
- Sentite - disse Joe - propongo di estendere le nostre ricerche nelle aree limitrofe al villaggio infestato: prima di tornare a rischiare in quel posto è meglio verificare se Raynolds alloggia altrove; mi sembra poco probabile che qualcuno vada ad abitare in compagnia dei morti viventi! -
- E che ne sai? - fece Bretagna - magari gli stanno simpatici! Anzi, potrebbe darsi che il suo piano non sia quello di conquistare la vita eterna, come ipotizzava Punma, ma semplicemente di farsi qualche amico! -
- A questo punto veniva a farsi amici gli abitanti di questo posto: emanano la stessa simpatia! - disse Groucho.

L’indomani fecero quanto aveva proposto Joe, ma ogni ricerca fu inutile. Il giorno successivo avrebbero lasciato il villaggio e sarebbero tornati a ispezionare il “paese dei morti viventi”; questa volta, però, l’aiuto di Jet sarebbe stato indispensabile. Jiuly sembrava scomparsa nel nulla, ma era scontato che stava anche lei procedendo con le indagini; l’unica cosa che Joe e gli altri speravano era che avesse spostato l’attenzione da qualche altra parte; d’altronde, vista la pericolosità di quel posto, non era pensabile che vi si fosse nuovamente avventurata da sola!
Questa volta decisero che, allo scopo di avvicinarsi a quello che era il centro del villaggio, si sarebbero mossi solo Jet, che avrebbe portato Albert in volo, Geronimo, la cui pelle era impenetrabile dalle deboli mascelle dei morti e al quale bastava un dito per liberarsi di qualunque zombie, Bretagna, che, potendosi trasformare in uccello, non avrebbe corso alcun rischio, e, naturalmente, Joe.
Iniziarono la perlustrazione dall’alto, ma non si notava niente di sospetto e lo strano “palo della luce” pareva essere esattamente ciò che sembrava. Decisero di controllare da vicino e, come da copione, furono immediatamente circondati da una folla di morti viventi. Dopo un primo istante di stupore, 002 iniziò quasi a prendere gusto alla sparatoria!
- Se mi dicevate che si poteva fare il tiro al bersaglio, sarei venuto anche prima!-
- Naturale: sei in un videogioco in 3D! - disse 004.
- Avete trovato niente? - domandò 007, svolazzando su di loro in forma si corvo.
- Niente! - rispose Albert - E non farmi deconcentrare! -
- Però l’abitazione che si affaccia sulla piazza centrale ha una struttura differente dalle altre! - osservò Joe, affiancandosi agli amici con la pistola.
- Come ti viene in mente di ragionare di architettura in un momento simile? - fece Jet.
- Intendo dire che sembra restaurata da poco, mentre le altre case sono tutte danneggiate dal tempo!-
- Non ti seguo! Poi mi spieghi! -
- La verità è che la prossima volta dobbiamo portare 003: con uno sguardo ci risolve tutto il dilemma! - disse 007.
Involontariamente, Joe gli rivolse un’occhiata di biasimo, mentre Jet disse:
- Giusto! Me ne occuperò io di trasportarla fin qui! -
- Allora si torna nel pomeriggio? -chiese 005, mentre con il taglio della mano spaccava un paio di crani.
- Ma si! Così vediamo se ci offrono davvero un thè! - rispose 007.
Si allontanarono verso il confine del villaggio, con l’idea di aver seminato l’orda in decomposizione, quando, proprio al margine dell’abitato, sbucò fuori un altro gruppetto sparuto di zombie.
- Non finiscono mai?? - esclamò 004, abbattendone tre.
Jet si voltò fulmineo, colpendo in piena fronte le due sagome apparse di fronte al cancello di una delle case.
A un certo punto gli si gelò il sangue perché, pallida come un lenzuolo, arrancando faticosamente dietro ai due cadaveri abbattuti, si materializzò la figura di Jiuly.
- N…no! - esclamò, pieno d’orrore - Q…questo non posso accettarlo! -
La figura avanzava zoppicando nella sua direzione…Lui mise la mano al grilletto, voltandosi dall’altra parte per non guardare…
- Fermati, è viva!!! - l’urlo di Geronimo lo paralizzò sul posto.
- M…ma zoppica ed è ricoperta di sangue! -
- Prova tu a uccidere uno zombie con un apriscatole senza sporcarti! - disse la ragazza appena gli fu vicino. La concitazione della situazione non aveva permesso a nessuno dei due di capacitarsi lucidamente di quanto stava avvenendo, ma ora che stavano alla distanza di cinquanta centimetri l’uno dall’altro, si fissarono negli occhi quasi come nel loro primo incontro…fu come se per un attimo il tempo si fosse congelato e sarebbe stato magnifico se quella sensazione fosse stata più duratura. Jet sentì un miscuglio di sensazioni contrastanti aggrovigliarsi nel suo cuore e quella che voleva essere una manifestazione di gioia venne fuori come un’esplosione di rabbia.
- T…TU SEI VIVA?!? E perché non me lo hai mai fatto sapere??? Ti rendi conto di come sono stato per colpa tua??? -
La ragazza cercò di indurire i lineamenti del viso, tuttavia non riuscì a sostenere lo sguardo di Jet e si voltò dall’altra parte.
- E voi?! - incalzò 002 rivolgendosi agli altri - Da quanti giorni lo sapevate, senza dirmi niente?? - - Adesso non esagerare! Lo abbiamo saputo solo poche ore prima di te…- disse 007, prima di aggiungere, evidentemente posseduto dallo spirito di Groucho: - …ventiquattro, per l’esattezza! -
- Andate tutti al diavolo!!! - urlò Jet, allontanandosi di corsa.
- Dovevi proprio dirglielo?? - Albert rimproverò Bretagna, che rispose alzando mestamente le spalle.
- Ormai, tanto, non faceva differenza! -
A peggiorare la situazione - era il caso di dire “puntuale come la morte” - arrivò una chiamata di Gilmore direttamente a 009: il professore era stato contattato da un suo conoscente di vecchia data, capo dei servizi segreti, il quale, sapendo che indagavano su Raynolds e sui “morti resuscitati”, chiedeva loro una collaborazione, affiancando uno dei loro agenti, una certa dottoressa Lemming! Jiuly era praticamente costretta dal suo superiore ad accettare la proposta di Joe (nonostante il ragazzo avesse in mente un tipo di aiuto reciproco meno vincolante) e la collaborazione con i servizi segreti britannici dava una svolta imprevedibile a quel caso!

Visto come si erano messe le cose, tutto il gruppo scortò Jiuly all’albergo dove alloggiava e prese posto là per la notte. Se la novità avrebbe certamente agevolato le indagini, di contro non si poteva affermare che avrebbe alleggerito gli animi.
L’atmosfera era diventata gelida come il clima di quella serata. Jet si era rinchiuso nella camera dell’albergo e non intendeva parlare con nessuno: era certo che, se lo avesse fatto, sarebbe venuto alle mani! D’altra parte solo il suo senso del dovere lo aveva trattenuto lì, impedendogli di prendere il primo volo per il Giappone!
Verso le tre di notte, non riuscendo a prendere sonno, scese nella hall illuminata solo da un debole lumicino. La voce di 004 alle sue spalle arrivò totalmente inaspettata.
- Come va? -
- Sei rimasto acquattato nell’ombra solo per chiedermi questo?-
- No. Questo posto non mi agevola il sonno e mi sono sistemato qua sotto. Lo sai che siamo tutti preoccupati per te, vero? -
- Se eravate preoccupati, avreste dovuto subito dirmi come stavano le cose, per evitare di farmela incontrare! Ma, a quanto pare, non raccontare le cose sta diventando una specie di moda! -
- Capisco che tu ce l’abbia con lei, ma non è il momento per fare recriminazioni! -
- No, Albert, tu proprio non capisci! Eppure dovresti comprendere meglio di chiunque altro come mi sono sentito! -
- Ti abbiamo ripetuto mille volte che non era colpa tua! -
- Quanto credi sia bastato?! E adesso, dopo aver trascorso quasi due anni con le budella aggrovigliate pensando di averla perduta, vengo a scoprire che è viva e ha ingannato tutti senza farsi il minimo scrupolo!! Sai che ti dico? Lasciami in pace, altrimenti va a finire che spacco tutto!! -
004 capì che in quel momento era totalmente inutile cercare di farlo ragionare. Con la speranza che, dopo quel piccolo sfogo, si sarebbe calmato da solo, lo lasciò con i suoi pensieri e se ne tornò al piano di sopra.

La mattina seguente si ritrovarono nella hall per la colazione. Jet avrebbe evitato volentieri di esserci, ma bisognava discutere le prossime mosse e, soprattutto, aveva deciso che non doveva essere lui a sentirsi a disagio; certo, era più che risentito: era ancora furioso! Tuttavia, in lui aveva preso forma l’idea che, restando, sarebbe stata Jiuly a digerire male la situazione e questo pensiero aveva solleticato il suo desiderio di rivalsa. Quindi, una volta giù, prese posto al tavolo accanto quello dove la ragazza si era sistemata insieme a Joe, Françoise e Bretagna. Il giorno prima avevano praticamente digiunato e 007 si era letteralmente fiondato sul cibo, nutrendosi a una velocità tale da far pensare che avesse anche lui un meccanismo di accelerazione! Jiuly era particolarmente tesa: la presenza di Jet, un metro alla sua destra, la metteva in uno stato di terribile agitazione; per cercare di dissimularla e trovare al tempo stesso una piccola valvola di sfogo, pensò bene di scaricarsi su Bretagna.
- Non potresti nutrirti in maniera più raffinata? - disse sconsolata.
- Più raffinata? - lui alzò un sopracciglio e, in due secondi, assunse una postura composta da perfetto lord.
- Così va bene? -
- Certe volte mi fai impressione! -
- Impressione positiva o negativa? -
- Impressione: passi dalla modalità “uomo delle caverne” all’usare le posate per mangiare una nocciolina! Certe volte sembra che in te convivano almeno due o tre identità differenti. Non sarai mica schizofrenico? -
- Mmm, si, anch’io avevo considerato questa ipotesi, però ci hanno garantito che non lo siamo! -
- Ah - ah! Un vero peccato: almeno si spiegherebbero molte cose! -
- Giusto! Invece ti tocca continuare a domandarti perché sono così! I disturbi psichici servono ai sani per darsi spiegazioni facili su comportamenti incomprensibili! -
- Riconosco che è così…- la ragazza rimase un attimo in silenzio, un po’ pentita di averlo punzecchiato, e cambiò tono di voce, con l’intenzione di chiacchierare normalmente - …Per esempio, un’altra cosa che assolutamente non capisco di te, è se sei pauroso e codardo o eroico e coraggioso! -
- Tutte e due le cose! Perché mai bisogna essere sempre o una cosa o l’altra? -
- Perché alcune cose entrano in contraddizione tra loro!
- Ah, la solita coerenza occidentale! Invece, in oriente, esiste la conciliazione degli opposti: si può essere tutto e il contrario di tutto. Non ci si fa mancare niente! -
- …per esempio si può essere un padre affettuoso e uno spietato assassino! - aggiunse Jet con un tocco di cattiveria.
Jiuly lo fulminò.
- Dal momento che siamo costretti a lavorare insieme, ti consiglio di non fare mai più battute di questo genere! -
Jet sogghignò, soddisfatto di averla ferita.
- No, carina: TU sei costretta a collaborare con noi! Noi, fino a prova contraria, non ce l’abbiamo un capo che ci dà gli ordini! -
- Jet, per favore…- intervenne Françoise, con un tono tra il rimprovero e il supplichevole. Il ragazzo guardò l’amica, sbuffò e rimase in silenzio, allungato sulla sua sedia con le braccia conserte.

Circa un’ora dopo erano tutti sul Dolphin.
Gilmore si presentò a Jiuly cercando di assumere un tono gioviale, come se non sapesse nulla della sua pesante eredità paterna; aveva deciso deliberatamente di ignorare il fatto che il genitore di quella ragazza, diversi anni prima, stesse per uccidere lui e i suoi “figli”; dunque esordì con un: “Benvenuta, dottoressa Lemming! È un piacere fare la sua conoscenza!”. Jiuly, da parte sua, assunse un atteggiamento totalmente professionale, sforzandosi di fingere che Jet non fosse presente nella stanza; i suoi occhi penetranti, carichi di disprezzo, la facevano sentire come se avesse dei coltelli piantati tra le costole.
Cercò di ignorarlo del tutto, rivolgendosi soprattutto a Joe e Gilmore.
- …I servizi segreti sono stati messi in allarme nel momento in cui sono aumentati i casi di persone scomparse all’improvviso, alcune delle quali ritrovate moribonde e poi “resuscitate” dopo la morte...-
- Ci sono stati molti altri casi, oltre al becchino Hughes e al ricercatore Browning? - domandò 009.
- No, non molti documentati e non abbiamo avuto l’opportunità di analizzare i corpi: c’è stato chi, per difendersi, li ha crivellati di proiettili e, almeno in due casi o tre casi, i resti sono stati cremati. -
- È una coincidenza, questa della cremazione? -
- Non saprei…- rispose Jiuly.
- All’obitorio dove siamo andati si son fatti prendere così tanto la mano, con la cremazione, che stavano per cremare anche noi! - disse 007.
- In quel caso - continuò Joe - sappiamo per certo che l’incendio è stato doloso: a qualcuno premeva il fatto che i cadaveri non fossero analizzati…oppure, chi ha appiccato il fuoco, sapeva dell’imminente “resurrezione”! -
- Resta il fatto che, per quel che ne sappiamo noi, Hughes e Browning sono morti in circostanze “particolari”: un morso infetto il primo e un siero in fase sperimentale il secondo - intervenne Dylan- invece, i cadaveri che erano già presenti nell’obitorio e che si sono risvegliati successivamente appartenevano a individui morti in circostanze normalissime! -
- Lo so. - rispose Jiuly - Infatti, una delle nostre ipotesi, è che l’elemento introdotto nelle persone che sono morte misteriosamente possa essere una sorta di virus. Il mio scopo è quello prelevare dei campioni per capire esattamente come stanno le cose. -
- Un virus…- disse il dottor Gilmore, pensieroso - ma se si tratta di un virus, in che modo si trasmette? E perché non è stato contratto anche dal mio amico, il dottor Bernard, che ha soccorso Hughes, né dalla signora Browning? -
- Bè, a questo punto dovrebbe immaginarlo lei stesso: perché loro erano vivi. L’idea che mi sono fatta è che questo virus passi nei vivi solo se iniettato o introdotto attraverso una ferita o un morso…-
- Ho analizzato alcuni campioni di sangue appartenuti a Hughes - la interruppe il professore - ma non c’era traccia di un virus, mentre invece c’erano forti modificazioni del DNA. Ho il sospetto che, se avessimo potuto disporre di qualche campione appartenete a Browning, avremmo scoperto la stessa cosa. -
- Allora, qualunque cosa sia quella sostanza, evolve in virus solo in un secondo tempo…-continuò la ragazza - …un virus che, come stavo per dirle, si trasmette esclusivamente da un cadavere all’ altro, attraverso le sostanze sprigionate dal corpo dopo la morte. -
- Se non nasce come un virus, bensì come qualcosa che agisce sul DNA - commentò Joe - questo significa che potrebbe aver ragione Punma quando ha detto che lo scopo di Raynolds è probabilmente quello di creare una sorta di siero della lunga vita…-
- …qualcosa che però “allunga” solamente la capacità di muoversi del corpo dopo la morte! - disse Albert.
- Aspettate, non ci sto capendo niente! - intervenne 007 - Quindi: Raynolds inietta un fallimentare siero di lunga vita nei vivi che, ovviamente, muoiono; i vivi, ormai morti, resuscitano, infettando gli altri morti con ciò che resta del siero, che si è trasformato in un virus; dunque, mentre il morto si trasforma in zombie, il siero si trasforma in virus e contagia solo i cadaveri; a questo punto lo zombie crea altri zombie da morti che, in origine, non c’entravano niente con il siero e crea altri morti da vivi mordendoli e infettandoli, i quali, una volta defunti, diventano anch’essi degli zombie perché contagiati, giusto? -
- Chissà come mai mi è venuto mal di testa? - sibilò 004.
- Mi sono perso - rispose Joe - comunque si, più o meno penso che è come dici tu! -
- In ogni caso, è fondamentale capire come funziona questo virus per bloccarlo, altrimenti rischiamo una vera e propria pandemia… - concluse Jiuly.
- E dobbiamo fermare il suo creatore! - ribattè 009 - Tu e il dottore occupatevi della prima cosa, mentre noi provvederemo alla seconda! -

Jiuly si installò nel laboratorio del Dolphin già a partire da quel pomeriggio, un po’ per il senso del dovere e l’ansia di venire a capo di quel mistero, un po’ per sottrarsi a Jet. Se voleva concentrarsi nel suo lavoro, non doveva assolutamente pensare a lui! Soprattutto, non doveva lasciarsi contagiare dai sensi di colpa che nutriva nei suoi riguardi, né farsi irritare dalle battute cattive che le rivolgeva solo per sfogare il suo astio. Il dottor Gilmore era una persona bellissima e lavorando con lui avrebbe certamente imparato molto.
Verso il tardi il dottore staccò lo sguardo dal lavoro: era molto stanco e aveva bisogno di riposare. Uscì dal laboratorio senza chiudere la porta, lasciando involontariamente aperto il passaggio a Jet, che non riusciva a fare a meno di gironzolare là attorno come una falena attratta dalla luce.
- Non credi che noi due dovremmo parlare?- disse il ragazzo entrando nella stanza.
Jiuly rispose senza staccare gli occhi dal microscopio, se non per aggiungere un appunto sul suo quaderno.
- Ah sì? E di cosa?
- Non fingere di non saperlo! Come credi che mi sia sentito quando mi hanno detto che eri morta?
Jiuly sollevò lo sguardo dal microscopio e con una faccia tosta che avrebbe meritato l’oscar per la sfrontataggine rispose:
- Dispiaciuto?
Jet capì che non sarebbe mai stato maestro di yoga.
- DISPIACIUTO? DISPIACIUTO, DICI?! Credevo di morire di dolore!!
- Esagerato!
Fu la risposta istintiva di Jiuly, che imperterrita continuava a lavorare.
Jet perse completamente le staffe e l’afferrò per un braccio per costringerla a guardarlo in faccia, ma Jiuly gelida guardò la mano di lui sul suo braccio e lentamente si voltò a guardarlo senza emettere fiato, sprezzante anche del dolore che sentiva.
Jet vide quel gelo e allentò la presa.
- Credevo… che tra noi ci fosse qualcosa…
- Tra noi? Tra me e l’assassino di mio padre?
- TUO PADRE ERA UN PAZZO E HA …
- SO COSA HA FATTO MIO PADRE!
Jiuly aveva urlato più forte di lui, mostrando per la prima volta un sentimento ben diverso dall’apatia, anche se non era esattamente quella la reazione che Jet avrebbe voluto scatenare.
- Ho letto il suo fascicolo… E so cosa ha fatto… Credi che sia facile per me accettarlo? Che cosa pretendi? Che faccia finta di nulla? Che non fosse mio padre? Che non sia mai esistito?
Jet era sconvolto, intuiva tutta la sua frustrazione e il suo conflitto e non sapeva porvi rimedio. Non sapeva che soluzione ci fosse per loro. La lasciò andare.
- Con me ci riesci benissimo…
Jet andò via lasciandola da sola in laboratorio. Jiuly cercò di riprendere a lavorare, ma quando Jet fu lontano, lanciò stizzita la penna sul tavolo e portò le mani alle tempie per massaggiarsele.
Joe stava entrando in laboratorio quando aveva sentito le urla di Jet e si era fermato. Stava per andare via, ma si rese conto che la conversazione era già finita quando Jet uscì come una furia.
Entrò nel laboratorio silenzioso come solo lui sapeva fare.
Jiuly era ancora lì a massaggiarsi le tempie.
- Tu non sei tuo padre.
Jiuly fu colta di sorpresa. Ricacciò dentro le lacrime che le stavano inumidendo gli occhi.
- Io gli volevo bene.
Ammise quasi fosse una colpa.
- Com’è giusto che sia… E capisco il conflitto con i sentimenti che provi per Jet… ma… se questo può farti stare meglio… non è stato Jet a sparare a tuo padre.
Jiuly trattenne il fiato e fissò Joe.
- Sono stato io.
Il cuore di Jiuly cominciò a battere forte. Era faccia a faccia con colui che aveva messo fine alla vita di suo padre.
- Non ne vado fiero delle persone che ho ucciso in vita mia. Ma averle uccise ha impedito loro di fare del male ad altra gente… e di uccidere me e i miei amici, come avrebbe fatto tuo padre.
Jiuliy abbassò la testa.
- Ma tu non sei tuo padre… te lo ripeto e sono pronto a ripetertelo all’infinito… così come ho detto e ripetuto in questi anni a Jet che la tua morte non era colpa sua…
Joe uscì dalla stanza, senza rendersi conto che dall’altra parte del corridoio stava Françoise, la quale, pur non volendo, aveva sentito tutto.
“ Joe…ti sei addossato tutta la responsabilità della morte di Lemming, pur di aiutare Jet…”
Era quello l’aspetto di Joe che le faceva letteralmente battere il cuore: per un amico era capace di fare qualunque cosa, anche farsi tirare addosso le pietre. Era sempre stato così: anche con Jiro… s’era addossato le colpe e finito in prigione per lui… Ora c’era Jet, ma anche per lei aveva sempre messo sé stesso in pericolo senza minimamente pensarci, pur di salvarle la vita. Perché, allora, non aveva la stessa sicurezza dentro a un rapporto di coppia? Per quale ragione aveva così tanta paura delle conseguenze dell’amore? La ragazza tirò un lungo respiro e uscì all’esterno, a passeggiare sul prato che circondava il lago dov’era ormeggiato il Dolphin.
Jet stava appoggiato a una staccionata, torturando nervosamente con le labbra ciò che restava della sua sigaretta. Lei gli si avvicinò e lui le rivolse la parola senza neanche voltarsi.
- Sai quella cosa che l’amore supera ogni cosa? Bè, è proprio una grossa cazzata!! -
Françoise sospirò.
- Non lo è, Jet…l’amore supera ogni cosa se noi, amando, siamo abbastanza forti da superare ogni cosa! -
- Che è, uno di quegli aforismi stile Bretagna? - ribattè con amarezza.
- No. Ti sto solo dicendo che l’amore è una forza potente, ma che spesso noi non siamo abbastanza forti per coltivarlo…Spesso ci lasciamo andare, lasciamo che le tempeste esterne soffochino e rovinino ciò che potrebbe essere meraviglioso…Jiuly lo sa…sa che non riuscirebbe mai a lasciarsi alle spalle ciò che è successo a suo padre e questo…questa cosa prima o poi potrebbe esplodere come un veleno letale dentro la vostra storia, uccidendo anche la sua parte più bella…- fece una pausa, per spostare le ciocche di capelli che un vento freddo le aveva portato sul viso - Mi dispiace, Jet…mi dispiace tanto…-
Jet rimase un istante in silenzio, a fissarla con i suoi penetranti occhi celesti, come se Françoise gli avesse messo improvvisamente di fronte la chiave di lettura di tutta quella faccenda, ovvero proprio ciò che lui rifiutava a priori di considerare…la voce di Jiuly, alle spalle dell’amica, confermò ciò che gli era stato appena detto.
- È così, Jet…e anche a me dispiace da morire!-
Françoise si sentì di troppo e si allontanò con discrezione, lasciandoli da soli.
- …vorrei tanto far finta di non sapere nulla - continuò la ragazza, cercando di ricacciare il luccichio che voleva risalire prepotente dagli occhi - vorrei tanto tornare a essere la Jiuly del giorno che ci siamo incontrati…ma non è possibile. Ti prego, la cosa migliore per noi è lasciare le cose esattamente come sono ora! -
- Le cose come sono ora? Intendi dire con me e te che ci guardiamo con odio? - rispose lui con una tristezza enorme nella voce.
- No…Con me e con te che, anche se non potremo mai stare insieme, condivideremo un bel ricordo per sempre. -
Jet fece una risatina ironica.
- Un bel ricordo? E quale sarebbe? -
- Questo! - rispose lei, unendo piano le labbra alle sue e baciandolo dapprima con dolcezza, poi, appena lui si riprese dall’incredulità, con una passione affamata di desiderio eppure densa di un dolore sordo, che dava a quel bacio un retrogusto amaro. Si fermarono un attimo, guardandosi negli occhi, poi lui la strinse di nuovo, ricominciando a baciarla con ancor più desiderio, cercando di bere e trattenere tutto il sapore di quel momento, come se con quel bacio potesse risvegliare in lei il sentimento messo a tacere dalla ragione.
Jiuly puntò le braccia al suo torace e si staccò a forza. Scappò via senza dire una parola, lasciando Jet a mezz’aria con la sensazione che qualcosa di fragilissimo gli fosse appena sfuggito dalle mani.

 

Capitolo 4

 

Il giorno seguente Jet aveva uno stato d’animo indecifrabile, come se fosse sospeso in un’altra dimensione…non si aspettava né di essere baciato da Jiuly, né di venirne allontanato un attimo dopo! Ogni tanto Albert e Joe gli lanciavano delle occhiate indagatrici, come se tentassero di comprenderlo per poterlo aiutare, ma la cosa non sembrava affatto semplice. Visto che erano tutti in riunione, 002 cercò di scendere con i piedi per terra e di nascondere i suoi sentimenti sotto un’apparente distacco, cosa che gli riusciva particolarmente bene, al punto tale che questa caratteristica lo accomunava paradossalmente ad Albert.
Jiuly stava continuando la spiegazione dei risultati che le sue ricerche avevano raggiunto come se niente fosse e gli altri ascoltavano con attenzione.
- …Rimangono inerti, se non ricevono stimoli esterni…-
- Tipo? - domandò Albert.
- Luce, rumore, movimento. -
- Stai dicendo che, restando immobili in presenza degli zombie, non si corre alcun rischio? - domandò Joe con un tono scettico.
- Si. Ne sono abbastanza convinta, a patto di non produrre neppure il suono del battito cardiaco!-
- Oh, quindi è inutile giocare alle belle statuine! - disse Chang.
- Però sapere questa cosa può tornarci utile per prendere tempo! - osservò 009.
- Ecco perché, quando me li sono trovati davanti in quello scantinato, non si sono mossi subito! -ricordò Dylan - Si sono “attivati” con la luce della mia torcia ma, a quanto pare, si sarebbero mossi ugualmente solo in seguito alla mia presenza, anche se un po’ dopo. -
- È la stessa ragione per cui, ogni volta che ci siamo avvicinati al villaggio infestato, sembrava deserto! - disse Punma - Quando cessano gli stimoli esterni, cessano di “vivere”! -
- Esatto. - confermò Jiuly - Quel siero, inoltre, produce reazioni elettriche nei muscoli…è un po’ qualcosa di simile al movimento che continua ad avere un gallo dopo che è stato decapitato…-
- Ho capito…- rispose Punma.
- Volete spiegarmelo?- chiese 007- Io non assisto tanto facilmente a decapitazioni di pennuti! -
- Se vuoi, quando si presenta l’occasione, te lo mostro! - si offrì Chang.
- No, grazie: preferisco rimanere nell’ignoranza! -
- Ma…sparandogli alla testa cessa tutto. Perché? - domandò Françoise.
- Esiste un collegamento tra le cellule presenti nei tessuti contaminati dal virus e una parte del cervello: è quella ad attivare il meccanismo ed è su quella che bisogna indagare ulteriormente! - rispose Gilmore, precedendo Jiuly - Quindi, anche per avallare la tesi di contagio virale, dovremmo analizzare un campione di cellule celebrali…
Alle parole del Dott. Gilmore, Jiuly annuì.
- Io non ci torno in obitorio! - esclamò subito 007, beccandosi un’occhiataccia da 003.
- Purtroppo le cellule celebrali muoiono in pochi secondi in assenza di ossigeno, per cui dovranno essere prelevate immediatamente dopo la …ehm… morte.
I ragazzi sussultarono.
- Dottore, ci sta dicendo che dobbiamo prelevare un campione di tessuto celebrale immediatamente dopo aver sparato alla testa di uno zombie?- domandò Joe.
- Esattamente…
- E non solo… - aggiunse Jiuly - il campione va immediatamente messo in coltura così da ritardarne la morte cellulare, che comunque avverrebbe entro 48 ore, con l’attuale biotecnologia. Dottor Gilmore, andrò io stessa a prelevare il campione.
- Eeeeh? Ma neanche per sogno! - fu il commento istintivo di Jet. - Non metteremo la tua vita a repentaglio, ci penseremo noi!
- Certo! Perché tu, microcefalo, sai distinguere il tessuto corticale dal tessuto celebrale, prelevare la giusta quantità e innescare la coltura, giusto?
La risposta di Jet si limitò a una specie di grugnito che fece sorridere di soddisfazione Jiuly.
- Jiuly ha ragione, Jet: deve prelevare lei il campione.
- Ma dottore! - fu la protesta di Jet, immediatamente smorzata dal dottor Gilmore.
- Ci andrete insieme.
- Cooosa? Non ho bisogno di questo microcefalo tra i piedi! Ce la faccio benissimo da sola!
Il ghigno di soddisfazione passò sul volto di Jet.
- Ne hai bisogno, Jiuly, credimi! E poi… non voglio correre inutili rischi. Pare che gli zombie siano maggiormente attratti dagli esseri umani piuttosto che dai cyborg.
- Come dargli torto? C’è molta più carne per loro…- fu il sadico commento di 004.
- Inoltre, sembra che acquisiscano una forza sovrumana, non lascerei mai una persona da sola contro di loro. 009, te la senti di formare un’altra squadra con Dylan per cercare di recuperare altro materiale?
009 annuì, non che gli andasse a genio di stare ancora con Dylan dopo quanto si erano detti, ma il dovere veniva prima di tutto.
- Insomma, se ho capito bene, Jiuly ed io dovremmo fare da esche vive, mentre Jet e Joe ci coprono le spalle…. - riassunse Dylan.
- Esattamente…
- Bene, ci sto!
- Capo, sei impazzito? Vuoi farti coprire le spalle dal tipo a cui stai soffiando la ragazza? Quello al massimo ti ci infila un coltello nelle spalle!
- Tranquillo, Groucho, mi fido di Joe.
- Ah io sono tranquillo, al massimo mi faccio assumere dal tuo zombie, chissà che non sia meno tirchio!

- Qui dovrebbe andare bene: questa casa sembra abbandonata e dietro c’è un piccolo cimitero privato, ci sono solo due tombe per cui non dovremmo correre grossi rischi.- disse Jet, subito dopo essere atterrato vicino a Jiuly dopo un breve giro di perlustrazione dall’alto. Lei lo guardò ammirata: Jet era serio e concentrato. Trovarsi di nuovo in azione con lui la riportava indietro nel tempo a quando fecero scappare i ragazzi prigionieri di Ehrenfest. In quell’occasione il suo aiuto fu indispensabile.
- Che c’è? Perché mi guardi così?
Jiuly scrollò la testa.
- Niente! - fu la sua risposta atona.
- Ascolta, se hai paura, non c’è nulla di male, non devi farlo per forza!
- Io non ho paura! - rispose irritata Jiuly.
- Ok… ok…
Jiuly cercò invano di aprire il cancello arrugginito della piccola villa, ma i suoi sforzi fecero solo ridere Jet, che l’aprì come se fosse burro.
- Dopo di lei, mademoiselle.
Il grugnito di risposta di Jiuly sembrò a entrambi identico a quello di Jet di poche ore prima, quando lei gli aveva fatto notare la necessità della sua presenza.
Aggirarono la casa e andarono nel giardino che era sul retro; in un angolo, sotto un grande cipresso c’erano le due tombe di quelli che probabilmente erano stati i proprietari della casa. Un uomo e una donna riposavano lì da oltre vent’anni.
- Elisabeth J. Hill … aveva appena 35 anni ….
Lo sguardo di Jiuly si riempì di tristezza leggendo le loro date su quelle tombe.
- Anche mia madre aveva più o meno quell’età quando è morta, io mi ricordo poco di lei, avevo poco più di 6 anni. Mio padre non ha mai retto il colpo, era più vecchio di lei e non si capacitava del fatto che lei se ne fosse andata prima… lo ripeteva spesso.
Jiuly sospirò; non si aspettava certo che Jet potesse capire quanto le mancasse il padre.
- Io non so come sia finito a fare quello che ha fatto… è stato… disumano… ma credo che sia andato col fantasma nero per disperazione, il dolore per la perdita di mia madre l’ha allontanato anche da me… Sono cresciuta in una specie di collegio di lusso fino a quando… non è morto…
Jiuly ebbe cura di non parlare di omicidio per non scontrarsi di nuovo con Jet.
- Il fantasma nero non è certo un ente benefico per giovani orfanelle… e così mi sono ritrovata di punto in bianco senza un soldo e di conseguenza senza una casa… Il resto lo sai…
Jet le poggiò semplicemente una mano sulla spalla.
- Mi dispiace… davvero… Ti ho sempre solo detto che tuo padre era un pazzo e ho cercato di farti capire cosa avesse fatto, ma non ti ho mai detto che mi dispiace sia finita così…
A Jiuly vennero in mente almeno tre risposte sarcastiche per Jet, ma sentì nel calore di quel contatto che era sincero e non le andò di tormentarlo ancora con quella storia. Iniziò a scavare nella sua borsa in cerca delle due provette che aveva portato con sé per innescare la coltura cellulare, pensare al lavoro l’aveva sempre aiutata a superare i momenti difficili.
- Ok, ci sono, ora dobbiamo solo aspettar…
Fu interrotta. Dal terreno che si stava smuovendo, comparve prima una mano e poi tutto il resto di ciò che restava della povera Elisabeth. Con ancora le due provette tra le mani, Jiuly ebbe un moto di sofferenza a vederla così e non riuscì a fare altro che chiudere gli occhi. Jet le sparò alla testa senza esitare e risvegliò Jiuly con un urlo.
- Presto! Il campione!
Jiuly si riprese e cominciò a lavorare sul cranio spaccato di Elisabeth, mentre alle sue spalle Jet colpiva quello che probabilmente era stato il marito di Elisabeth.
- Ora va’, portalo in laboratorio al più presto.
- Sì ma tu va via di qui, non mi va di saperti da sola tra gli zombies.
- Ormai li hai fatti fuori tutti. Va’, fai presto!
Jet si sollevò in volo per portare il campione in laboratorio.

Nello stesso momento Joe e Dylan si trovavano da soli aspettando che qualche zombie si facesse “vivo”.
Joe abbandonò del tutto il suo orgoglio. In fondo, aveva capito com’era fatto Dylan ed, essendo anche lui dotato di un “quinto senso e mezzo”, gli parlò sinceramente.
- So di aver commesso tutta una serie di errori, tra cui prendermela con te…In realtà immagino che al tuo posto mi sarei comportato allo stesso modo. E…so anche di sembrare un eterno indeciso, ma so perfettamente di voler stare con lei…-
- E allora? Non sono io a impedirtelo, anzi: ti faccio notare che stavi quasi per buttarmela tra le braccia! -
- È che… forse ti sembrerò pazzo, ma sono certo che con un altro sarebbe più felice.-
- Cosa?! Tu la affideresti a uno spiantato con problemi psichici che vive alla giornata??- sbottò Dylan.
- Ma…di chi stai parlando? -
- Di me stesso, è ovvio!! -
Joe sospirò.
- Non vorrei ammetterlo, ma ti ritengo migliore di me: almeno tu non ti fai problemi ad affrontare i sentimenti…-
- Da come la stai mettendo, si direbbe che la nostra sia una bella gara al ribasso! -
La battuta fece sfuggire a 009 un sorriso ironico.
- Ascolta - continuò Dylan - lo so anch’io che una come lei potrebbe aspirare al meglio, ma “il meglio” è, in realtà, solo ciò che si ama e ci rende felici. E non c’entra chi sei tu e chi sono io…potremmo essere ricchi, poveri, brutti o belli, di ferro o di carne, ma l’unico fatto che conta è che lei ama te e ti ama così come sei! -
Joe rimase in silenzio…una parte di lui si stava convincendo di quella realtà, ma il dubbio che continuava ad alimentarsi in lui sbucò di nuovo.
- Detto così sembra facile! La verità è che l’amore, alle volte, non basta…alle volte non è la strada migliore! -
- Giuda ballerino!! Così giovane e già così cinico! Forse è anche come dici tu, ma è una tara di noi esseri umani: l’amore è la sola cosa che può darci la felicità! -
- “Noi esseri umani”? - ripetè l’altro con un fondo di amarezza.
- Si! - ribadì Dylan - E se fingi di non esserlo solo perché il tuo corpo non è “conforme alle regole”, è semplicemente per costruire un alibi alla tua paura fottuta!! -
Questa volta Joe ammutolì del tutto. Avrebbe voluto rispondere qualcosa, ma si sentì come Medusa con uno specchio piantato di fronte!
- Non ci riesco proprio, a prenderti in antipatia! - disse dopo una lunga pausa.
- Purtroppo neanch’io! Se tu fossi stato almeno un po’ antipatico avrei giocato sporco per portartela via…in ogni caso, ho sempre saputo che non mi ama! - concluse Dylan, con un sorriso terribilmente malinconico.
- Invece a me, resti antipatico!- esordì Jet atterrando tra loro.

Jiuly era soddisfatta, avevano un buon campione su cui lavorare. Ora doveva affrettarsi a tornare anche lei alla base, ma prima di andare via si soffermò a guardare i due cadaveri che riposavano ormai definitivamente in pace. Non ebbe il cuore di lasciarli così: entrò nella casa diroccata e prese un lenzuolo polveroso che copriva dei vecchi mobili. Uscì di nuovo in giardino, si chinò e lo depose sui loro corpi. D’un tratto si sentì afferrare la caviglia: dal terreno stava spuntando un altro zombie! Jiuly riuscì a malapena a staccarsi da quella mano che ne vide spuntare un altro poco lontano. Sparò agli zombies e pensò di scappare via addentrandosi nella casa, ma a pararle la via di fuga c’era un altro zombie che veniva fuori da chissà dove all’interno della casa. Jiuly arretrò di nuovo verso il giardino, inciampando sui suoi passi e, cadendo, perse la pistola. Cercò di riprenderla gattonando sulle ginocchia, ma di nuovo una mano spuntata dal terreno l’afferrò. Si allungò con le braccia più che poteva per prendere l’arma, ma lo zombie spuntato dal terreno era praticamente su di lei con le fauci ben spalancate. Jiuly chiuse gli occhi, per lei era la fine. Sentì lo zombie sollevarsi di colpo dal suo corpo e riaprì istintivamente gli occhi. Jet aveva impedito che lo zombie la mordesse infilando la sua stessa mano nella sua bocca per strattonarlo poi via.
- Avevo detto o no di andartene da qui?!?
- JET! Oh my God! Sei ferito!
Jet si guardò la mano, anche se era solo un graffio, c’era poco da stare allegri, lo zombie poteva averlo contagiato anche se era un cyborg.
- Maledizione! Solo uno zombie cibernetico ci vuole! Sapevo che ti saresti ficcata nei guai! Così ho dato il campione a 009 e sono tornato qui. –
Jiuliy era sconvolta: Jet rischiava di morire per averle salvato la vita. Senza perdersi d’animo, però, cercò immediatamente una soluzione ed ebbe un’illuminazione: Jet era un cyborg e il suo apparato circolatorio era più lento di quello umano; se avesse potuto bloccare la diffusione del virus prima che arrivasse ad intaccare tutto il suo sistema nervoso, l’avrebbe salvato a sua volta.
- Io… io ti staccherò il braccio!
- Coooosa?
- Sì, se ti stacco il braccio potremmo evitare che il contagio diffonda nel tuo corpo.
Jiuly cercò di staccare il braccio a Jet
- Devo solo… riuscire… -
Jiuly s’impegnò con tutte le sue forze, ma staccare il braccio a un cyborg non era un’impresa da poco. La soluzione che aveva pensato si scontrava con la sua impossibilità fisica di metterla in atto. Ancora una volta, senza tregua il suo cervello si rimise a lavorare e si voltò alla ricerca di qualche utensile che potesse aiutarla, ma Jet la interruppe, porgendole la sua pistola, mentre si reggeva il braccio ferito.
- Jiuly ascolta: prendi questa, dovrai spararmi alla testa.
- Noooo!
- Lo sai che dovrai farlo!
- Non potrei mai! Piuttosto muoio con te!
- Non essere sciocca, tu devi trovare il farmaco per bloccare il contagio…
Jiuly era terrorizzata, in lacrime, colpevole di aver causato la morte dell’unico uomo per cui aveva provato un sentimento forte come l’amore. Incapace di salvarlo come lui aveva fatto con lei, sentiva crescere una disperazione che mai aveva provato prima.
- Ti prego solo, prima di uccidermi… voglio il tuo perdono…
Jiuly si strinse a lui.
- Oh Jet! Perdonami! Perdonami tu! Io… io ti amo!
E lo baciò con passione e disperazione. Jet rispose al bacio con tutta la sua passione stringendola a sé… con un braccio solo…
A Jiuly bastarono pochi secondi per rendersi conto del perché Jet non la stringeva con l’altro braccio: era in qualche modo e di nascosto riuscito a staccarlo da solo approfittando della sua distrazione nel cercare un utensile.
- TU. SEI. UN. IDIOTA. STUPIDO AMMASSO DI FERRAGLIA ARRUGGINITA. MICROCEFALO IN PUTREFAZIONE. IMBECILLE CIBERNETICO E … STRONZO!
- Dai, Jiuly, era solo uno scherzo!
- HAI RAGIONE CHE SONO UNA SIGNORA ALTRIMENTI IL BRACCIO CHE TI SEI STACCATO TE LO INFILAVO DRITTO SU PER…
- Andiamo! Hai detto che mi ami!
L’afferrò per un braccio impedendole di scappare via.
- …E anche io ti amo…
- Questo non cambia niente!
Si staccò e scappò via.
- Come mai è così arrabbiata? - domandò Bretagna quando, dopo il loro rientro, Jiuly era corsa a rinchiudersi in laboratorio mollando Jet, decisamente non in buone condizioni, alle cure di Gilmore - Non è che, con il braccio staccato, le hai fatto la mano morta? -
- Se non la pianti di sfottere, tra poco sarai tu ad avere dei problemi!- ringhiò Jet, poco disposto a subire le battute dell’amico.
- Di che genere?- sogghignò 007, approfittando del fatto che 002 avesse momentaneamente l’arto fuori uso.
- Ortopedici!-

La mattina seguente Jet era rimasto nella sua stanza a riprendersi; ne avrebbe fatto volentieri a meno, tanto più che voleva capire se Jiuly ce l’avesse davvero con lui dopo quello che si erano detti, ma il dottor Gilmore fu inflessibile: anche se la riparazione di un arto era purtroppo un fatto abituale soprattutto per 002, che era sempre in prima linea, c’era poco da discutere sull’importanza della convalescenza!
Jiuly, dal canto suo, si era tappata in laboratorio nella vana speranza che il lavoro le facesse mettere da parte il ricordo del giorno precedente; il suo cervello sembrava essere diventato lo schermo di un cinema che rimandava in loop la sua confessione d’amore e le sensazioni potenti regalate da quel bacio passionale che poteva essere l’ultimo tra loro. Infine, le parole di Jet continuavano a rimbombarle nella testa come un ritmo martellante:
“…anche io ti amo…” “…ti amo…”
Già, ma quella reciproca confessione era stata sviscerata in seguito a un volgare scherzo!! Questa cosa proprio non le andava giù e il solo pensiero la faceva infuriare, tanto più che non si rendeva conto di come si potesse scherzare su una cosa come la propria morte!

Mentre Jet e Jiuly erano immersi nella tempesta dei loro sentimenti, quelli tra Joe e Dylan si erano distesi parecchio: era come se i due avessero iniziato a comprendersi a vicenda e avessero tacitamente stabilito una “tregua” fino alla fine della missione, sulla quale erano completamente concentrati.
Françoise continuava a comportarsi normalmente, ma, anche se il modo di fare di Joe la stava tranquillizzando, le attenzioni spontanee di Dylan non la lasciavano del tutto indifferente. Mentre quella mattina stava nella camera di Jet per aiutarlo a cambiare la medicazione, era totalmente immersa nei suoi pensieri. A Jet non sfuggiva nulla e, comunque, chiunque si sarebbe accorto che la testa della ragazza era completamente altrove!
- Pensi a Joe o a Dylan? - domandò a bruciapelo.
- Eh? - fece lei, cadendo dalle nuvole e arrossendo del tutto - C…che dici!? -
- Dai, se hai un problema lo sai che ti ho sempre aiutata! Ci pensa Jet “il risolvitutto”! -
Quando l’amico assumeva quel tono scherzoso e rassicurante, Françoise non riusciva proprio a non confidarsi con lui.
- Io…mi sento confusa…-
- Capisco: non sai chi dei due ti attrae veramente…-
“…e ti confidi con me, che sono sempre stato e resto l’amico!”
- Jet, ti sbagli! - tacque un istante, poi ammise - …si, in parte è come dici tu…-
- Non mi sembra così difficile: cerca di capire quale dei due ti rende veramente felice!-
- In questo momento Dylan, ma non è affatto come dici tu… questa cosa non mi basta per dimenticare che Joe esiste e cosa rappresenta per me! -
- Allora, se non ti godi la felicità per colpa sua, hai già scelto! - le strizzò l’occhio e si accucciò sotto le lenzuola, mentre lei rimase un attimo con lo sguardo imbambolato, come se quelle parole l’avessero folgorata.
Raccolse le vecchie bende dal tavolino e si avviò alla porta, mormorando con un sorriso:
- Grazie, Jet! -
002 rimase solo. Tirando un sospiro di sollievo, pensò: “ Jet, a suo tempo hai fatto un passo indietro per Joe, non per Dylan! Comunque, al di là di tutto, l’importante è che tu sia felice, piccolina!”

Gli altri erano tutti in sala riunione.
- Però è strano…- mormorò Joe.
- Cosa è esattamente “strano”, secondo te? - fece Bretagna - È strano che i morti risorgano? Che noi abbiamo accettato questo incarico? Che stiamo lavorando con la figlia di uno dei nostri nemici? Che siamo qui in una landa desolata popolata da esseri primitivi? Mi riferisco ai vivi! No, perché considerando l’elenco di stranezze, dovresti almeno spiegare a quale ti riferisci in particolare! -
- Magari, se lo fai parlare, te lo dice! - sbuffò Chang.
- …è strano il fatto che, con un villaggio infestato a due passi, nessuno qui attorno si sia accorto di niente! -
- Saranno distratti! - disse Groucho.
- …oppure sono così pigri e autosufficienti che non escono dalle loro case neppure per fare un giro! - aggiunse Bretagna.
- Io, invece, comincio a vederla diversamente! - disse Albert, che non si era posto fino a quel momento il dubbio di Joe.
- Dovremmo mettere delle microspie e osservarli meglio. - propose Punma.
- Che ne dite se, invece, non li stuzzichiamo un po’ per avere qualche notizia? - disse 007, con il lampo che gli illuminava lo sguardo quando aveva una delle sue intuizioni - …intendo dire, senza che si accorgano che stiamo cercando di ottenere notizie! -
- Mi sembra una buona idea! - approvò Albert - Vuoi occupartene con Dylan? -
Bretagna squadrò Dylan da capo a piedi, come se stesse mettendo su il cast di uno spettacolo!
- Cosa c’è che non va? - fece il detective.
- Niente, pensavo che tu hai quel certo modo di porre delle domande…come dire…-
- …Da investigatore?- completò Dylan - Saresti il primo a dirmelo! -
- Oh, sono il primo a dire qualcosa! Non mi capita mai! -
- Purtroppo è vero! - sentenziò Chang osservando Dylan.
- Quindi? - sospirò Dylan.
- …Quindi preferisco portarmi dietro Groucho: è abituato a recitare e improvvisare e mi reggerà bene il gioco! -
- Lo reggerò solo se non pesa troppo! - rispose Groucho, tirando l’ennesima boccata al suo sigaro.
- Ma sì! - concluse Albert - E poi, se ci vanno insieme, sembreranno due svitati e non li prenderanno troppo sul serio! -
- Grazie come sempre, eh! - sbuffò Bretagna.
Una volta presa la decisione, si avviarono al villaggio.
- Non sei geloso, adesso che sta usando come spalla Groucho al posto tuo? - disse Albert a Chang, ridacchiando.
- Figurati! Mi sembra d’essere in vacanza! -

Quando si presentarono al bancone dell’unico ritrovo del villaggio, Bretagna aveva assunto un’aria sconvolta e terrorizzata e aveva chiesto allo stupito proprietario, che li aveva salutati con un “ancora qui?”, qualcosa di forte da bere.
- Che ha il suo amico? - domandò a Groucho, con un tono poco cortese.
- Eravamo concentrati negli scavi, quando ha lanciato un urlo ed è venuto di corsa da me. Per fortuna l’urlo non ha colpito nessuno! -
La faccia del tizio si accigliò lievemente e 007, continuando a compenetrarsi nel ruolo, rispose bruscamente al suo compagno:
- Te l’ho detto, ma tu non mi credi!! Ho visto un cadavere mezzo decomposto che passeggiava tranquillamente in mezzo alla campagna!! Ti rendi conto?!? -
- Si, ci credo che hai visto qualcosa, ma sarà stato un barbone denutrito! Quando non mangi e non ti lavi puoi apparire in questo modo! -
- Ma se aveva un occhio vitreo e un’orbita oculare vuota!! -
Il locandiere impallidì visibilmente, ma tentò di nascondere la sua espressione farfugliando qualcosa.
- Non è che ha bevuto? -
- Solo adesso!! - strillò Bretagna.
- È sobrio come l’abito di una vergine! - disse Groucho - Ma questo non significa che ci veda bene! -
- Pensala come vuoi!! - disse 007 - Comunque io non mi muovo da questo posto finché non vengono gli altri a prenderci!! Non esiste che ce ne andiamo a spasso per delle strade dove i morti camminano! -
- Scusate il mio amico - disse Groucho rivolgendosi al tizio, che intanto stava scambiando degli sguardi inquieti con un altro tale seduto all’angolo del bancone - se ci ospitate per un poco nella topaia…ops, nella suite imperiale, promettiamo di fargli fare una visita psichiatrica appena arriviamo a casa! -
Il proprietario lo guardò di traverso e gli gettò davanti le chiavi della stanza dove avevano dormito qualche giorno prima.
- Va bene, basta che vi leviate dai piedi quanto prima! -
- Grazie mille, buon uomo! - rispose Groucho, allontanandosi sospingendo leggermente l’amico - Il Signore ricompensa l’ospitalità fatta col cuore! -
Appena furono nella camera, 007 riprese la sua aria normale.
- Perfetto! - disse al suo complice improvvisato - E adesso andiamo a verificare il risultato della nostra performance! -
Uscì dalla stanza e, dopo aver controllato che non ci fosse nessuno, si tramutò in un topo e corse nuovamente nel locale, assistendo al concitato scambio di battute tra il locandiere e l’avventore.
- Non può essere!! Il professore ci ha assicurato che non c’era alcun rischio! -
- E se invece qualche esperimento dovesse aver superato il confine? Io non mi fido di una barriera invisibile! -
- Ragiona: se ce n’è uno, devono essercene altri! E nessuno li ha visti in giro! -
- Ma quel tizio si! -
- Effettivamente…è un rischio che non possiamo correre! -
- Per quanto tempo dobbiamo sopportare quei mostri, prima che il professore trovi il siero della vita eterna? -
- Non lo so e comunque, vita eterna o no, io mi fido di uno che resuscita i morti! -
- Beato te! Mia moglie, invece, dice che la sua vicinanza è una catastrofe per il nostro villaggio! -
- Zitto!! Dille di controllare le parole, se non vuole diventare anche lei uno di quei morti viventi! -
- Lo so, lo so…- disse l’avventore, strofinando nervosamente la mano nei capelli.
- In ogni caso, dobbiamo avvertirlo! Tu chiama Red e Joey: meglio stare in guardia! -
“Bingo!” si disse 007, osservando l’uomo fare una telefonata durante la quale, con un tono timoroso e reverenziale, raccontava a qualcuno quanto accaduto. Purtroppo, non avendo i sensi di 003, Bretagna non potè udire quello che “il professore” (chiaramente Raynolds) diceva dall’altra parte della cornetta. Il locandiere si congedò con una serie infinita di “va bene” e “sarà fatto”. Appena riattaccò, 007 collocò una trasmittente sotto al bancone e tornò rapidamente da Groucho, badando di riprendere la sua forma prima di rientrare nella stanza. La camera era stranamente silenziosa.
- Groucho? - domandò sospettoso. Aprì di scatto la porta del locale adiacente e vide l’amico privo di sensi, sorretto da due uomini robusti. Bretagna estrasse fulmineo la pistola, ma un proiettile narcotizzante lo colpì tra le scapole in quell’istante preciso, facendolo sprofondare in un sonno senza sogni.
Quando riprese conoscenza, avvertì il corpo stretto in una morsa e i piedi fluttuanti nel vuoto; lo spavento derivante da questa sensazione lo riscosse del tutto e si rese conto di essere legato accanto a Groucho e appeso insieme a lui al gancio di un braccio meccanico al di sopra di quella che era la piazza centrale del villaggio infestato; sotto di loro ondeggiava una putrida folla di zombie.
- …Ma che diavolo?!? - esclamò.
- Se fossero dotati di pupille, direi che ci stanno guardando! - disse Groucho, che si era ripreso due minuti prima - Sembrano dei giovani a un rave - party! -
- Diamine! Mi dispiace di averti trascinato in questo guaio! - 007 si sentiva davvero mortificato: nessuno della squadra era solito coinvolgere un “normale essere umano” dentro alle loro missioni e lui lo aveva fatto!
- Oh, non c’è problema - rispose Grucho senza fare una piega - con il capo ci sono abituato! -
- Non so se sentirmi tranquillizzato o iniziare seriamente a preoccuparmi per te e Dylan! -
- Preoccupati solo per me: credo che sia il momento giusto per farlo! -
- Stà tranquillo! -
- Certo, mi pare proprio che ci siano tutte le condizioni per esserlo!! -
- È evidente che chi ci ha catturati non sa con chi ha a che fare: grazie alla mia trasmittente interna, gli altri arriveranno immediatamente! -
- Immediatamente prima o immediatamente dopo la nostra morte? -
- Immediatamente dopo che quel tizio ci avrà spiegato un po’ di cose! -
Bretagna attirò l’attenzione di Groucho sull’uomo seduto sulla sedia a rotelle che stava sul terrazzo di fronte a loro, in compagnia di sei persone, tra cui riconobbero immediatamente il proprietario della locanda e i due energumeni che tenevano Groucho svenuto.
- Il professor Raynolds, suppongo? - domandò 007 con un sorrisetto, parlando ad alta voce per farsi sentire dall’uomo.
- Suppone bene! Così come io suppongo che voi non siete affatto un gruppo di archeologi! -
- Da cosa l’ha capito? Dal nostro abbigliamento anticonvenzionale o dal fatto che ho usato un vaso del terzo secolo avanti Cristo come posacenere? - chiese Groucho.
Raynolds scosse il capo con disappunto e riprese a parlare.
- È facile capire chi non siete, ma, sinceramente, non riesco a capire chi siete; quindi, a questo punto, credo proprio che vi convenga giocare a carte scoperte, se volete che lo faccia anch’io! -
- Come disse il saggio In - Ciu - Cio, “è facile scoprire le carte quando si gioca a scacchi”!- disse Groucho.
- Vi conviene dire chi siete, altrimenti, azionando questo comando, vi sgancerò sugli zombie, che non aspettano altro che divorarvi! -
- E se parliamo ci libererai?- domandò Bretagna.
- In un certo senso si: avrete l’onore di sperimentare la nuova versione del mio siero; se otterrete forza e vita eterna mi sarete grati per sempre! -
- E se non l’otterremo ci pagherà i danni? -
- A quel punto non v’importerà più nulla, dato che sarete morti! -
- No, grazie! - rispose 007 - Come cavia ho già dato! -
- Io ci sto! - disse Groucho - Diventare uno zombie con una puntura è molto più igienico che con un morso! -
- Allora, vi decidete a parlare? - disse il professore, toccando una piccola leva che fece oscillare il braccio meccanico.
- S…si, un attimo!!- strillò 007.
- Chi gli diciamo che siamo? - domandò Groucho. Bretagna rispose direttamente a Raynolds, mentendo parzialmente.
- Siamo dei servizi segreti! -
- È un bluff, vero? -
- Faccia un po’ lei! Siamo sulle sue tracce da un pezzo e devo riconoscere che è stato molto abile a non farsi trovare fino ad ora! Ora che lo sa, immagino che non abbiamo molte speranze di raccontare ad altri quello che sappiamo su di lei! -
- Proprio così! - disse, con il tono della voce che si incrinava leggermente.
- Almeno, prima di ucciderci, potrebbe dirci come ha fatto a convincere questa gente a nasconderla e ad aiutarla a far sparire le tracce dei suoi esperimenti a Londra? E come mai si è messo fare esperimenti per creare un siero di lunga vita anziché, ad esempio, fare qualcosa per rimettersi a camminare?
- È presto detto: è bastato mostrare loro ciò che sono in grado di fare ai morti e ciò che potrei fare ai vivi! Le persone, qui, mi temono e mi venerano! Ovviamente, c’è chi mi è devoto per paura, chi per denaro e chi perché aspira all’immortalità! E l’immortalità è fondamentale per uno scienziato, per una mente illuminata: la vita è troppo breve per conoscere le cose e per fare grandi scoperte; l’immortalità è più importante di un paio di gambe funzionanti, che comunque potrei ottenere utilizzando gli studi di altri scienziati con una visione molto più ridotta! -
- Che tipo umile e modesto! - ironizzò Groucho, rivolgendosi a 007 a bassa voce - Perché lo hai convinto a raccontarci tutto questo? Mi sembra il cattivo di un B movie retrocesso in serie C!
- Non preoccuparti: il monologo del cattivo in preda al delirio d’onnipotenza è un grande classico! Se i nemici che ho incontrato fino ad ora non l’avessero fatto, probabilmente sarei già morto mille volte! Certo, è noioso ascoltare le loro lunghe spiegazioni, ma sono proprio quelle che ti lasciano il tempo per liberarti!-
- Adesso basta con le chiacchiere!- concluse Raynolds - Vista la situazione, credo sia meglio farvi divorare dagli zombie: troverò altre cavie! -
- Le assicuro che, dopo averci uccisi, non farà i salti di gioia! - disse Groucho.
- Non pensi che parlargli in questo modo, ora come ora, potrebbe peggiorare le cose? - fece 007.
- Dici che potrebbe piovere? -
- Ho capito: sei proprio schiavo dell’umorismo! Io, invece, sono giusto la sua colf pagata a ore! Ascoltami: devi toccarmi l’ombelico! -
- È un po’ strano, come ultimo desiderio! Comunque non ho questo tipo di gusti! -
- Ho detto l’ombelico, mica più in basso! E, mi dispiace per te, sono etero non per scelta! -
- Capisco. È una specie di interruttore che fa saltare fuori la sorpresa! Qual è la sorpresa? -
- Fallo e lo scoprirai! E non fare pensieri maliziosi! -
007 riuscì ad attivare finalmente il meccanismo che gli consentiva di trasformarsi, mutando la sua forma in quella di un serpente alato; velocissimo scivolò via dalle corde e sostenne Groucho a mezz’aria trattenendolo per le funi, fino a depositarlo sulla terrazza di fronte a quella dove stavano Raynolds e i suoi adepti con la faccia scioccata.
- Scusami - disse Bretagna, con un tono mortificato mentre lo slegava - spero di non averti spaventato: so che vedermi in azione fa un brutto effetto agli uomini normali! -
- Nessun problema: ero già spaventato! E poi… “uomo normale” a chi?! Mi hai sorpreso, come disse il marito fedifrago alla moglie! Credevo che aveste tutti la super vista e il super udito come la fanciulla!-
- Non penso che sopravvivremmo molto a lungo, se avessimo tutti lo stesso potere!! Inoltre, se tutti avessimo lo stesso potere di 003, ci saremmo fatti assumere in massa al centro metereologico dell’aeronautica, anziché star qui a combattere! -
Proprio in quel momento arrivarono Dylan e gli altri.
- Capo, alla buon’ora! Mai arrivato puntuale!! -
- Stai bene? Dobbiamo fermare Raynolds e filarcela al più presto!-
- Non potremmo fare il contrario: filarcela al più presto e dopo fermare Raynolds?
Sull’altra terrazza, intanto, il professore e i suoi “seguaci” avevano assistito increduli e allibiti all’intera scena: prima la metamorfosi di 007, poi 002 arrivato in volo e, infine, 009, apparso dal nulla di fronte a loro.
- È finita, professore! - disse 009, fissandolo negli occhi, mentre gli altri individui fuggivano via attraverso il passaggio segreto che Raynolds e i suoi usavano per raggiungere il laboratorio nel villaggio infestato.
Lo sbigottimento che aveva riempito fino a quel momento lo sguardo dell’uomo lasciò posto a un moto incredibile di rabbia.
- Vorreste forse infierire su un povero disabile? - domandò con una certa ironia.
- No. Intendo consegnarla sano e salvo alle autorità! - rispose 009.
- È finita davvero, dunque…- disse fissando il vuoto, consapevole di non riuscire in alcun modo a fuggire.
- Vada avanti e usciamo da qui. - gli ordinò Joe. Ma, senza che il ragazzo potesse rendersene conto, dato che l’uomo gli dava le spalle, Raynolds aveva digitato un codice sul bracciolo della sedia a rotelle e, estratta dal taschino del camice una minuscola siringa contenente l’ultima versione del suo diabolico siero, se l’era iniettata!
- Che sta facendo, maledizione?! -
- Adesso non avrò più cavie a disposizione; questo è il mio ultimo tentativo: se andrà male morirò, sperando di “risorgere” e portare qualcuno di voi all’inferno; se va bene dovrete tutti riconoscere il mio genio e state pur certi che uscirò molto presto dalla galera! -
Mentre diceva queste folli parole, 004 e 008 avevano raggiunto Joe.
- Che ha? - domandò Punma, vedendo il professore tormentato da terribili dolori accasciarsi sulla sedia.
- Ha…ha assunto il suo siero! - rispose Joe, sentendosi in colpa per non essere riuscito a impedirlo.
- Che dite, questa volta gli andrà bene? - disse 004 con una certa ilarità. Joe lo guardò di sbieco.
Intanto Françoise e Bretagna cercavano di raggiungere con Dylan e Groucho l’edificio di Raynolds, allo scopo di trovare il suo laboratorio nascosto e, da lì, uscire direttamente dal villaggio, visto che ormai era chiaro che vi fosse un ingresso “alternativo” e sicuro. Erano scesi in strada, rassicurati dal fatto che tutti gli zombie sembravano richiamati nella piazza principale dallo strano flusso di energia prodotto dal “palo della luce” che avevano notato il primo giorno.
All’improvviso Françoise si bloccò.
- Aspettate…c’è qualcosa che non va…Stanno venendo da questa parte! - disse semplicemente 003 fissando il suolo col terrore negli occhi.
-DYLAN!!- urlò, quando una mano semi decomposta si attorcigliò alla caviglia dell’amico. Il corpo rimase nel terreno, perché Dylan fu un fulmine a centrare l’essere in piena fronte.
- Complimenti per i riflessi! - disse 007, mentre il terreno stava cedendo in un altro punto e Dylan armava nuovamente la sua pistola.
- Aspetta!! È 006!! - lo fermò Bretagna, che riconobbe la fiammata prodotta dall’amico quando risaliva dal suolo.
- M…ma il tuo amico deve per forza sbucare dal terreno?!? - balbettò Dylan.
- Si, è più pratico! - rispose 007 - Qualcosa non va? -
- A parte che stavo per sparargli alla testa, niente!-
- Chang non può essere scambiato per uno zombie: dovrebbe perdere almeno ottanta chili!! -
- E tu non potresti essere sparato al cervello: dovresti averne uno!! - disse 006, interrompendo il dibattito a due.
- Cosa c’è che non funziona? - chiese Dylan a Françoise, vedendola concentrata e tesa al tempo stesso. 003 era realmente terrorizzata e comunicò simultaneamente con tutti i suoi compagni.
- Raynolds ha disattivato i sensori che entrano in funzione quando i morti oltrepassano i margini del villaggio! Anche l’onda di energia che li richiama qui è stata bloccata!! -
- Dannazione, di questo passo se ne andranno tutti a spasso per le campagne aggredendo le persone e diffondendo il virus! - esclamò 002.
- Accidenti, avrei dovuto bloccarlo! - imprecò Joe mentre, tremando per la rabbia e il senso di colpa, puntava la pistola verso la testa del professore che, come facilmente prevedibile, aveva compiuto la sua metamorfosi.
- Lascia perdere, non è roba per te! - intervenne 004, intuendo la reticenza dell’amico nel fare fuoco e posizionandosi al suo posto. Sparò il colpo direttamente dalla mano robotica. Raynolds era finito, ma non i suoi morti viventi.
- Dobbiamo riattivare tutti i sistemi di sicurezza!- gridò 008 - Me ne occupo io! 004, 005, voi copritemi!
- Io e 002 facciamo in modo che nessuno zombie lasci il villaggio - disse Joe, attivando l’acceleratore - 006, tu crea un diversivo che possa attirarli!
- Benissimo! - dopo aver annuito, Chang iniziò a carburare una delle sue potenti ondate di fuoco, ma l’urlo di 009 lo bloccò di colpo, facendogli sputacchiare solo una minuscola fiammella che incenerì un malcapitato zombie paratosi di fronte a lui.
- FERMO!! Non dobbiamo distruggerli!-
- Eh? Per quale motivo? -
- Finchè Jiuly e Gilmore non completano il lavoro, ci servono per testare l’efficacia del loro antidoto! -
- Ho capito: non dobbiamo ammazzare gli zombies perché dobbiamo dargli l’antitodo per farli tornare morti!
- Ora tutto ha un senso! - esclamò Bretagna.
Il gruppo con Dylan raggiunse l’interno dell’altro edificio, che ormai stava venendo totalmente assediato. 008 doveva capire in pochissimo tempo il funzionamento dell’intero sistema di sicurezza posto lì da Raynolds e riattivarlo cercando di non curarsi della battaglia intorno a lui.
- Sto cominciando a rivalutare i combattimenti contro i Black Ghost! - disse 007 mentre sparava a raffica - Almeno loro non puzzano, sono esteticamente più gradevoli e non devi colpirli in un punto specifico! -
- Andiamo, dov’è finito il tuo rispetto per i morti? - disse Albert mentre ne abbatteva uno con un preciso colpo alla testa.
- Io li rispetto, semmai sono loro che non rispettano me cercando di mordere! Cosa che, tra l’altro, per un inglese defunto è alquanto disdicevole! -
La quantità degli zombie nel laboratorio stava aumentando sempre più, attratta dal movimento generato dalla lotta stessa, mentre fuori dal villaggio 009 e 002 si spostavano fulminei intorno al perimetro delle case impedendo a qualunque essere di lasciare le mura.
- M…ma questo diversivo sta arrivando?! - si chiese 007 - Chang è veloce solo ai fornelli!! -
Mentre diceva questo, un intenso bagliore proveniente dalla piazza paralizzò gli zombie e li richiamò nuovamente all’esterno: Chang aveva messo insieme una singolare struttura metallica di forma circolare, alta quasi quanto una casa, sostenente materiali infiammabili, alla quale aveva dato vita con una composizione di piccole fiamme. I morti viventi erano incantati da quella che sembrava l’essenza stessa della vita, quella vita di cui i loro corpi erano privi da tempo.
La scena aveva distolto tutti dal combattimento e questo permise a uno degli zombie, ancora non “catturato” dal bagliore del fuoco, di azzannare Albert a un braccio!
- Maledizione!!! - esclamò con rabbia, abbattendo l’aggressore.
Gli altri erano paralizzati.
- O…ora dobbiamo spararti alla testa?? - balbettò Bretagna.
- Basterà staccargli il braccio! - disse Jet con fare da scienziato, forte della sua esperienza.
- Non dite idiozie!! Lo sapete che il mio è un braccio meccanico!! Lui si è spaccato la dentiera e me lo ha sporcato in maniera disgustosa!! Passami uno straccio! E non toglierlo dal cadavere!!!-
- Ehm…si, scusa! Comunque sono certo che, se ti fossi trasformato, questo non avrebbe sottratto nulla alla tua vitalità! -
- Sei davvero un imbecille!!! - ringhiò 004, mentre gli altri erano scoppiati a ridere.
- Ce l’ho fatta!!! - gridò 008 dal computer che governava la base di Raynolds, mentre i sensori riprendevano a funzionare normalmente. Ora tutti riuscirono davvero a tirare un respiro di sollievo.
- È tutto a posto, come disse l’angelo della morte dopo l’apocalisse! - commentò Grucho, mentre lasciavano il villaggio in tutta sicurezza.
- Quel diavolo di un Raynolds!! - esclamò Jet, asciugandosi il sudore.
- Chi l’avrebbe detto? - disse Albert - Da scienziato si era trasformato in una specie di negromante!-
- Non mancare di rispetto al tuo amico di colore! - disse Groucho - Si dice “africanomante”!-
- Ora dobbiamo solo sperimentare l’antidoto e dare fuoco a questo posto orribile. - disse Punma, dopo aver scosso la testa sconsolato alla battuta di Groucho.
- Si, ma io andrei anche a fare quattro chiacchiere con i tizi del villaggio che ci ha ospitato! - aggiunse Albert.
- Occupatevene voi: io mi dichiaro ufficialmente in vacanza! - disse Jet.

Jet entrò in camera senza neppure bussare.
- Devi aiutarmi!
Geronimo stava intagliando un pezzo di legno con il suo coltello, Jet non si curò nemmeno di guardare cosa raffigurasse. Geronimo staccò lo sguardo dal pezzo di legno in ascolto dell’amico.
- Voglio… voglio farle una magia… voglio che torni da me!
Geronimo guardò verso l’alto e riprese a lavorare il pezzo di legno senza proferire parola.
- Sul serio! Lo so che ho detto che sono tutte stronzate e che non ci credo e… continuo a non crederci! Ma … ma che alternative ho? Con quella ragazza non si ragiona! E… per la miseria, lei mi ama! Ed io… io sono pazzo di lei… farei qualunque cosa … perciò … facciamo una magia, una rituale magico, quello che dici tu…
Geronimo scosse la testa.
- Non posso aiutarti.
- Perché? Perché non vuoi aiutarmi? Lo so: sono stato uno stronzo con te… ma … siamo amici, no?
- Jet, ho detto che non posso.
- Non puoi o non vuoi?
- Ma cosa sei, sordo? Ho appena detto che non posso, non saprei come aiutarti. Jiuly ha preso la sua decisione, sarà difficile farle cambiare idea.
- Questo l’ho capito da me! Anzi, ti dirò che non è difficile, è impossibile! È una tale cocciuta! Ma quella storia che aveva spezzato l’incantesimo…
- Jet, ho detto quelle cose per smuoverti dal tuo stato di depressione.
- Perciò… tu… non ci credi alla magia… Era solo un bluff … per farmi saltare dal divano!
- Non esattamente… credo che quel gesto, quelle parole, siano stati un vero e proprio rito: il simbolo infranto… la negazione…
- Ok, allora se smette di negare i suoi sentimenti… e lo ha fatto… e … trovo il cd e lo riparo…
- Jet non puoi parlare sul serio… da dove lo prendi quel cd? E ammesso che lo ritrovassi… come pensi di riparare un compact disk?
- Oooh andiamo! Tutto questo è completamente folle e tu mi chiedi come si ripara un compact disk?! Mi vieni a fare un ragionamento razionale proprio adesso che ho abbandonato completamente la ragione! Ma poi chi lo dice più “compact disk”?! La gente normale non sa nemmeno cosa significhi cd!
Geronimo lo guardò di traverso, ma non rispose più nulla. Imperterrito continuava a intagliare.
Jet prese a calci una sedia.
- Accidenti!
Geronimo sbuffò.
- Potresti provare con un'altra cosa…
- Cosa?
Chiese Jet pieno di speranza.
- Un altro oggetto, una cosa che vi ha legato la prima volta che vi siete conosciuti…
Jet rimase lì a pensare per qualche istante.
- Mmmm… ci sarebbe il berretto… quel ragazzino che aiutammo… come rintraccio quel piccolo straccione? Impossibile! …La metro! Potrei portarla a fare un giro in metro! Che ne dici?
- Jet. Non. Posso. Aiutarti.
- Ma perché?
- Perché semplicemente solo voi potete sapere cosa vi lega! È semplice e banale!
- Ok, ok! Ad ogni modo… ti ringrazio…
- Uhmm…
- Uhmm… cosa?
- Già so che te la prenderai con me quando le cose non funzioneranno…
- Funzioneranno e come!

- Ti va di andare a ballare stasera?
Jiuly lo guardò di traverso, ma non rispose, continuando il suo lavoro al computer.
- O solo a fare due passi…
- Jet, abbiamo appena isolato il virus e prima che le cellule incubate muoiano restano 24 ore per trovare un farmaco che lo blocchi. Altrimenti dovremo attendere un nuovo attacco zombie…
- Ok, ok, aspetterò queste 24 ore…
Jet sfoderò il sorriso più accattivante che sapeva fare, convinto che prima o poi l’avrebbe spuntata. E Jiuly non era affatto insensibile a quel suo modo di fare. Si morse il labbro e maledì tra sé il giorno in cui aveva mostrato il fianco, baciandolo.
- Aspetterai molto più di 24 ore… Non intendo uscire con te! Stai sprecando il tuo tempo!
Si alzò dalla sua postazione e andò di nuovo al microscopio. Sembrava frenetica e impacciata, come chi non sapeva bene ciò che stava facendo.
- Metto un po’ di musica?
- Sto lavorando…
- Allora chiacchieriamo un po’…
- Sto lavorando! Cosa ti sfugge del concetto?!?!
L’atteggiamento di Jet la sfiancava, ma contemporaneamente sentiva una sorta di eccitazione crescere in lei.
- Ok ti lascio lavorare. Se hai bisogno di me, fammelo sapere: resterò qui in giro…
- Non mancherò.
Rispose con quel sarcasmo che Jet aveva apprezzato dal primo momento in cui l’aveva conosciuta.
- Honey, se dovessi cambiare idea, io sono il primo della lista, sono ancora libero… ti chiedo solo una possibilità per conoscerci meglio. Farò del mio meglio e non è una bugia!
Jiuly strabuzzò gli occhi e arrossì di fronte a quella sfacciataggine.
- SPARISCI!
Jet se ne andò tronfio.
Jiuly sentiva il cuore battere così forte che il fiato non gli stava dietro, le girava la testa e sentiva le ginocchia molli. Si sedette di nuovo al pc. Si ritrovò a pensare a Jet e a quello che le aveva appena detto e un sorriso spontaneo le apparve sul viso. Scrollò la testa e seria si rimise a lavorare al farmaco.

Finalmente, dopo tanti sforzi, Jiuly e Gilmore vennero felicemente a capo del loro lavoro. I “test” sui morti viventi ebbero l’effetto sperato e gli zombie tornarono ad essere dei semplici cadaveri. Gli abitanti del villaggio vicino al paese “infestato” diedero una mano per creare il grande falò che avrebbe posto fine definitivamente a quell’incubo.
Il Dolphin prese il volo alla volta di Londra, dove tutti si sarebbero definitivamente congedati da Dylan e Groucho, ma Jiuly non tornò con loro: era infatti sparita il giorno dopo aver trovato l’antidoto senza neanche salutare.
La missione era ormai finita, sarebbero partiti l’indomani e Jet non ce l’aveva fatta. Contrariamente alle sue aspettative, Jiuly non aveva ceduto di un passo restando immobile sulle sue posizioni. Geronimo lo aveva avvisato che non avrebbe funzionato e aveva avuto ragione. Evidentemente aveva capito Jiuly meglio di lui.

- Ecco dove eri! Ti ho cercato dappertutto! - disse Françoise entrando nella stiva del Dolphin, dove c’era l’auto di Joe. Dylan era seduto al posto di guida. Françoise gli sorrise e sedette accanto a lui.
Françoise non se ne era accorta, ma aveva preceduto Joe di poco, che vedendola entrare in macchina restò ad osservare la scena da lontano.
- Ero preoccupa per te. Come va il tuo mal d’aria? - chiese la ragazza a Dylan.
- Io non ho mal d’aria, io ho la fobia di volare! - precisò Dylan.
- Mi sembri piuttosto tranquillo per avere paura di volare… - gli disse Françoise sorridendogli. Dylan era il tipo d’uomo che non faceva mistero delle sue debolezze, non si celava dietro la maschera dell’uomo forte e senza paure. Quella sua genuina sincerità le piaceva molto.
- Già… è stata un’idea di Joe: mi ha offerto la sua macchina; effettivamente, finché sono qui al posto di guida, non ho paura! Completamente irrazionale, non trovi? - le raccontò Dylan
- Del resto anche la fobia è una paura irrazionale… - gli rispose alzando le spalle.
- Joe ha avuto una grande idea! È una gran bella persona, ma immagino tu lo sappia benissimo.
Françoise non rispose, pensò soltanto che anche Dylan fosse una gran bella persona: non è certamente da tutti parlar bene di un rivale. Si scambiarono un sorriso.
- Sai una cosa? Più vi vedo tutti insieme e più mi sembrate incredibili! - aggiunse poi Dylan
- Non è così facile abituarsi ai nostri poteri, vero? - disse lei, tradendo un filo di tristezza nel sorriso.
- Ma no, mi riferivo al fatto che nessuno di voi ha niente in comune con gli altri eppure riuscite a essere così amici e stare insieme! È incredibile! -
Lei si illuminò, sentendosi sciocca per aver dubitato anche solo un secondo dell’animo di Dylan.
- È un po’ come con i fratelli - rispose - non te li scegli, ma sono la tua famiglia e difficilmente non li ami! -
- Mi chiedo se riusciresti mai ad amarmi come loro… - disse avvicinando il suo volto a quello di lei.
Come magnete dalla polarità opposta Françoise avvicinò anche lei il viso a quello di Dylan.
- Credo già di amarti come loro… più o meno… - le loro labbra s’incontrarono in un bacio ardente di passione, ma dal sapore amaro.

Joe stava assistendo alla scena e per la prima volta dentro di lui capì chiaramente che il sentimento che provava era gelosia. Anche se in teoria voleva che lei fosse felice con un altro, nella pratica proprio non era pronto a vederla insieme a un altro. Quella era la sua ragazza!
- Joe…
Jet e Punma lo chiamarono facendolo voltare di scatto: erano lì ed avevano visto anche loro la scena.
- Andiamo di là… vieni.

- Perché sento che questo è un addio allora? - disse Dylan appena staccò le labbra da quelle di Françoise.
- Perché dentro di te sai che non potrei mai lasciarli…
Il rumore delle mani che sbattevano sul cofano dell’auto fece sussultare entrambi.
- Ehi! - urlò Joe - Il fatto che ti abbia prestato la mia macchina non ti autorizza a provarci con la mia ragazza!
Françoise fu sbalordita da quella reazione di palese gelosia e in più l’aveva definita “la sua ragazza” in presenza di Jet e Punma!
- E tu scendi subito dalla macchina! - disse rivolgendosi a Françoise.
- Joe, che ti prende? - chiese Françoise shoccata, che aveva seguito il suo ordine scendendo dall’auto in automatico come se fossero in battaglia.
- Scusa, ragazzo, non sapevo che Françoise fosse la tua ragazza… - lo canzonò Dylan calcando la parola “ragazzo” sapendo di irritare Joe. Dopotutto quella battaglia l’aveva già persa, anche se Joe sembrava non essersi ancora accorto di aver vinto, e non gli restava che prenderlo un po' in giro.
Nel frattempo anche 007 e gli altri erano accorsi.
- Niente scuse… scendi dalla macchina e battiti da uomo!
Tutti furono sbalorditi, ma Dylan non smetteva di deriderlo. - Non se ne parla neanche! Non mi batto con un moccioso che non sa apprezzare ciò che ha! E poi sei tu che devi delle scuse e non di certo a me! Anzi… anche a me!
Françoise nel frattempo si era avvicinata a lui e poggiandogli una mano sulla spalla gli chiese stupita spiegazioni
- Joe sei impazzito? -
Joe pensò bene a quello che gli aveva chiesto. Sì in realtà era impazzito, ma non in quel momento, era impazzito quando aveva pensato di poter rinunciare a lei.
- Françoise… sono stato uno stupido… io… non volevo neanche ammettere la mia gelosia… e sono stato un folle a nascondere a tutti i miei sentimenti…
- A dire il vero non ti riesce molto bene… - commentò 007.
- Stare zitto, no eh, 007? Ora lo inibisci! - lo riprese 002.
- No… ragazzi… mi riesce fin troppo bene inibirmi da solo… vi devo confessare che sono mesi che io e Françoise stiamo insieme…
- COOOSA? - fu il commento sbalordito di 007 che proprio non si capacitava di come tutto quello che gli aveva detto Joe riguardo la storia di 003 con Dylan, si conciliasse con ciò che 009 aveva appena confessato.
- Zitto! Facci sentire come finisce! - lo zittì 002 che era sempre più soddisfatto di quella perdita di autocontrollo del suo amico 009.
- Joe… non è necessario… - gli disse Françoise che sapeva quanto costasse a Joe mostrare al mondo quei suoi sentimenti e capiva perfettamente che lo stava facendo solo per lei…
- Io voglio stare con te, Françoise. Avevo solo paura… paura di mostrare i miei sentimenti… paura di perderti… paura di non essere capace di amarti come meriti… come forse lui saprebbe fare più di me… ma … non c’è persona che amo al mondo più di te… e se non sono capace di amare te… allora non sono capace di amare …
Françoise lo abbracciò forte. Era lì che voleva stare: tra le sue braccia.
- Mi perdonerai mai?
Françoise gli sorrise… - Ho anch’io di che farmi perdonare…
- Eh beh direi! - 007 non fece a tempo a commentare che 002 lo zittì con un ceffone alla nuca.
- … Non per ciò che pensi tu, 007! - disse ad alta voce per farsi sentire dal compagno e poi riprese dolcemente verso Joe - Avrei dovuto essere più paziente… e rispettare il tuo modo d’essere, anche se diverso dal mio… Spesso ci dimentichiamo che, anche se le persone non ci amano come vorremmo, non vuol dire che non ci amano quanto vorremmo.

Dylan scese dalla stiva del Dolphin con l’auto di Joe facendone sonoramente rombare il motore. Fu solo dopo che l’auto fosse arrivata sul solido terreno, che ne uscì.
- Un bolide simile non dovrebbe stare nelle mani di un ragazzo - disse a Joe uscendone. Joe sorrise, aveva ormai capito che per Dylan, continuare a prenderlo in giro su quella sua età apparente, era solo una bonaria rivalsa. Sapeva che Dylan lo stimava e che quello era l'unico “difetto” che gli attribuiva.
- Sfotti poco tu, ragazzo vecchio… com’è che ti chiama il tuo ispettore? “Old boy”?
Dylan si avvicinò a Joe con un mezzo sorriso. Gli tese la mano.
- Beh, Joe, penserai che sia pazzo, ma … per me è stato un onore essere tuo rivale!
Joe sorrise, capiva perfettamente ciò che volesse dire perché provava la stessa sensazione.
- Beh … tu sei pazzo! Ma forse lo sono anch’io perché vale lo stesso per me. - gli strinse la mano.
- Sul fatto che tu sia pazzo non ci sono dubbi, ragazzo. Sono stato a tanto così da portartela via per le tue folli idee - disse Dylan indicandogli con le dita uno spazio piccolissimo.
- Non credo proprio. La situazione era sotto controllo. Ma ti consiglio d'ora in poi di starle alla larga. Non commetterò due volte lo stesso errore. - ammise Joe bonario.
- Sai Joe, non ti si addicono le minacce, sei poco credibile. Ora, se non ti dispiace, vorrei salutare Françoise.
- Si, ma non a meno di un metro da lei…
Dylan lo guardò di traverso e si diresse da lei.
Françoise aveva sentito tutto e non poteva essere più soddisfatta di così. Viveva da anni con nove uomini di età varia e aveva imparato che avevano uno strano modo di dimostrarsi stima reciproca e uno di questi era prendersi in giro. Per questo il suo sorriso era particolarmente radioso: era contenta che Dylan e Joe si trovassero così simili, in questo modo riusciva a giustificarsi per aver tentennato tra i due. Quel suo bel sorriso fece male a Dylan che si maledisse in cuor suo per non aver approfittato della situazione quella notte… tutto ciò che riuscì a fare fu guardarla per poi esclamare: - Cielo, come sei bella! - Facendola sorridere ancora di più, ma con imbarazzo.
- Dylan… - disse con tono di scusa.
- Non dire nulla! - le sorrise comprensivo, poi l’abbracciò d’istinto. Françoise si strinse a lui pensando che se non ci fosse stato Joe nella sua vita, Dylan avrebbe avuto un posto privilegiato nel suo cuore. Un finto colpo di tosse di Joe li fece trasalire.
- Ma piantala che non ti crede nessuno! - fu il commento di Dylan. Tutti e tre risero.
- A me continui a restare antipatico! - fu di nuovo il commento di Jet, che sembrava entrare in scena solo per ribadire il concetto.
- Dove vai, Jet?- gli chiese Joe vedendolo allontanarsi dal Dolphin.
- Il dott. Gilmore vuole riposare qui stanotte e ripartire domani mattina, io vado a farmi un giro in centro.
- Vuoi un passaggio? - gli chiese Dylan che non riusciva a non essere cordiale con lui: dopotutto aveva capito benissimo da dove veniva tutto il suo malumore e non poteva che solidarizzare.
- Uhmmm… ok… puoi fare parte del club degli sfigati ora… e tu no! - disse a Joe additandolo.
Joe per risposta poggiò il suo braccio sulla spalla di Françoise. Jet alzò gli occhi al cielo, ma sorrise all'amico. Poi salì in auto di Dylan.
- Lasciami alla prima fermata della metro.
Anche Groucho salì posteriormente e Dylan avviò il motore, aggiungendo:
- Ah Joe… in realtà tu hai già commesso due volte lo stesso errore e sai come si dice… Non c’è due senza tre…
- Non contarci! Arrivederci Dylan!
- Arrivederci cyborgs 00!
Una volta sceso Jet, Groucho sedette al posto passeggero al fianco di Dylan, che stava ancora rimuginando tutta quella lunga storia.
- Sai, Groucho? Sono geloso marcio! E sono confuso: non mi era mai successo di apprezzare un rivale in amore! - disse, alludendo chiaramente a 009.
- Stà tranquillo, capo, è normale: amore e odio spesso coincidono. Infatti un sacco di uomini odiano l’amante della moglie! -

Jet salì a bordo della metro e poi, quasi inconsciamente, si diresse all’ex pub di Charles e May.
Quando vi entrò vi trovò la solita calda atmosfera fatta di musica, via vai di gente e di boccali di birra tintinnanti. Il locale era pieno e non c’era posto ai tavolini. Una cameriera gentile l’invitò ad accomodarsi al bancone del bar dove prese posto e ordinò una pinta di bionda gelata. Doveva avere un’aria decisamente malinconica e l’idea non gli andava a genio. Si voltò verso la gente che allegra chiacchierava ad alta voce dando le spalle al bancone. E fu così che rivide quegli occhi nocciola.
Prese la sua pinta e si diresse al suo tavolino.
- Posso sedere?
Jiuly accennò di sì.
- Eri qui anche quella sera, giusto?
Jiuly sapeva che aveva poco senso ormai mentire, Jet sarebbe partito l’indomani e se ne sarebbe finalmente liberata.
- Vengo qui ogni tanto… chiamami nostalgica.
Jet la guardò intensamente: tutto quello che aveva da dirle, l’aveva già detto e tutto ciò che poteva fare per cercare di farle cambiare idea, l’aveva già fatto. Non gli restava che riempirsi gli occhi di lei.
Jiuly ricambiò il suo sguardo, anche lei aveva voglia di fissare i lineamenti di lui nella sua memoria. Lo trovava bellissimo e magnetico, ma aveva dominato la parte di sé sensibile al suo richiamo.
- Alla fine sei riuscita a trovare il farmaco per bloccare il virus di Raynolds. L’umanità ti deve tanto… è un vero peccato che nessuno lo saprà mai…
Jiuly scrollò le spalle.
- Anche voi avete dato un grande aiuto e nessuno sa nemmeno della vostra esistenza…
- Un po’ come te… abbiamo molto in comune…
- Ah io non posso volare! E non sai quanto mi dispiaccia!
- Quando vuoi, posso portarti a fare un giro!
- Meglio di no!
Jiuly sorrise, Jet pure.
- Non ci stavo provando… ancora.
- Lo so… ma preferisco comunque così.
- Non sai che ti perdi!
Jiuly rise ed annuì.
- Ahahaa! Infatti! Preferisco non saperlo!
Sciolto il ghiaccio tra loro, la serata fu molto piacevole. Chiacchierarono di musica, di film e qualunque cosa tranne dei loro sentimenti reciproci, scoprendo però di avere un sacco di cose in comune come l’amore per la musica rock.
- Jet, sono inglese! Per me rock vuol dire Queen! We will we will rock you!
Aggiunse cantando.
- Ahahah… Anche io li adoro! Anzi credo che Bohemian Rhapsody sia ispirata alla mia vita…
- Ah già dimenticavo fossi un mezzo teppistello!
- Mezzo teppistello? Ragazza, io ero il re del quartiere a New York!
- Ah ahhaah
La serata si concluse con un l’ennesimo boccale di birra a testa e un brindisi.
- A che brindiamo?
Chiese Jet.
- A “mai più rivederci”?
La guardò di sbieco.
- Non contarci, ora che sei nei servizi segreti, penso ci ritroveremo al prossimo problema che ci sarà in Inghilterra…
- Ok, ma niente più roba strana come zombies o fantasmi per favore!
- Ok, allora a “Mai più zombies e fantasmi tra noi”!
Jet e Jiuly fecero tintinnare i loro boccali suggellando un patto che aveva un significato più profondo di quanto loro stessi avrebbero creduto.
Usciti fuori dal locale, Jet si ritrovò a fare un tratto di strada con Jiuly, mentre la tipica nebbia londinese incominciò ad avvolgerli.
Giunti al punto di separazione, Jet si voltò verso di lei per salutarla, ma un bagliore nei suoi occhi lo fece bloccare.
L’afferrò per la giacca e rapidamente la portò in un vicoletto vicino, la bloccò al muro facendole scudo col suo corpo.
Il cuore di Jiuly cominciò a battere all’impazzata, ma non era paura quella che la attanagliava, ma era piuttosto l’incombente figura di lui su di lei che la turbava. Jet era più alto, ma era ricurvo su di lei e il suo mento era a pochi millimetri dalla sua fronte. Quel mancato contatto le provocava un fastidio e un’eccitazione indicibile, così, fingendo un contatto involontario si sporse oltre la sua spalla e poggiò la sua fronte sul suo mento.
- Che… che cosa hai visto?
Si riportò a posto e bloccò gli occhi nei suoi, in attesa di una sua risposta.
Jet sorrise con quel suo modo enigmatico che la faceva impazzire.
- Le tue lenti a contatto.
E la baciò immediatamente e con una passione travolgente.
In una frazione di secondo Jiuly capì a cosa si riferisse Jet: si ricordò di aver usato lei stessa la scusa delle lenti a contatto per baciarlo la prima volta. E fu resa. Resa assoluta e incondizionata. Si arrese a lui e a sé stessa. Evidentemente quei due ragazzi che si erano conosciuti in metropolitana anni prima volevano stare insieme e non poteva farci nulla se non assecondare il suo stesso desiderio.
- Sei mia.
Le disse staccandosi da lei.
- Ti sbagli.
Fu la risposta che Jet proprio non si aspettava.
- Tu sei mio.
E detto ciò lo afferrò per la cintura dei pantaloni per attirarlo di nuovo a lei, più di prima e senza esitazione alcuna. Freneticamente e follemente si spogliarono del necessario e contro la parete di quel vicoletto, tra i sacchi di spazzatura e avvolti dalla nebbia si presero e si amarono fino in fondo. A lungo, senza sosta e incuranti del mondo, di ciò che erano o avrebbero dovuto o voluto essere fecero l’amore, travolti da un’eccitazione che li avrebbe cambiati per sempre.
Vinti dalle loro stesse passioni ricaddero infine a terra dove con lentezza e tenerezza cercarono di ricomporsi senza staccarsi dal loro abbraccio.
- Oddio!…. E pensare che avremmo potuto fare questo dal primo momento che ci siamo rivisti…
Ironizzò Jiuly, avendo ormai perso ogni scudo.
- Non è certo colpa mia!
Protestò Jet mentre si rialzava e l’aiutava a rialzarsi.
Poi con uno scatto l’attirò di nuovo a sé.
- Abbiamo ancora tempo per recuperare…
- Intendi da qui a domani quando partirai?
- Anche!
Disse Jet sornione. Poi divenne serio.
- Vieni con me! Non c’è nulla che ti leghi qui…
- Venire con te? Alla base cyborg? Con tutti quelli che hanno…
Jet le tappò la bocca con un bacio prima che tirasse di nuovo fuori la storia di suo padre.
Jiuly protestò senza molta convinzione.
- Dammi tempo… Non puoi pretendere di cambiarmi così di punto in bianco… Per ora lasciamoci così… poi chissà…
Jet sospirò, sapeva che stava chiedendole tanto.
- Tornerò presto…
- Lo spero! - Aggiunse lei maliziosa.
Gli sorrise. E lui a lei. L’abbracciò e si incamminarono nella nebbia.
- Tanto so già che io e te ci sposeremo…
- Ahahah… addirittura! E come fai a saperlo?
- È stato già scritto!

 

FINE

 

 

© 01/08/ 2017

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